Quali gesti di sdegno e protesta siamo riuscite a mettere in campo contro il pensiero e gli atteggiamenti razzisti che il “sentire comune” (spesso indirizzato, a volte manipolato) ci presenta ogni giorno?
Sabato sera abbiamo visto{{ i maestri d’orchestra del festival di San Remo}} gettare via gli spartiti per evidenziare la loro protesta nei confronti del “pubblico televisivo votante” che aveva scelto di mandare in finale una canzone. Un gesto forte, mai espresso in precedenza: la ribellione di una minoranza che conosce la musica e la sa apprezzare, nei confronti di una macchina pubblicitaria ben orchestrata che ha saputo strappare il consenso del pubblico meno colto (o ha saputo manipolare i meccanismi del voto). Un gesto di sdegno che però si è fermato lì, lasciando che poi le cose riprendessero il loro corso e il festival arrivasse in fondo con vincitori e vinti.

Questo ci ha fatto pensare. Quali gesti di sdegno e protesta siamo riuscite a mettere in campo contro il pensiero e gli atteggiamenti razzisti che il “sentire comune” (spesso indirizzato, a volte manipolato) ci presenta ogni giorno? Quante volte questi gesti sono stati un breve momento di rottura ma poi il concerto, lo spettacolo, la vita… sono andati avanti come se niente fosse?! Che senso ha questa disperazione impotente che ci sentiamo dentro? {{A cosa possiamo aggrapparci perché il nostro sdegno, la nostra ribellione, il nostro desiderio di un mondo più umano, più giusto e gioioso abbia spazio di realizzazione?}}

Visto che siamo {{un gruppo di riflessione teologica}} ci siamo rivolte a quella sorgente a cui attingiamo sempre per alimentare la nostra speranza e trovare chiavi d’interpretazione del presente. Abbiamo guardato {{alle donne della Bibbia e al loro modo di stare nella storia, nelle relazioni con l’umanità del loro tempo.}}

Abbiamo così visto come moltissime donne nella Bibbia trovino {{il coraggio di trasgredire il modello dominante}} per strutturare nuove forme di relazione foriere di grandi cambiamenti. Citiamo qui solo due esempi che consideriamo più conosciuti poiché legati l’uno alla figura di Mosè, il patriarca che ha consentito la liberazione d’un intero popolo, e l’altro a Gesù.

Prima della nascita di Mosè il Faraone convoca le levatrici {{Sifra e Pua}} e dice loro “Quando assistete nel parto le donne ebree, fate attenzione al sesso del bambino: se è un maschio, dovete farlo morire..”. Le levatrici però preferirono obbedire a Dio: non eseguirono il comando del re e lasciarono in vita i bambini…” Allora il faraone comandò a tutto il popolo “Gettate nel Nilo tutti i maschi degli ebrei..” Ma {{la madre di Mosè, sua sorella e la figlia del Faraone si allearono nella disobbedienza agli ordini}} e lo salvarono dalle acque.

Quando Mosè adulto fugge dalle persecuzioni del Faraone sono {{le 7 sorelle madianite}} a porre le premesse per la sua accoglienza e sarà poi {{Zippora}}, una di esse diventata sua moglie, che salverà Mosè quando “il Signore affrontò Mosè e voleva farlo morire”accettando fino in fondo la contaminazione con una cultura e una religione diversa dalla sua, attraverso la circoncisione del figlio.

{{Maria}} poi di fronte all’angelo che le annuncia la possibilità di diventare madre fuori dal matrimonio non esita ad accettare pur sapendo che in tal modo trasgredisce la Legge e si espone al pericolo di essere lapidata.

Questi sono esempi di donne sia ebree che straniere che {{non fondano le relazioni sull’appartenenza, ma sulla disponibilità all’incontro}}; donne che non si adattano a rispettare acriticamente ordini delle autorità laiche o religiose ma guardano alle necessità del reale e scelgono ciò che favorisce la vita, che sanno svincolarsi dalla tradizione quando essa genera chiusura ed è foriera di morte, che sanno trasgredire le leggi quando ciò è necessario per aprire nuove prospettive di giustizia.

Nell’Italia d’oggi dominata da leggi inumane che fanno del solo esistere un reato perché sei fuori dal tuo paese d’origine, noi crediamo che questi esempi siano importanti ed indichino la strada da seguire. Negli incontri con le donne immigrate spesso troviamo la stessa forza, voglia di uscire dagli schemi e dagli steccati precostituiti, che abbiamo trovato nelle progenitrici di cui ci è narrata la storia. Ci piace qui portare come esempio {{la testimonianza di una donna marocchina}} che ha trovato il coraggio di recarsi ai banchetti della Lega Nord a Gardolo per dialogare con i leghisti uscendo dallo schema tradizionale di chiusura e rifiuto del dialogo con chi la pensa diversamente, anche quando costui cerca di toglierti i diritti: addirittura quello di professare con dignità la tua fede. Tante sono anche le donne straniere e italiane che attraverso una relazione d’amore aprono {{brecce nei muri della separazione e del pregiudizio}} dando poi vita a quella speranza di convivenza incarnata che sono i figli di coppie miste.

Arriverà il primo marzo e con esso la mobilitazione delle/gli immigrate/i e di tutte/i coloro che in una società che ripropone la discriminazione razziale e la agisce violentemente, si sentono straniere/i. {{Noi saremo con loro e faremo di tutto perché poi lo spettacolo non continui!!}}

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