Riconosciuto a livello internazionale come uno degli artisti più emozionanti della scena della danza contemporanea, noto per la composizione di partiture musicali d’atmosfera a complemento della fisicità peculiare delle sue coreografie, Hofesh Shechter torna al Romaeuropa festival dal 17 al 19 ottobre alle ore 21 al Teatro Olimpico con “Grand Finale”, nuovo attesissimo lavoro in Prima italiana che l’autorevole quotidiano inglese The Guardian ha definito come un valzer per la fine dei tempi. Il coreografo israeliano di base a Londra, attraverso il suo marchio distintivo ed esilarante, presenta uno spettacolo che combina insieme danza, teatro e musica guardando al passato e aprendo al contempo nuove strade.

Grand Finale è allo stesso tempo comico, cupo e meraviglioso, evoca un mondo in caduta libera, pieno di energia anarchica e commedia violenta. Una danza ai confini del mondo al suono dell’apocalisse, che potrebbe sembrare distopica, ma con il tipico ‘black humour’, firma del coreografo, nasconde un ottimismo leggero e fiducioso. È il talento di Shechter quello di analizzare ed esorcizzare, allo stesso tempo, i demoni del nostro presente.

“In ogni spettacolo tento di catturare il senso del tempo presente e di capovolgerlo, di mostrarne l’inverso – spiega Shechter -Nelle immagini e nelle sensazioni di Grand Finale riecheggia qualcosa del caos che ci circonda. Noi, in quanto spettatori, non dobbiamo far altro che lasciarci trasportare dalle immagini e dalle emozioni, abbandonarci alla provocazione, al divertimento e dedicarci all’osservazione. La sensazione che tutto stia arrivando alla fine, accompagnata da un senso generale di panico, galleggia intorno a noi. Come se tutto stia andando fuori controllo. Mi incuriosiva questo stato d’animo caotico. Vi è sempre un finire delle cose che ci permette poi di ricostruire e di rimettere i pezzi insieme ma solo per giungere a un nuovo collasso. Questa sensazione di ‘fine’ è, in realtà, infinita e ciclica. Pensando al momento di crisi in cui viviamo, nessuno di noi si sente personalmente responsabile, siamo tutti osservatori. Ma in realtà ognuno è responsabile a suo modo”.

Eseguita da una potente tribù di dieci danzatori accompagnati da sei musicisti, la coreografia si completa della colonna sonora a cura dello stesso Shechter e si mescola al set ricco e spiccatamente teatrale, fatto di elementi mobili di Tom Scutt in questa audace e ambiziosa nuova opera.

“Gestire questi diversi elementi sulla scena, la musica e la danza – prosegue – è una vera fonte d’ispirazione per me. I musicisti sono fantastici nel loro essere totalmente aperti alla sperimentazione. Indipendentemente da ciò che accade in scena, non si lasciano prendere dal panico, continuano a suonare e a portare sulla scena amore e armonia. In sala prove abbiamo discusso a lungo sul significato di una rete d’interazioni umane, sul modo in cui siamo tutti connessi e su come le nostre decisioni si influenzino vicendevolmente. Abbiamo lavorato a lungo sulle sequenze di gruppo in cui tutti i danzatori e i musicisti cooperano. La musica sarà per sempre in grado di riunire le persone e credo che questo sia il suo più grande potere. Quanto alla scenografia l’idea era quella di creare un ambiente/universo solido e rigido, ma allo stesso tempo flessibile, come fatto di niente. Tom ha apportato la sua visione rispettando i miei feedback. Desideravo un’esperienza pura, chiara per lo spettatore. Non volevo che lo sguardo fosse catturato da elementiartificiali/tecnici ma che prevalesse l’aspetto onirico”.