Nel ricco calendario delle celebrazioni del cinquantenario della sentenza che ha aperto alle donne l’accesso agli uffici pubblici implicanti l’esercizio di diritti e potestà politiche, l’appuntamento romano di settembre è avvenuto l’11, nell’Aula Consiliare “G. Fregosi” di Palazzo Valentini, sede della Provincia. Eventi similari, promossi dal Comitato promotore nazionale “50 verso la parità. Responsabilità individuale e responsabilità collettiva delle Donne”, hanno toccato o toccheranno Catania, Parma, Cosenza, Genova, Napoli, Savona, Milano, Bologna, Padova e anche l’Aquila (18 settembre), a significare il valore nazionale di una conquista ottenuta, decenni fa, dalla giovane laureata in giurisprudenza [Rosa Oliva->http://www.pinkblog.it/post/6486/i-50-anni-della-battaglia-di-rosa-oliva-a-difesa-dei-diritti-delle-donne] per le donne tutte.

Un’iniziativa nata dall’autostima di chi, terminati brillantemente gli studi, si sentiva pronta ad accedere agli uffici pubblici e alle carriere, precluse da un comune senso misogino e dall’art. 7 della Legge monarchica del 17 luglio 1919, n. 1176, ancora vigente nell’Italia Repubblicana, che così recitava: “le donne sono ammesse a pari titolo degli uomini ad esercitare tutte le professioni ed a coprire tutti i pubblici impieghi tranne quelli che implicano poteri pubblici giurisdizionali o l’esercizio dei diritti o potestà politiche o che attengono alla difesa militare dello Stato.”

La lettura estesa degli articoli discriminatori abbattuti dalle donne dal dopoguerra a oggi, sarebbe auspicabile dato l’evaporazione del concetto di discriminazione e/o il suo relegamento in età tanto lontane dall’enuclearle dall’attualità.

Rosa Oliva sedeva, serena e positiva, nell’Aula del Consiglio provinciale, con la stessa grinta che deve aver avuto quando, neolaureata in giurisprudenza, senza nessun apparato dietro e neppure sapere, come ha dichiarato, dell’esistenza delle organizzazioni come l’Udi, forte della conoscenza della Carta costituzionale e del senso d’ingiustizia che percepiva nel vedersi discriminata, si rivolse al suo professore Costatino Mortati, giurista calabrese, trovando comprensione e partecipazione.

Iniziò un percorso non facile ma di largo consenso che colmò lo scarto tra i principi costituzionali e la loro attuazione con la bella sentenza n. 33 del 13 maggio 1960 della Corte Costituzionale che dava ragione a Rosa: l’articolo di quella vecchia legge era inconstituzionale perché madri e padri della patria s’erano battute/i per l’uguaglianza delle persone, codificando in poche parole principi inalienabili, perciò anche le donne potevano accedere a tutte le professioni e a tutti i pubblici impieghi inclusi quelli fino ad allora vietati per evidente discriminazione sessista.

Quella vittoria che aprì alle donne tanti vissuti nuovi, tocca ancora oggi punti sensibili della vita repubblicana ancora lontana dalla piena realizzazione della sua Carta costituzionale e dal garantire un’effettiva parità rimuovendone gli ostacoli.

Una vicenda esemplare, quella di Rosa Oliva, nella dimensione privata e pubblica.
_ Il Comitato promotore, forte dell’adesione di trentotto associazioni nazionali di donne, molte altre a dimensione locale e ben dodici università, ha rilanciato il valore di quella buona pratica dettata da sensibilità, dignità e volontà di un agire che solo partendo dalla singolarità può diventare collettivo.

Nella fattispecie, l’incontro a Palazzo Valentini, patrocinato dalla Presidenza del Consiglio della Provincia di Roma, dall’Udi (Unione Donne in Italia-Monteverde) e dal Comitato promotore, presenti Giuseppina Maturani (Presidente del Consiglio Provinciale di Roma), Anna Maria Spina (Udi Milano – Udilab), e le organizzatrici – Carla Cantatore e Cristina Maltese dell’Udi – Monteverde, ha affrontato la lettura dello ieri e dell’oggi. Un senso preciso di pericolo di perdita di senso e di conoscenza; il puntare sull’autostima, sulla dignità, sull’autodeterminazione delle singole donne e delle loro organizzazioni per continuare a cambiare, pur con fatica, il mondo; la consapevolezza che le generazioni femminili non sono anagrafiche ma politiche e che l’attacco alla Carta costituzionale può inficiare anche le più significative vittorie.

Sono state ricordate le parole di riconoscimento dell’iniziativa di Rosa Oliva e della sua difficoltà, pronunciate dal Presidente della Repubblica lo scorso 8 marzo: “Ma c’era e c’è ancora un’altra barriera da superare, se non un tetto, per così dir una parete di cristallo che impedisce l’accesso a lavori, professioni, carriere, a sport e a stili di vita considerati per tradizione maschili. Un tempo questa barriera era tutt’altro che invisibile: si trattava di veri e propri divieti.”

Anna Maria Spina nel corso di un significativo intervento, ha dichiarato giunto il momento delle celebrazioni, private e pubbliche, tra donne; il momento del reciproco riconoscimento della dura strada percorsa e delle vittorie ottenute a caro prezzo nella sfera privata e pubblica; la necessità di farlo per noi stesse e per l’autostima e l’autodeterminazione nelle nuove generazioni perchè non possiamo assistere al tentativo di distruzione di ciò che abbiamo seminato senza reagire, “nessuna di noi è disposta a farsi fare a pezzetti” e bisogna scrivere la nostra vera storia “perché non possiamo aspettarci che ci sia riconosciuta o venga scritta da coloro che ancora oggi ci ostacolano e ci discriminano”.