I lavori del Convegno sono stati aperti da Fancesca Kock la prima da sinistra

La Casa internazionale delle donne, a Roma, ha ospitato dal 20 al 22 ottobre l’importante convegno su La libertà delle donne nel XXI° secolo. Analisi, esperienze, resistenze e alternative ai tanti fondamentalismi.    In tante, a più voci e in più lingue, in gran parte attiviste e ricercatrici provenienti da Austria, Grecia, Iran-Gb, Israle, Libano, Palestina, Polonia, Spagna, Tunisia, Italia, hanno affrontato un tema ineludibile dell’oggi che interroga il mondo, articolando i lavori in tre sessioni dedicate all’economia e al lavoro; alle identità, ideologie e religioni; alla scienza e tecnologia.  Tra i molti contributi, un dossier della rivista Afriche e Orienti 1/2016, sui nuovi movimenti in Nord Africa e Medio Oriente, e la proiezione di Distant  (Uzak mi…) della regista curda Leyla Toprak.

L’iniziativa,  realizzata con il contributo del network Trasform! Europa, presente Heidemarie Ambrosch, e parzialmente sostenuta dal Parlamento Europeo, è stata promossa da Wilpf-Italia in collaborazione con Ife-Italia, Il Giardino dei Cigliegi, Awmr-Italia, Cultura e Libertà e Casa internazionale delle donne.
Susan Geroge e Alessandra Mecozzi

Tra le ospiti, Susan George che nel suo intervento Il futuro è nelle mani delle donne?, nel parlare di quale futuro aspettarci e delle implicazioni che questo futuro avrà in particolare sulle donne, ha subito proposto una riflessione sull’uso del termine “donna” che “potrebbe non essere una parola molto utile, perché al di là delle somiglianze dei nostri copri e di esperienze comuni a tutte o alla maggior parte delle donne, come il fatto di fare figl*, molto dipende dal paese in cui una donna vive, dalla religione che pratica, al reddito di cui dispone, dal suo livello d’istruzione, dalla sua classe sociale e da molti altri fattori. In generale comunque si può dire che come gruppo le donne saranno quasi sempre più vulnerabili e di solito messe peggio degli uomini in qualsiasi situazione si trovino.”

Susan George ha suddiviso la sua relazione in tre temi: Globalizzazione, Disuguaglianze, Cambiamenti climatici, le quali tutte sono intersecate e in fase di accelerazione.
Sul primo punto, ha individuato l’inizio effettivo del processo di globalizzazione nella caduta del Muro di Berlino: “un momento di grande trasformazione del potere con passaggio dai vari Governi alle grandi Multinazionali e successivi cambiamenti seguiti alla crisi del 2007/8, costata ai cittadini e alle cittadine, nel mondo, 14 triliardi di dollari; cifra inimmaginabile! Se ogni secondo fosse 1 dollaro, in 34.000 anni si avrebbe 1 solo triliardo.”
Ha anche parlato delle teorie neo liberiste che teorizzano legislazioni solo negative, cioè leggi che pongano solo divieti, non obblighi (doveri) portando al superamento di qualsiasi stato sociale con conseguenze dirette sulla salute e l’istruzione e l’ampliamento a dismisura della forbice tra ricchezza e povertà. Oggetto quest’ultima del secondo punto, dove nei Paesi in cui crescono le disuguaglianze, crescono i fenomeni della droga, della criminalità singola e organizzata, dei suicidi, delle violenze le quali ultime assumono “aspetti catastrofici” specie verso le donne e l’infanzia.
Inerente le disuguaglianze, le questioni primarie dell’accesso al cibo e all’acqua; l’emigrazione dall’Africa dove vivono 2 miliardi e 400 milioni di persone,  in maggioranza sotto i 20 anni. Uniche proposte positive, istruzione e lavoro e un cambio di sguardo verso le donne che sono in gran parte ancora valutate solo per la loro prolificità.
Una grande attenzione Susan George l’ha rivolta al terzo punto, i cambiamenti climatici che a ogni latitudine registrano un cambiamento nell’intensità e nella frequenza degli eventi distruttivi (inondazioni, incendi, uragani, ecc.) con conseguenze drammatiche sulla vita della gente. Il pianeta è cambiato tante volte e continuerà a farlo, ma è la nostra specie che si mette a rischio e mette a rischio le altre forme di vita nella relazione distruttiva e di sfruttamento dell’ambiente.
Tutte queste ed altre questioni interrogano l’oggi e il futuro anche rispetto alle forme e alle tenute democratiche.
Per scelta redazionale, data la ricchezza dei contributi, apriamo uno spazio in cui pubblicheremo, da oggi e nei nei prossimi giorni, alcuni interventi, iniziando da quello di Nicoletta Pirotta che insieme ad Ad Ada Donno ha, in apertura, tracciato il percorso costitutivo del convegno e descritto le principali finalità.
Intervento di Nicoletta Pirotta
da destra Nicoletta Pirotta e Alessandra Mecozzi

