Da giovedì 9 dicembre, presso il Nuovo Cinema Aquila di Roma, si svolge la terza edizione del Festival del Cinema Kurdo “Heviya Azadiè – Speranza di Libertà”, organizzato dall’Associazione “Europa Levante”, che dal 2001 promuove iniziative di pace e solidarietà per il rispetto dei diritti umani e che è attenta, in particolar modo, ai conflitti dell’area mediorientale.La rassegna cinematografica vuole promuovere la diffusione nel territorio italiano di produzioni kurde filmiche, artistiche e letterarie, tuttora escluse dai grandi circuiti europei nonostante la loro altissima qualità culturale. Si tratta di un momento importante di riflessione sulla realtà di un popolo di 40 milioni di uomini e donne ancora oggi senza uno stato e ingiustamente perseguitato.

L’inaugurazione del Festival ha visto protagonisti registi kurdi e rappresentanti del panorama culturale italiano che si sono interrogati, durante il dibattito intitolato “Diritto di Ciak”, sul ruolo fondamentale che il cinema può svolgere come {{strumento di denuncia e veicolo di conoscenza }} della storia di questo popolo nel mondo. Un incontro in cui ad emergere con forza è stata {{la denuncia di due forme di censura}}.
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La censura kurda}} interviene operando con una sistematica purga su tutte le voci che dal Kurdistan tentano di raccontare la realtà del loro popolo e lanciare un grido di dolore al mondo, come ha spiegato{{ Fariborz Kamkari, regista de“I fiori di Kirkuk”}}, recentemente presentato al Festival del Cinema di Roma. Il film racconta, attraverso la storia di una giovane donna, la guerra degli anni ottanta tra Iran e Iraq, proprio con l’obiettivo di raggiungere il pubblico internazionale, che di quel conflitto conosce solo la versione ufficiale diramata dai media occidentali.

Altra forma di censura, {{quella europea, e italiana in particolar {{modo}}}}, più nascosta, ma altrettanto invasiva, viene messa in atto in questo momento di particolare difficiltà per il cinema italiano, con la mancata promozione di produzioni cinematografiche che si dedicano a tali temi e con la difficile diffusione nelle sale, laddove le autoproduzioni riescono a sostenerne la realizzazione. A delineare con lucidità questa situazione sono stati gli interventi di {{Floria Aprea}}, produttrice del cortometraggio “La Cavia”, che pone l’attenzione sul tema della tortura e vincitore di numerosi premi, e {{Massimo Ghini}}, attore tra i fondatori del primo Ufficio Cinema di Roma nel 1995, che ha in cantiere dal 1999 la realizzazione di un film,che narra la storia di una giovane donna kurda, sbarcata in Italia insieme ad altre 350 famiglie, che attraversa l’Italia insieme ad un camionista italiano, inizialmente diffidente e che nel corso del viaggio cambierà idea.

Interessantissimo l’intervento di {{Claudio Serughett}}i, regista di “E’ tuo il mio ultimo respiro”, film{{ contro la pena di morte}} che mette a nudo la responsabilità dei media nella comprensione paternalistica delle culture cosiddette “altre” :mentre ci si batte giustamente per salvare Sakineh, si omettono o si rimuovono le condanne a morte delle tante Teresa Lewis nella democratica, occidentale e civilissima America.

Per il futuro sono in cantiere altri due importanti progetti: “Un esercito di parabole”, che attraverso {{tre figure femminili}} racconta la storia di una televisione kurda che trasmette dal Belgio, grazie ad una licenza danese e che rischia di chiudere su pressione turca, e un lungometraggio su {{Pippa Bacca}}, la giovane donna uccisa in Turchia, mentre attraversava il Medio Oriente in autostop vestita da sposa per portare un messaggio di pace.

Alla fine dell’intenso e ricco dibattito è stato dedicato un omaggio poetico ad {{Anna Marconi}}, recentemente scomparsa, che è stata ideatrice, promotrice e responsabile di numerose campagne di solidarietà e progetti nel Kurdistan, tra cui la realizzazione di una casa per le donne e i bambini, volontaria militante della ONG “Un Ponte Per…”, che sostiene il Festival.

Tra gli appuntamenti da segnalare, a fianco alle proiezioni previste per le giornate del 10 e dell’11 dicembre, il dibattito dal titolo “Diritti umani negati e le libertà violare”, in occasione della “Giornata internazionale dei Diritti Umani”e la {{mostra fotografica di Afat Baz}} “{Sguardi di speranza}”con bellissime immagini dei bimbi del campo profughi di Mahmur.