Anche gli antichi conoscevano la tolleranza: i culti erano tanti e ad Atene avevano eretto un altare anche “al dio sconosciuto”. San Paolo andò lì a predicare l’inizio del Cristianesimo. Noi siamo gli eredi dell’Illuminismo e conosciamo diritti, doveri e ricerca laica del vero. Carlo Maria Martini, un cardinale della chiesa cattolica, aveva denunciato il ritardo di duecento anni nel rapporto del Cristianesimo non solo con il mondo ma anche con la società credente.
Non avrebbe apprezzato la “misericordia” se questa deve significare solo essere gentili e perfino affettuosi nell’accogliere gay e lesbiche, continuando ad escluderli nella dottrina. Tanto meno se il prete potesse glissare sulla castità di una nuova relazione del/della divorziato/a che si comunica: potrebbe forse in tal caso “usare” il corpo della moglie ancora “legittima” e perfino procreare, mentre la relazione umana d’amore resterebbe adulterio? La Chiesa non deve aver paura di dar ragione ai protestanti se riconoscerà che è compito della legge civile regolare diritti, contratti, atti pubblici, ma la coscienza dei figli di Dio nasce libera e viene educata – dalla propria chiesa, non dall’ora di religione scolastica delegata allo Stato – alla responsabilità.
Sull’intero capitolo della sessualità è dovere della chiesa rileggere la tradizione alla luce del contesto della vita contemporanea e non dell’ancora dominante Concilio di Trento: lo stesso Papa Francesco, nella prima intervista a Civiltà Cattolica, riconosce: “la comprensione dell’uomo muta col tempo, e così anche la coscienza dell’uomo si approfondisce”. La sequenza dei peccati contro la castità (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2351/56) – pur stilisticamente corretta rispetto a rozzezze precedenti – mantiene l’inaccettabile compatibilità tra la masturbazione (solo i preti che non hanno mai letto Freud, ma neppure hanno mai vissuto con un neonato possono dire queste sciocchezze) con il reato, infame, che è lo stupro.
Se – lo dice anche il card. Kasper – l’omosessualità è “per natura”, andrà eliminata la norma di una castità specifica per loro, che non è quella che riguarda tutti. E, in ogni caso, sarà bene chiarire se essere casti per il cattolico significa non solo mantenere padronanza della propria condotta, ma anche “fedeltà alle promesse battesimali” (2340): l’espressione comporterebbe la revoca dell’impegno a nome di un neonato irresponsabile a favore di quello di essere cristiani iper scelta adulta.
Papa Francesco ha aperto il Sinodo confermando le “verità della dottrina”, come se la verità, anche nella ricerca, non stesse nel Vangelo. Il tema del Sinodo è prezioso, perché la famiglia storica, ovunque, mostra i segni di una crisi che va orientata a riscoprirne il valore. Ma occorre ricordare che in nessuno dei quattro vangeli figura la parola “famiglia” e che Gesù si è sempre rivolto alle “persone” fidando nella loro consapevolezza e all’adultera non ha detto “va e torna da tuo marito”. Tanto meno, quando dice che dobbiamo essere come bambini, ha stabilito quanti (e come) dobbiamo farne.
Ma Francesco intende cambiare lo stile tradizionale e sul tema vuole ascoltare i fratelli (non le sorelle, nemmeno le superiore degli Ordini religiosi) nel Sinodo, un cammino da fare insieme (sottolineo, un cammino di soli fratelli). Ma il Papa è lui e dovrà dire se intende recuperare con una forma inedita di “populismo cattolico” il ritorno di devoti in fuga da una ritualità ormai priva di “visione”, oppure sanare i duecento anni di perdita di senso della religione cattolica. E della fiducia nei confronti di un’istituzione indebolita dalle dimissioni di un papa e dagli scandali morali e finanziari del clero.