Tempo fa leggevo su un noto settimanale italiano un sondaggio, curato dall’agenzia Ipsos, nel quale i nostri connazionali esprimevano le proprie opinioni sulla scabrosissima (e italianissima) questione dell’omosessualità. Il 27 % degli intervistati considerava (sarebbe meglio dire considera) l’omosessualità una malattia. Il 15 % un comportamento deviante.E’ vero che la maggioranza di questo campione è costituita da cattolici. E’ vero che esiste un 48 % che definisce l’omosessualità una tendenza sessuale come le altre.
_ E’ altresì vero che il 10 % non sa/non risponde.

La domanda è semplice, come si può non sapere? Hanno paura di un castigo divino? O di mostrare un briciolo di empatia che, apriti cielo, potrebbe risollevarli dal gradino più basso della miseria sociale?
_ Alcuni, i più coraggiosi, si sono spinti oltre, {{rilevando che la presenza di un omosessuale provocherebbe disagio in alcune circostanze}}. Sul lavoro, in palestra o ad una festa.

In effetti, io li capisco, tutte le volte che mi sono trovata a fianco di un gay o di una lesbica ({{soprattutto alle feste}}) ho provato un tale disagio, ma così forte da farmi chiudere lo stomaco e digiunare per un’intera settimana!
_ Le opinioni, ontologicamente parlando, sono tutte valide e doverosamente vanno rispettate.
_ Ma alcune non stanno né in cielo né tanto meno su questa terra.
{{
Davvero la colpa è dell’educazione dei genitori?}} Del reticolato cattolico che tuttora ci avvolge?

Ad un certo punto, nel passaggio all’età adulta, non dovrebbe subentrare la capacità, esclusiva e personale, di discernere, di separare le opinioni altrui dalla nostra sensibilità?
_ Quando abbiamo smesso di fidarci del nostro istinto, facendoci intrappolare da una meschina dittatura dei sentimenti?

Forse, quando ci siamo persi un passaggio. Quando una “questione” comune, è stata trasportata su un piano altro. Di nicchia.
_ Quando c’è sfuggito che, ciò che da sempre esiste,{{ ci veniva presentato come un problema elitario e che, come tale, non riguardava il senso comune}}. Non riguardava noi.
_ La colpa è nostra, perché abbiamo smesso di sentire. E ci siamo fatti fregare.