La ricerca di Maria Grazia Branchetti sulla chiesa sommitale di Otricoli nasce da quelle da lei effettuate in Archivi e Biblioteche locali e di Roma, nell’ambito dei lavori del Comitato scientifico della mostra “Il Tevere ad Otricoli. Vita e fede sulle rive del fiume” (2010-2011).

La monografia ha una triplice funzione: ricostruisce, contestualizzandola, l’evoluzione storica, artistica e documentaria, del monumento; fornisce una guida illustrata di ogni aspetto e arredo del monumento; narra l’iconografia, con più fonti, dei santi protettori di Otricoli rappresentati negli affreschi residui.

Pagine che sono una miniera di informazioni e di sapienze, in cui la restituzione a chi legge, del territorio e del monumento, è piena. La Collegiata ne emerge come un tesoro, qual è, in una zona umbro-sabina (fino al 1708), di precoce penetrazione cristiana, forse apostolica, con Otricoli sede vescovile dal V a tutto il VI secolo.

L’Autrice esamina, con amore e rigore, l’antica Ocriculum, città romana del piano con tempio sul monte dominante, poi castrum elevato, con al centro chiesa e battistero e già un forte culto dei suoi martiri.

Il recupero delle fonti, la loro disanima, s’accompagna a una notevole capacità di narrazione che rende accattivante anche un discorso pieno di tecnicismi dovuti al tema stesso, storico-artistico. Pagine costellate di notizie, curiosità, eventi, personaggi salienti nella vita del luogo, come il cardinale mecenate Bernardino Lopez de Carvajal, governatore perpetuo di Otricoli, cui si deve la trasformazione tardo quattrocentesca dell’edificio.

L’Autrice riporta puntualmente l’avanzamento degli studi e degli scavi tra i quali quelli del decennio 1957-1967, effettuati dalla Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie dell’Umbria, che permisero di retrodatare l’edificio, già ritenuto del XIII secolo, all’Alto Medioevo; la campagna del 2004, effettuata dalla Soprintendenza dell’Umbria, scoprì sotto il muro perimetrale della navata sinistra, blocchi quadrangolari, e irregolari, di tufo permettendo la comparazione con apparati murari della Roma nel IX secolo (p. 29).

L’Autrice riporta tutte le questioni collegate alla, in parte ancora controversa, datazione della Collegiata che Carlo Pietrangeli, il maggiore studioso locale (Otricoli. Un lembo dell’Umbria alle porte di Roma), datò negli anni Settanta al IX secolo, parlando di una sola fase costruttiva, senza escludere altre possibilità. Le nuove ricerche documentarie e di scavo permettono di pensare a una fase precedente, datata al VII secolo, con edificio cultuale più piccolo. Otricoli avrebbe perciò una delle chiese più antiche d’Italia e, come altre della stessa antichità, sorta probabilmente sui resti (rovinati o demoliti), di un tempio romano, con utilizzo di materiale di spoglio (es. il rocco di colonna, basi delle due acquasantiere, p. 83).

Nel presentare l’opera, Don Claudio Bosi (Direttore dell’Ufficio per i beni culturali ecclesiastici della Diocesi di Terni-Narni-Amelia), tratta di questa ipotesi ed encomia l’Autrice per una pubblicazione, scientifica e divulgativa, che “stimola forme di tutela indiretta che sono fondamentali per la conservazione del patrimonio storico-artistico e culturale declinato in tutti i suoi aspetti”.

A sua volta, il Sindaco di Otricoli, dr. Antonio Liberati, ricorda come “la valorizzazione di gioielli artistici e culturali di un paese passi necessariamente attraverso uno studio e una conoscenza degli stessi non superficiale e approssimativa, bensì approfondita e appassionata” e ringrazia l’Autrice che della comunità otricolana fa parte.

