“Il 7 ottobre, unitevi alla marcia e vestitevi di rosso per sostenere la lotta del popolo birmano”: la Tavola della pace, in vista della prossima Marcia per la pace Perugia-Assisi, rilancia l’appello del Governo birmano in esilio a sostegno della protesta nonviolenta contro la giunta militare repressiva in Birmania, e chiede la liberazione di Aung San Suu Kyi (premio Nobel per la pace) e di altri prigionieri politici. I coordinatori della Tavola della pace (Flavio Lotti e Grazia Bellini) hanno anche invitato a dare a tutte le manifestazioni della settimana della pace il segno della {{solidarietà con il popolo birmano}}.

Le immagini della violenza sui manifestanti pacifici impongono di dare visibilità, in qualunque modo, alla richiesta di azioni urgenti da parte delle organizzazioni internazionali e dei governi nazionali dirette a favorire la riconciliazione e la transizione alla democrazia, come richiedono i birmani in esilio. Ma – almeno a me sembra – a noi occidentali, donne e uomini di pace, non farà male riflettere sul {{significato altamente simbolico delle prime immagini}}: i monaci, le monache con le loro tonache rosse che escono dai luoghi e dai templi della meditazione per camminare nelle strade delle città, per denunciare i guasti della società, seguiti da “un popolo in cammino”. E’ un gesto autorevole che li rende “guida” in un’azione politica. Altrettanto forte è il riconoscimento simbolico dell’autorità di una donna, Aung San Suu Kyi, facendo passare la fiumana di persone davanti la sua casa dove era agli arresti domiciliari.

Ripensare, riflettere su queste immagini mi riporta innanzitutto immagini fotografiche dell’azione di Ghandi: ce lo siamo forse dimenticato o l’abbiamo troppo presto liquidato {{il senso rivoluzionario della non-violenza}}? Indossare oggi una camicia “rosso birmano” dovrebbe impegnare in azioni di pace in tutto il mondo, ma anche su uno stop agli armamenti, al commercio delle armi e altro ancora. Chi va alla marcia, donna o uomo della normalità o personaggio delle “caste” se lo ricordi.

{{I monaci e le monache del Buddhismo}} (religione? filosofia?): le loro immagini vestite di rosso ci hanno fatto spesso pensare a forme residuali di ricerca di spiritualità, ad una fuga dal mondo; ora ci accorgiamo che i loro centri di meditazione possono essere anche gli unici luoghi dove i giovani vanno a “scuola”. Ci accorgiamo dunque che non si tratta sempre di estraneità al mondo ma anche di possibile {{“altro sguardo” sul mondo}}, che può portare ad {{azione critica sul mondo}}. Il gesto della ciotola rovesciata, come rifiuto di un’offerta, indica chiaramente una distanza dal potere che la può offrire. L’omaggio a Aung San Suu Kyi e il rientrare nei monasteri può indicare una consegna ad altri e altre di successivi passaggi politici.

Sarà opportuno per molte/molti occidentali {{uscire dai confini delle proprie religioni per meticciarsi con altre forme di ricerca del senso di sé e del mondo.}} Qualcuna/o l’ha già fatto o lo sta facendo, ma la cultura dominante è dominata, a sua volta, dalla certezza del possesso della vera via al Bene.

{{Aung San Suu Kyi}} ha compiuto anche lei un gesto simbolico forte: è uscita dalla sua casa e, anche se per poco, si è coinvolta con il corteo manifestante. Ha ricevuto così una sorta di investitura a futura guida di un possibile nuovo governo, o almeno di una opposizione riconosciuta? Ce l’auguriamo.

In ogni caso, sarà bene usare cautela nel pensare ad una democrazia birmana; abbiamo visto che {{le democrazie non si esportano come le armi.}}

Informazioni per la marcia: Tavola della pace, via della Viola, 1, 06122 Perugia –
Tel. +39 075 5736890, Fax +39 075 5739337 – tavola@perlapace.it – www.perlapace.it