In Francia, è cronaca dei giorni scorsi, cinque ragazze, quattro delle quali minorenni, sono state incriminate per lo stupro di una donna di 29 anni. Abbiamo chiesto a Paola Zaretti, psicanalista e coordinatrice del Centro Oikos – Bios di Padova di aiutarci a leggere questo episodio “indicibile” e dal pesantissimo valore simbolico.L’utilizzo del termine “orrorismo” – il neologismo inventato da Adriana Cavarero per titolare il suo libro – può suonare spropositato, mi si dirà, per proporre una rapida riflessione, a caldo, sullo [stupro perpetrato da cinque donne a danno di un’altra donna->http://www.corriere.it/cronache/10_agosto_30/francia-stuprata-da-cinque-donne-per-vendetta_0b710264-b446-11df-913c-00144f02aabe.shtml] e sul significato e sul senso di un tale atto.

E’ probabile, anzi, è certo, che sia così ma non mi riesce di trovare, al momento, un’altra parola che trasmetta, più e meglio di questa, le mie risonanze alla notizia.
_ “Sconcerto”,”raccapriccio” non mi bastano, Vergogna – come donna – sì.

La difficoltà di comprendere la portata di un tale gesto, sta nel fatto che nel nostro immaginario, costruito e addestrato a funzionare secondo i ben noti stereotipi di genere, un gesto come questo non trova posto.
_ Graffi, urla e strattonamenti vari, ci appaiono più familiari, più rassicuranti e senz’altro più compatibili con le rappresentazioni che abbiamo delle modalità aggressive propriamente femminili.
_ Anche se – è bene saperlo e, a ricordarcelo, è[ Joanna Bourke->http://www.laterza.it/schedalibro.asp?isbn=9788842085409] – il numero di donne violente è più alto di quanto si sia disposte a credere ed è in fortissimo aumento.

Nel caso specifico della violenza sessuale – viene tuttavia rilevato, dall’Autrice di {Stupro, storia della violenza sessuale dal 1860 a oggi}, che “le ragazze e le donne passano quasi inosservate” per via della loro “passività”: come dire dell’impensabile che c’è nel pensare che un uomo possa essere “stuprato” da una donna.

La ragione di questo impensabile-inimmaginabile-irrappresentabile è di facile intuizione e ha a che fare – occorre dirlo? – con la supposta “mancanza” attribuita alla donna che – detto come peggio non si potrebbe – “non ce l’ha”.

Va da sé che questo impensabile non può che risultare ulteriormente complicato nel caso, non contemplato, in cui a non poter essere “stuprato” da un donna – per le suddette ragioni imputabili a penuria di mezzi – non è un uomo, ma un’altra donna. Insomma, diciamolo, non ce n’è per nessuno…

Ma, vien da chiedersi, se le donne non possono “stuprare” gli uomini, nel senso che la parola “stupro” è inidonea a presentificare e a significare un tale scenario, perché dovrebbe essere idonea a significare una violenza sessuale fatta da donne verso un’altra donna? Si tratta davvero di stupro o no? E se non si tratta di questo, di che altro?

Ma lo stupro (forse da stupere) è – da dizionario – una “violenza carnale” e pare, dunque, che quando c’è di mezzo la carne, passino in secondo ordine sia lo strumento utilizzato a scopo violento, che lo specifico della “carne” offesa.

Eppure le cose non stanno neanche così perché una violenza sessuale è una violenza che distingue pur sempre carne da carne…

L’ultima cosa che voglio, è complicare le cose ma è davvero possibile evitarlo? E’ davvero, lo stupro, “una violenza carnale” e basta?
_ Torniamo al reato commesso dalla donna stuprata da cinque donne.

“Stuprata”, sì, ma per quale reato? Per aver portato via l’uomo, l’oggetto causa di desiderio, alla sua legittima proprietaria. E lo “stupro”? Ecco… la santa punizione, inflitta a una malafemmina, rea di cotanto ardire.
Ma Lui, Lui…in tutto questo, dov’ è?