Sotto l’aspetto di guida, l’opera è perfetta poiché riporta e illustra l’intero edificio nei suoi particolari, pubblica le piante (variate nel tempo), contestualizza la storia, descrive gli arrei, dedica molte  pagine storico-artistiche alla navata e alle tante e ricche cappelle, fornisce un’appendice documentaria (es. la descrizione della chiesa effettuata dal canonico Giovanni Alessandro Gigli, p. 137), una ricca bibliografia e l’indice dei nomi.

Bellissima la copertina con la duecentesca Madonna delle Grazie in trono con Bambino, legno policromo.

L’Autrice ricorda come Otricoli, al centro di un territorio di grande transito da epoche remote, ne abbia sempre tratto grandi vantaggi ma anche grandi pericoli. Il tempo, le invasioni e le guerre, fino ad epoche recenti, non l’hanno risparmiata ma sempre si è ripresa e la sua Collegiata è tornata a splendere di affreschi e di arredi. L’altare maggiore sorge sul reliquiario di San Vittore. Il campanile presenta materiali di spoglio (es. Medusa); il portico ha piccolo antiquarium con epigrafi che raggiungono il XIX secolo.

La cripta (IX s.?), dedicata a San Medico, era in origine semianulare, una rarità. Oggi è una cappella sotterranea che pur mantiene tratti originali e l’accesso da due rampe laterali del presbiterio. Nella pala sull’altare, di ignoto, il santo è raffigurato in abito talare, nero, con fascia alta bianca e palma del martirio. “L’abito ricorda quello degli oratoriani, di S. Filippo Neri, ed affine alla veste del primo cinquecento per il clero secolare.” (p. 90)

Molto interessante è anche la terza parte dell’opera, dedicata ai santi otricolani di cui l’Autrice riporta lineamenti storico-artistici rispetto ai dipinti della Collegiata: Vittore (Patrono principale) legionario romano martirizzato in Siria nel 171 d.C. sotto Marco Aurelio Antonino e la cui passio è collegata a quella della sedicenne siriana Corona (Patrona principale). Alla stessa epoca (171-173) data il martirio dei fratelli Lozimo e Nettario, quello di Eufridio e di Ianuario, di Vittoria e di due sue nipoti vergini, e di Medico di cui l’Autrice riporta le due versioni: guaritore di Otricoli, già mago sotto Antonino Pio, convertitosi dopo i prodigi seguiti all’arrivo delle spoglie di Vittore e Corona dalla Siria oppure (dal XIV secolo), un uomo di nome Maleficus coinvolto nel martirio di Vittore e convertitosi dopo prodigi.

Il penultimo, in ordine di tempo, dei santi otricolani è Leopardo, martirizzato sotto Giuliano l’Apostata (361-363), mentre l’ultimo, ma non certo per devozione, è Fulgenzio (Compatrono), rientrante a pieno titolo nella schiera di vescovi martiri dell’età delle invasioni (V-VI secolo), quando il riferimento ecclesiastico divenne d’importanza pari o superiore a quello laico, indebolito dalla caduta dell’Impero. I vescovi-martiri erano contemporaneamente difensori dell’abitato e nemici dell’arianesimo. Fulgenzio è infatti celebrato difensore di Otricoli e sfidante, sul piano dottrinario, dell’ariano Totila. Le versioni divergono ma sono entrambe ricche di prodigi, aumentati nel tempo. La versione più antica lo vuole torturato ma non ucciso dall’Ostrogoto, quella più tarda ne fa un martire di Totila che, impressionato dai successivi prodigi, avrebbe abiurato l’arianesimo e trasportato il corpo del santo nella cattedrale otricolana, già titolata a San Vittore (541-552).

L’Autrice, laureata in Archeologia e Topografia medievale, con molte esperienze nell’insegnamento della Storia dell’Arte (Università di Cagliari), nelle biografie di Artisti (Treccani), nella cura di esposizioni documentarie, pubblicazioni e ricerche a tema, è una esperta del micromosaico, ramo del mosaico moderno (controcopertina).

Maria Grazia Branchetti, Otricoli. Santa Maria Assunta, Collegiata insigne. – Il Formichiere, 2017, E. 18,00.