E’ domenica mattina, aprendo le mail che arrivano al giornale, ce ne è una di Vittoria Tola responsabile dell’UDI Nazionale. Mi ha girato una lettera di Silvia, una impiegata del monte dei Pegni di Roma. E’ una riflessione sulle difficoltà che  deve affrontare. Un tempo bisognava dare risposte ai problemi di altre persone ora anche lei vive la preoccupazione su quello che sarà il  futuro di questo lavoro. La crisi ha fatto diventare la banca dei pegni  un obbiettivo interessante per l’aumento dei profitti. Il gruppo UniCredit ha pensato bene di cederla al gruppo austriaco Dorotheum.

Una scena che si ripete negli anni e che Vittorio De Sica ha immortalato anche nel suo ”Ladri di biciclette”, dove il protagonista del film impegna la sua ”due ruote”, proprio nello storico istituto in piazza Monte di pieta’, a due passi da piazza Campo de’ Fiori. Nelle affollate sale d’attesa dello storico edificio per di più persone anziane, qualche signora con bambini  ma anche diversi giovani. Tutt* sedut* sulle poltroncine  aspettando che venga chiamato il proprio numero ed avere la stima sugli oggetti che intendono impegnare.

Lettera a chi vuol ascoltare

Stamattina per me è una di quelle mattine in cui fai bilanci di vita, c’è un cielo terso che mal si accorda alle sensazioni che si agitano dentro di me. Non proprio domande sui massimi sistemi eh?! Osservo come è trascorsa la mia vita.

Io sono una donna, e faccio la  “pegnarola”. Cosi’ nei secoli ci ha chiamato il popolo romano e ancora oggi noi siamo i “pegnaroli”.

Ricordo le prime volte davanti ad un microscopio a scoprire le tracce nelle pietre preziose che per i più sono fonte di ornamento e soddisfazione di vanità. Figurati! A me neanche piacevano i gioielli!   Ma guardandole al microscopio le pietre parlano, ti raccontano una storia. Uno smeraldo non è solo uno smeraldo, racconta di millenni trascorsi, di eruzioni vulcaniche, di terremoti, ne porta in sé le tracce, ti dice che viene dall’India, dalla Russia, dalla Colombia.

E’ stata una folgorazione, come innamorarsi. E da lì i corsi, le specializzazioni, lo studio.

Poi la Cassa di Risparmio, il lavoro “sicuro”. Mi viene da sorridere. Sicuro? A 60 anni mi trovo a chiedermi: e domani?   E penso alle ragazze e ai ragazzi che lavorano con me, misconosciuti, quasi fantasmi, senza riconoscimenti economici e professionali, senza mai tener conto che i ” pegnaroli” pagano in prima persona e risarciscono la Banca.

Ma siamo lì nei posti di lavoro perché  il nostro lavoro è animato da una grande motivazione: pensiamo di poter dare una mano alla gente. Si creano rapporti umani negli anni, si ci conosce, diventi quasi un confidente.

Mi scorrono davanti agli occhi, come un film, episodi che hanno dato un senso al mio lavoro. Me ne frego del poco rispetto dell’Unicredit, degli sguardi sospettosi dei colleghi di altri settori, sospetti generati dall’ignoranza, dal non sapere cosa facciamo e chi siamo, accomunati quasi agli usurai. Ma una volta i tassi di interesse erano irrisori e hanno provveduto le Banche ad alzarli mirando al mero profitto, non certo noi lavoratori.

Io sono una “pegnarola ” e ne vado fiera.

Come è successo quando un padre viene allo sportello perché non ha i soldi per l’università della figlia e dice :

” Dottoressa ho dovuto chiudere un’azienda ma sono una persona perbene, ho pagato tutto ai mei operai, i fornitori  mi conoscono e mi danno tregua, ma quello che non mi da’ tregua è lo Stato e oggi sono qui con gli oggetti di famiglia e l’orologio di mio padre e voglio pensare che questi oggetti, importanti per me, mi stiano aiutando e li riprenderò”.

Ed io : ” Vedrà che sarà cosi’, io le metto l’orologio di suo padre in una polizza da solo, sarà la prima cosa che ritirerà, le altre cose le divido come vuole lei. E’ un momentaccio, non è colpa sua, è un momentaccio nel nostro paese.”

Volti, persone, storie di umanità, tornano a salutarti .

C’è chi sta’ male, che deve affrontare quelli che definiscono viaggi della speranza.

Mercoledì è venuta al mio sportello una signora, sorridente, e ha detto ” Grazie, mio marito sta’ meglio, è stato operato di tumore, quello che ha detto lei è successo . Vieni vieni Roberto, e’ la signora della quale ti ho parlato, le vorrei presentare mio marito ed oggi ritiriamo le nostre cose”.

Cosa le avrò detto mai per darle conforto? Io non lo ricordo ma sono appagata dalla sua espressione sorridente.

E faccio le polizze come volete voi, come vi torna utile, come possiamo aiutarvi perché i “pegnaroli” sono nati per questo secoli fa.

Ma le Banche non lo sanno. Siamo solo la gallina dalle uova d’oro per realizzare profitto.

Chi alzerà la voce per difendere un’istituzione antica che deve rimanere nel territorio e continuare a guardare anche al lato umano e non solo al portafoglio?

                                                                                                                                 Silvia

 

la piazza di Roma dove si trova il Banco dei pegni

Secondo quanto risulta da fonti di mercato dovrebbero essere coinvolte 35 filiali che attualmente si occupano di credito su pegno in tutta Italia, da Palermo fino a Rovereto.

Oggi il credito a pegno è tornato d’attualità, con un giro d’affari annuo di poco inferiore al miliardo grazie a 33mila prestiti erogati ogni mese. Una nicchia, certo, dove però UniCredit figura tra i leader, con migliaia di oggetti di valore nei propri caveau. Di qui l’interesse di Dorotheum, prima casa d’aste in Europa per giro d’affari, con sede a Vienna, 700 dipendenti (di cui 200 fuori dall’Austria). Da12 anni ha una succursale in Italia, a Milano.

Nel percorso di perimetrazione e cessione dell’asset verranno anche messe a punto le modalità con cui proseguiranno le attività di credito a pegno attualmente facenti capo alla rete UniCredit, che oggi offre prestiti della durata compresa tra tre mesi e un anno a un tasso di interesse annuo dell’11,6%. In fase di definizione anche la riorganizzazione del personale, con conseguente allarme nei sindacati.        (il Sole 24 ore)

il Monte di Pietà di Roma  (entrato nel gruppo austriaco Dorotheum, tra i leader di mercato a livello continentale attraverso Capitalia) affonda le sue radici nel sedicesimo secolo. È nella prima metà del ’500, infatti, che il padre minorita Giovanni da Calvi, insieme ad un gruppo di nobili romani e sotto l’egida di papa Paolo III Farnese, avvia anche nella città capitolina il monte di pietà, con lo scopo di arginare l’usura. Nel Seicento l’istituzione approda nello stabile dove si trova ancora oggi, in Piazza Monte di Pietà, tra Piazza Farnese e la zona ebraica, a due passi dal Tevere; lo sportello è tuttora a disposizione del pubblico, peraltro con una particolarità: tra i 35 attualmente in servizio è quello che apre per primo alla mattina, alle 7,40, tutti i giorni feriali. Altrettanto gloriosa, se non di più, la storia del Monte di Pietà di Vicenza, che risale alla fine del quindicesimo secolo e fu il primo a essere fondato nella terraferma veneta al tempo della Serenissima: ancora oggi ha sede in Contrà del Monte, all’angolo con la centralissima Piazza dei Signori.