E’ assente – come sempre, come da copione. Lui sta Fuori, silenzioso, estraneo e inappartenente alla scena truculenta che lontano si consuma, che tanto da vicino lo riguarda e di cui c’è il fondato sospetto che goda…
_ Il fatto non stupisce perché la di Lui “posizione” è tradizionalmente legittimata, così simbioticamente aderente a quella da sempre statuita garantita e trasmessa dai Patriarchi, da non fare una piega: alloggiare nella beatitudine della “trascendenza”, al di fuori della mischia, mentre le donne, bontà loro, si scannano.

Non è forse sempre stato così? E non è ancora così?

Un breve lasso di tempo è passato da quando qualcosa del genere – non paragonabile, certo, nell’esito, ma affine per quanto riguarda l’assenza del maschio, il suo silenzio e lo scatenamento, per via di Lui, di una guerra fra donne – è accaduto da qualche parte.

Non c’è dubbio: quando il femminismo o i femminismi si riducono a vuote ideologie e hanno la pretesa di sostituire dei percorsi personali – quali che siano – mai attraversati, il risultato è pessimo.

Non mi sto allontanando dal tema, lo sto affrontando appena di traverso. Per dire che questo stupro di gruppo, benché inauguri, sotto un certo profilo, una pagina vergognosa, inaudita e forse senza precedenti sulla violenza fra donne in una direzione involutiva e degradante, è soltanto il segnale sinistro di un nodo mai affrontato e irrisolto che riguarda le relazioni fra donne.

Di un nodo che, rimosso e inanalizzato è giunto al suo esito estremo.
Non avrei provato forse a scrivere qualcosa sull’argomento, se non fosse che questo stupro ad opera di cinque donne, tocca una corda particolarmente sensibile.

Da tempo, infatti, a fronte delle ripetute ed evidenti difficoltà riscontrabili – oggi forse più che in passato – nelle relazioni fra donne, avverto l’urgenza di affrontare, assieme ad altre persone interessate a farlo, il tema della violenza dal versante femminile.

Solidali? Unite? Sì, forse, sporadicamente ma sempre e solo quando è in giuoco, a far da collante – e da controparte – la conflittualità nei riguardi dell’uomo.
_ Capita che molte di queste “unioni” solidali si sciolgano come neve al sole quando la controparte maschia non c’è, quando quella controparte che l’altra diventa tanto spesso per ciascuna e la conflittualità che ne nasce, vengono aggirate e rimosse.

Quanto è accaduto è un evento nuovo che segna l’oltrepassamento di un limite e che richiede, per essere “letto”, l’individuazione e la mobilitazione di nuove categorie “interpretative”.
_ Si tratta di una faccenda delicata, dai risvolti molteplici e irriducibili, a mio parere, a un processo di tipo identificatorio con il maschio da parte di queste femmine “stupratrici”.

Il rischio di cadere nella trappola di questo meccanismo non è certo una novità, e il grado di mascolinizzazione-emancipazione raggiunto da molte donne ne dice quanto basta per riconoscerne il carattere insieme strutturale e inevitabile.
_ Forse che in un mondo pensato e organizzato rigorosamente al maschile, una donna che vuole affermarsi come soggetto può fare qualcosa di diverso che diventare un uomo? Non è forse questa la via scelta dall’isteria come la sola via d’uscita possibile? Lacan ne era consapevole. _ La malattia non stava nell’isteria – che peraltro pare scomparsa dagli onori della clinica – stava e sta dentro un sistema di pensiero generatore di malattia.

L’effetto boomerang, legato a queste nuove figure di “stupratrici” a danno di una donna, va ben oltre e supera di gran lunga quel processo involutivo e degradante – e inversamente speculare – di corpi femminili mercificati che hanno finito per trasformare le conquiste di libertà sessuale delle donne in un’illusione di ” libertà” che le ricaccia nello stato di merce forse come mai prima d’ora.

A questo stiamo assistendo e qualche domanda in più sullo stato delle relazioni fra donne forse potremmo porcela.
_ Ma forse uno stupro di donne contro una donna ci fornisce anche altro su cui riflettere… Forse c’è di mezzo la Paura…