A Modena, sabato 14 gennaio alla Casa delle donne in via del Gambero, decine di donne che fanno riferimento all’Udi, ma anche ad altre associazioni, si sono riunite per discutere su come continuare il lavoro portato avanti negli anni dalle varie campagne nazionali. Impegni che {{Rosanna Galli}} ha ricordato nella sua relazione sottolineando l’importanza di non abbandonarli. Sono tutti di estrema attualità.

Basta pensare al {{50&50}} ovunque si decide. La proposta di legge popolare sulla rappresentanza è ferma in Commissione Affari Costituzionali al Senato da mesi. Nessun parlamentare, uomo o donna che sia, sembra interessato/a ad una proposta per la quale sono state raccolte più di 126.000 firme.

{{Rosanna Galli}} non ha tralasciato di ricordare l’importanza delle {{campagne politiche sulla violenza}}, sull’{{immagine}} della donna nella pubblicità, sul {{generare oggi}} tra precarietà e futuro, sui problemi del lavoro senza tralasciare il ruolo che ha avuto {{la Scuola di Politica.}} Sul lavoro ha ricordato l’importanza dell’incontro precongressuale dell’Udi che si è tenuto a Bologna e del nuovo incontro proposto da Se Non Ora Quando, sempre sul lavoro, per il 12 febbraio.

Facendo riferimento a questa iniziativa alcuni interventi si sono soffermati su {{due nodi politici centrali}}: da una parte l’importanza che argomenti, espressione di bisogni e diritti generali, diventino priorità per ogni soggetto politico; dall’altra che questi diversi soggetti abbiano l’accortezza di nominare chi si è adoperato e si adopera perché quello di cui si parla venga elaborato al meglio. Evitando la riduzione sloganistica facilmente utilizzabile nella comunicazione mediatica, ma incapace di diventare cultura e comportamento sociale.

La relazione ha invitato le presenti a non soffermarsi più del necessario sui problemi registrati nella fase conclusiva del XV Congresso di Bologna o durante l’assemblea di dicembre tenutasi a Roma. Bisogna pur {{guardare avanti}}. Dobbiamo lavorare perché l’{{8 marzo a Modena}} abbia una ricaduta non solo simbolica ma anche politica. La piazza ci deve vedere unite nelle nostre diversità.

Ma, il malessere faceva capolino ad ogni intervento. Il dolore, per {{una ferita}} – quella dell’ultimo congresso – ancora aperta, era però visibile in ogni intervento pur pensato tutto al positivo. A questo punto mi sono sentita in dovere di ricordare che le ferite si rimarginano; {{rimangono le cicatrici a futura memoria}} e per non ripetere gli stessi errori.

Bisogna imparare a {{gestire al meglio i conflitti}}. Cosa possibile se le divergenze sono dichiarate. Molto più difficile, invece, diventa governare i silenzi, le cose non dette. Queste spostano il problema dal piano politico a quello individuale. Così esplodono inutili personalismi, appesantiti spesso da comportamenti caratteriali.
E proprio attorno alla gestione dei conflitti c’è chi ha proposto di approfondire {{i}}{{l problema con la Scuola di Politica}}.

Al tavolo della presidenza erano presenti anche{{ Pina Nuzzo}} e {{Stefania Guglielmi}} una delle nuove garanti nazionali.

{{Pina Nuzzo}} ha sostenuto che il congresso dell’Udi è stato caratterizzato da {{un taglio autolesionista}} che ha danneggiato quella vitalità creativa che aveva animato le campagne e fatto emergere a visibilità un’organizzazione nazionale che per molti anni aveva lavorato sotto traccia. Una visibilità che aveva aiutato molte Udi territoriali.

Pina Nuzzo ha ribadito il suo impegno nell’Udi e, da artista qual è (perché, chi non lo sapesse, Pina Nuzzo da decenni dipinge ed espone lavori che dicono la sua appartenenza al genere) si adopererà soprattutto per decodificare le immagini nella costruzione del simbolico.

Del nazionale era presente solo {{Stefania Guglielmi}} che si è detta disponibile a raccogliere tutte le istanze che sarebbero uscite dall’incontro. Quella, ad esempio, di arrivare al più presto ad una campagna di tesseramento, iniziativa importante per molte perché rappresenta un modo concreto per entrare in contatto con altre donne. Presentarsi con qualcosa in mano, tessere, giornale o calendario rende più facile l’incontro. Importante sarebbe anche riattivare su internet le pagine dell’Udi nazionale mettendo magari i link di tutti i siti delle varie Udi. Gli interventi si sono susseguiti per quasi cinque ore.

Hanno preso la parola {{Odette De Carli, Laura Piretti, Sandra Grani, Pilar Mercanti, Fanny Zangelmi, Patrizia Barbolini, Nerella Sala, Jole Dondi, Tamara Moratti, Zoe Corradi, Gianna Morselli, Serena Ballista, Emidia Cappellini, Meris Breveglieri, Giuliana Pincelli e Rina Francia}} che ha chiuso l’incontro recitando una sua poesia sul lavoro.

Tra{{ i molti spunti di riflessione}} usciti dal dibattito alcuni mi sembrano particolarmente interessanti. Tra questi quello relativo al {{ruolo che ha avuto la sede nazionale dell’Udi negli ultimi anni}}. Importante per la visibilità anche se letto da molte come poco democratico.

Si è sottolineato che durante la precedente gestione sono stati individuati{{ contenuti forti}}, frutto di approfondimenti che hanno fatto sì che le campagne non fossero soltanto l’espressione di semplici parole d’ordine. Tutti obbiettivi sostenuti da puntuali analisi capaci di coinvolgere donne di più generazioni verso non facili interlocutori istituzionali o controparti avverse sempre più agguerrite là dove le donne prendono parola. Sarebbe triste che il cambio di gestione non garantisse la stessa forza alla sede nazionale.

Si è sostenuta {{la pericolosità di una scelta che depotenzi l’Udi nazionale }} magari nella illusione di dare più forza alle realtà locali, dell’Udi e non solo.

Si è infine parlato di cosa significa essere {{dirigenti di un processo politico }} sia nel caso si ricoprano ruoli riconosciuti secondo le regole della rappresentanza, sia nel caso non li si ricoprano. In entrambi le situazioni il riconoscimento dell’altra, anche se con posizioni diverse, deve essere garantito. Una attenzione all’altra necessaria, soprattutto in un luogo politico che si è scelto come identità collettiva. Un luogo dove potenziare le singole soggettività significa {{rafforzare in autorevolezza quel noi da spendere altrove.}}