Nella vignetta si vede una robusta signora col velo che porta una cintura di esplosivi. Il marito le chiede quale desiderio dovrà essere considerato da Allah giunta nell’aldilà dopo “il martirio”. La signora risponde laconica: “Di rinascere in Svezia”. Pubblicata su facebook, ha meritato subito il commento di un musulmano immigrato in Italia, che ha scritto che se si continua a offendere in questo modo la sua cultura, ci si deve anche aspettare qualche violenta conseguenza. Come a Parigi?
Merita attenzione l’affermazione di “offesa alla mia cultura”. In questo caso non è stata invocata l’offesa alla religione. Se si segue il profilo facebook di Matteo Salvini segretario della rinata Lega Nord fondata da Bossi, spesso c’è il richiamo alla difesa della cultura, dell’identità e della tradizione. Qualche volta si nomina anche la difesa della religione, però intesa come base, storica, dell’identità nazionale.
Sia l’arabo che ha lanciato minacce perché offeso da una sorta di blasfemia, sia Salvini e i leghisti, dimostra che della cultura hanno un’idea rigida: di qualcosa di “secondo natura”, astorico, eterno, collegato a un popolo con caratteristiche etniche altrettanto inamovibili ed eterne.
Non fa parte della mentalità dei leghisti e della gente in genere, come non fa parte della mentalità musulmana, pensare alla cultura come “incessante opera di costruzione sociale” (C. Saraceno).
Sembra paradossale, ma la mentalità italiana media, dominata da politici alla Salvini, s’incontra con quella musulmana prima e seconda generazione.
E’ notizia di questi giorni di primavera, la nascita di un’associazione scout musulmana. Ha dichiarato felice un capo scout dell’Agesci (l’associazione degli scout cattolici) che alcuni giovani musulmani hanno studiato i regolamenti per imitarli, fatta eccezione di alcuni aspetti in contrasto con i valori dell’islam: capo coperto per le ragazze e niente pantaloni corti. Nelle simulazioni di gruppo, niente contatti fisici tra maschi e femmine.
Quali sono i motivi di questi divieti? Presto detto, perché è sufficiente ritornare alle pagine di facebook, ai post e ai commenti, per farsi un’idea della mentalità più diffusa nell’emigrazione musulmana. In Facebook ogni tanto scoppia una discussione sui “valori” che ha come perno, o elemento scatenante, il corpo delle donne e la critica o il netto rifiuto del “mondo occidentale”. Donne e valori occidentali sono un motivo sempre presente in partenza e in arrivo. Le ragazze occidentali vestono in modo provocatorio, eccitando –scrive un musulmano un po’ attempato- “le palline dei maschi”. E’ compito della donna, con la sua riservatezza manifestata con un abbigliamento consono ai dettami dell’islam, mostrare la solidità della famiglia eterosessuale fondata sui ruoli complementari.
L’Islam, posta un altro musulmano, rispetta le donne e le ritiene fondamentali per l’educazione dei figli. Chiara e netta è l’esaltazione della divisione sessuale dei ruoli tra pubblico (dell’uomo) e privato (della donna).Non certo grande è la differenza con il “mondo” cattolico delle associazioni “voglio la mamma” che sono nate dopo la pubblicazione del libro dell’ex deputato, renziano Mario Adinolfi, fondatore del quotidiano LA CROCE, fortemente organizzato nella lotta contro la cosiddetta “ideologia del gender”.
Leghisti e crocisti adinolfiani, curie del Nord e del Sud, cardinali e vescovi, firmano documenti e lanciano scomuniche contro amministrazioni e insegnanti che osano impostare programmi didattici per il superamento degli stereotipi di genere.
Per ultimo il cardinale Bagnasco che ha tuonato contro la “teoria del gender” che, a suo avviso, favorirebbe un essere “transumano”.
Il concetto di genere è nato per dimostrare che i rapporti asimmetrici tra i sessi, sono stati e sono una costruzione sociale, che nulla ha a che fare con una presunta natura immutabile dell’essere vivente. Ma per le religioni monoteiste, il dio unico avrebbe voluto modalità prescrittive ed eterne di comportamento femminile e maschile. Giustamente, ha scritto la sociologa Chiara Saraceno (La repubblica 25 marzo 2015) , la concezione essenzialista comporta che possa “apparire ‘innaturale’ che una donna non desideri avere figli o che voglia avere sia figli che una carriera professionale, o che un uomo si dedichi più alla cura dei figli che alla propria carriera, che uomini e donne vogliono scegliere le proprie mete e avere identità meno rigide e polarizzate lungo il crinale della differenze sessuale. E’ a motivo della potenza di quella visione pseudo-naturale che in alcune società le donne sono considerate ‘naturalmente’ essere inferiori agli uomini, che questi possono usare e controllare a piacimento.”
Ora le cose si complicano ulteriormente perché “a sinistra”, di ciò che è rimasto per esempio, di Rifondazione e connessi, è partita la preferenza per il multiculturalismo in nome del rispetto delle tradizioni dei migranti. Pare che in Val D’Elsa alcune ragazze siano state costrette a scendere da un autobus di linea, perché era stato occupato da un alto numero di musulmani che si stavano recando alla preghiera del venerdì. Le ragazze hanno raccontato che sono state fatte scendere perché in abbigliamento non consono al pudore e perché non c’era la possibilità di separarle dagli uomini. In occasione del compleanno del Profeta, in un centro di cultura islamica in Emilia Romagna, è stata scattata una foto, dove si nota un separé di tela bianca tra pubblico maschile e pubblico femminile. I residui militanti di sinistra non si rendano conto (o non vogliono) che le cosiddette tradizioni hanno come oggetto di limiti e veti, il corpo delle donne. Mettano sullo stesso piano le tradizioni del cibo (la proibizione musulmana di mangiare maiale o bere il frutto della vite) e le mutilazioni genitali femminili. Criticano la Chiesa Cattolica che ritiene ancora l’omosessualità, un comportamento contro natura, ma concedono alle comunità islamiche il diritto a limitare la vita delle donne, talvolta ammiccando che, a dir il vero, l’Occidente ormai è privo di valori fondativi e unificanti. Per capire dove va il mondo, dove si forma la zona d’ombra delle comunità migranti e della stessa società post moderna occidentale, occorre, come sempre, fare attenzione al modo di considerare il ruolo delle donne.