Un nuovo attacco al diritto all’aborto arriva dalla Corte di Cassazione francese che ha riconosciuto il diritto di iscrivere all’anagrafe i feti morti prima del parto, quale che sia il loro stadio di sviluppo. Una sentenza che suscita indignazione negli ambienti femministi, confrontati alle difficoltà sempre maggiori di far rispettare nella pratica questo diritto.
{Perché l’IVG é in pericolo}: cosi titolava {L’Humanité} in prima pagina, sabato 9 febbraio. Il quotidiano francese punta l’attenzione su una sentenza della Cassazione che, seguendo “la rimessa in discussione della pratica in Spagna, della sua legalizzazione in Lituania e in Italia e la domanda di moratoria sostenuta dal Vaticano, conferma le inquietudini sul rafforzamento del fronte contrario al diritto delle donne a disporre del loro corpo” si legge nell’articolo di Emilie Rive.

Il fine ultimo della sentenza era permettere a tre coppie di futuri genitori di elaborare il lutto per il loro desiderio parentale interrotto, attraverso {{il riconoscimento di stato civile dei loro feti morti-nati}} (rispettivamente tra le diciotto e le ventuno settimane, peso variabile tra 155 e 400 grammi). Una domanda inoltrata dalle tre coppie tra il 1996 e il 2001, ma che era stata rifiutata in ragione del fatto che in Francia é un diritto esigibile solo dopo le ventidue settimane (la soglia fissata dall’OMS nel 1977). Il risultato che salta all’occhio é, invece, {{l’apertura di un nuovo e pericolosissimo varco alla fitta compagine di antiabortisti}}, di cui la ministra francese Christine Boutin é un chiaro esempio.

“L’elaborazione del lutto é indispensabile – spiega ancora Laurence Roussel da un consultorio di Nantes alla giornalista de L’Humanité – ma sarebbe più proficuo pensare ad un vero e proprio accompagnamento di queste coppie, piuttosto che di limitarsi ad un riconoscimento formale. Non si può mettere sullo stesso piano un progetto genitoriale e l’avvenire di una donna o di una ragazza che rifiutano di portare avanti una maternità non desiderata”.

Tanto più in un periodo in cui é sempre più difficile far rispettare il diritto esistente. {{Consultori e associazioni di donne denunciano le infrazioni commesse dai medici e dai reparti di ginecologia pubblici e privati}}: nel caso delle minorenni che vogliono abortire, ad esempio, la legge prevede che siano accompagnate da un adulto ma senza autorizzazione parentale. Sempre più ospedali, tuttavia, richiedono il consenso informato dei genitori. L’obiezione di coscienza si diffonde a macchia d’olio anche negli ospedali pubblici, portando a liste d’attesa talmente lunghe da costringere molte donne ad eseguire l’interruzione volontaria di gravidanza all’estero, con il corollario di costi e umiliazioni per un diritto che resta solo sulla carta. In alcuni casi, poi, si assiste al generalizzarsi di bieche procedure per convincere la donna a non abortire, come l’obbligo di eseguire un’ecografia preliminare all’entrata nella procedura di IVG.

La strada aperta dalla Corte di Cassazione ha conseguenze nefaste in un’epoca, come quella attuale, in cui la Chiesa e le destre reazionarie europee stanno riarmando i loro eserciti. “Una sentenza del genere non risolve in nulla il dolore e la frustrazione dei ‘futuri genitori’ – spiega al quotidiano francese il genetista Alex Kahn – mentre serve perfettamente la causa del controllo sul corpo delle donne”. Si nasce alla nascita e non al concepimento. Un dato essenziale della giurisprudenza che il progetto di acquisizione di soggettività giuridica dell’embrione vuole colpire, “{{portando al riconoscimento del delitto di feticidio e alla conseguente rimessa in discussione della legge sull’aborto}}. Forse non oggi nè domani, ma in un futuro molto prossimo”.