Ho sbattuto contro parole crude che non mi escono dalla testa: “è un vecchio” dal “culo flaccido” e mi si è ribaltato un mondo. Mi sono detta: adesso è successo! Con Nicole Minetti, questi uomini sono tutti nudi. Finalmente, non dovrò più sopportare questo mondo finto, vuoto del desiderio, della fantasia, della capacità, della bellezza e della fatica di relazioni umane. Sì, ho visto crollare, sbriciolare quel collettivo virile da prateria, costruito con tenacia nell’arco di una vita da un ricchissimo, che per questo da molto ha la pretesa di dare l’unica rappresentazione possibile della relazione tra i sessi in Italia.

La crudezza di quelle parole, ha riportato per me all’improvviso la lettura delle cose alla verità della realtà, al suo dato ineludibile: la vecchiaia, la paura della morte e il delirio del potere dei soldi e del sesso come antidoto.

L’immagine dell’uomo che si proponeva senza tempo, onnipotente (ricordate l’unto del signore?), senza quella decadenza che capita invece alle donne, è entrata, senza più calze sulla telecamera, nel tempo della vita reale, uguale per tutt*. Anche se ha avuto cura che la sua rappresentazione del potere fosse abbondantemente seminata da patinate controprove: l’acquisto di decine di giovani corpi femminili da giorno e da notte, per convincerci e convincersi.
_ Corpi voluti muti, usati solo per confermarlo, che finito il flusso di denaro nell’eccesso dell’esibizione, si sono rivoltati al compratore, svelandone la “flaccida” costruzione.

Ne è apparsa la visione di un’im-potenza che non riesce a salvare sé, loro e noi, uomini e donne ritenuti consenzienti, dalla gogna della bulimia sanguinolenta di “carne fresca”.
_ Il sogno del maschio eternamente possente che proprio per questo può scegliere fior da fiore femminile si è infranto sul suo “culo flaccido”.
_ Nessun corpo scattante e michelangiolesco, nessun marmoreità maschile, solo carne che invecchia, come è sempre successo.

Faccio fatica a riproporre queste parole e a rimestarvi dentro. Ma credo che se è opportuno che gli scandali avvengano, come ricordava {{A. Leiss}}, su Alfabeta2 online, bisogna poi saperli guardare in faccia come verità anche sgradevole delle cose. Non farlo potrebbe voler dire non riuscire a spalare via tutto il fango che una certa idea di uomo ci ha creato, e credo sia fondamentale come firmare appelli tardivi. Non a caso, solo ora molti uomini dell’immagine pubblica finalmente stanno svegliandosi, insieme alle loro donne.

Ma siamo dovuti arrivare qui, fino a queste innominate parole. A lungo il silenzio quasi generale del maschile di potere ha autorizzato questa rappresentazione dell’uomo e della sua sessualità.
_ Come la chiama [Ilvo Diamanti->http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/01/31/etica-relativa-di-un-paese-indulgente.html] su Repubblica online del 31 gennaio, confutando l’idea che questo fare non è un’abile invenzione personale, come molti l’hanno propagandata per non sentirsi coinvolti, ma una rappresentazione di un fare quasi collettivo (nove milioni di uomini vanno a prostitute). Ora che l’idea della rappresentazione è emersa anche dal profondo della volgarità delle parole di Minetti, non è più possibile fingere.

Il fango è troppo visibile e o ci si allontana, o il rischio di crollare insieme a lui, anche per gli altri maschi, è grande. Non ci si può più cullare nel potere e nei soldi per affermare la propria sessualità. Si comincia a intuire il bisogno di una rappresentazione diversa della sessualità maschile (ieri e oggi su Repubblica on line) e del potere e il gruppo di Maschile Plurale lo sta facendo da tempo, scontando come le femministe una studiata indifferenza in chi conta.

Ma a questo punto forse bisogna cercarla molto bene questa sessualità differente, senza accontentarsi di una firma o di una manifestazione e persino, cosa che desidero molto, di una caduta del governo per pensare che il problema come uomini sia risolto (personalmente spero che cada anche a partire dalle gambe delle minorenni a pari dignità con il resto delle persone). Il silenzio di quasi tutti è stato molto, troppo lungo per non essere connivente nel profondo. E questi uomini pubblici che ora si sono svegliati per fortuna, non possono poi tornare al solito trantran: tolto il personaggio risolto il problema.

Abbiamo già pagato parecchio questo intreccio irrisolto degli uomini tra “potere, sesso e soldi”. Persino con una guerra tra donne, dividendoci tra giovani e anziane, perbene e permale; confondendoci persino su felicità e libertà, quando c’è, nella prostituzione. Accusando le femministe di inazione, quando sono loro che continuano da anni a dimostrare le infinite capacità delle donne, senza mai svalutarci per la violenza maschile che subiamo, definendola “ fine – mai abbastanza capita dal resto delle donne di potere e dai loro uomini – del patriarcato”.

Non possiamo permetterci come donne di addossarci sempre i problemi degli altri, per salvarli dalla fatica della palude in cui si trovano nel non aver voluto riconoscere in tempo il senso della libertà femminile. Non ci e non gli serve, e lo ha capito anche l’uomo pubblico [Gad Lerner->http://www.repubblica.it/politica/2011/02/02/news/donne_lerner-11946652/index.html?ref=search], nel suo articolo di ieri sempre su Repubblica online.

Forse come donne pubbliche si deve uscire dallo sdegno del momento e cercare di capire sempre, ogni giorno, come è meglio stare dalla parte delle donne, se vogliamo davvero aiutare anche gli uomini a cercarsi dentro e non fuori con montagne di inutili corpi femminili.
Abbiamo buone teste, oltre ai corpi, non facciamocele usare.