Primo punto:   Come nasce il convegno: un percorso originale di elaborazione collettiva.

 

  1. Nell’aprile dello scorso anno  di alcune di noi,  in base alle proprie relazioni personali e politiche,  hanno invitato donne ed uomini a ragionare sulla prepotente ascesa di fondamentalismi di varia natura e su come questa ascesa mettesse a rischio la libertà di tutti ma in particolare delle donne. Si è così costituito un gruppo informale che ha cominciato a ragionare su  “libertà delle donne e fondamentalismi”;
  2. si è scelto di essere un gruppo di lavoro – non una rete e non una lista – con uno scopo preciso e quindi limitato nel tempo: verificare la fattibilità di un’iniziativa internazionale che, con sguardo femminista, riflettesse sull’ascesa dei fondamentalismi e  mettesse a confronto le esperienze di donne che provano a  resistono;
  3. come abbiamo scritto ci interessava tenere assieme riflessione e pratica . Non abbiamo cercato   un approdo meramente speculativo-teorico ma abbiamo voluto costruire uno spazio di  confronto, di dimensione internazionale,  con altre donne che come noi hanno pratiche di contrasto ai fondamentalismi;
  4. il percorso si è articolato su incontri, via via sempre più partecipati, che sono serviti a condividere i contenuti di fondo ed  hanno consentito una costruzione collettiva del convegno internazionale.

 

Secondo punto:

Perché porre in relazione la libertà delle donne e i fondamentalismi.

  1. Nel frangente storico che stiamo vivendo, l’intreccio mortifero fra il sistema patriarcale e quello capitalista determina non solo un costante impoverimento sociale e culturale ma altresì uno sperpero di risorse umane e materiali con il risultato di produrre, in serie, infelicità, paura , disorientamento, schiavitù, sfruttamento, violenza,guerra. Un terreno di coltura favorevole all’ascesa di fondamentalismi di varia natura;
  2. quando parliamo di fondamentalismi ci riferiamo certamente  a quelli che si esprimono attraverso modalità classiche quali razzismo e xenofobia ed a quelli che si alimentano  di  riferimenti religiosi utilizzando la loro grande capacità di persuasione e di suggestione. Ma al contempo  crediamo indispensabile  prendere in considerazione  sia il fondamentalismo del “libero mercato”  che quello  “tecnologico-scientifico” perché anch’essi  mirano  al governo dei ritmi biologici, delle relazioni sociali e  delle vite di ciascuna e ciascuno;
  3. la libertà delle donne con il potenziale evocativo che porta con sé ( la liberazione di un “soggetto imprevisto” che irrompe nella storia) può rappresentare un antidoto al dilagare di fondamentalismo? La libertà delle donne, intesa, sia sul piano materiale che simbolico, nel suo più ampio significato di liberazione può divenire una forza capace di rielaborare un potenziale visionario per agire, in ogni parte del mondo,  pratiche conflittuali che alludono ad altri modelli di società e di relazioni umane? Può cioè la libertà delle donne divenire la misura per la liberazione di ogni essere umano?

Approfondiremo tutti questi aspetti e ci confronteremo nelle tre sessioni dedicate.

Terzo punto:

Riconoscere il protagonismo delle donne, mettere in relazione  esperienze di resistenza attiva.

  1. Non vogliamo limitarci a  prendere atto della regressione in corso  né ad analizzare teoricamente le diverse forme di fondamentalismi che percorrono il mondo. Ci interessa confrontare a approfondire linguaggi e modi diversi per vivere e/o costruire la propria identità e la critica ad appartenenze imposte ; vorremmo confrontare pratiche ed esperienze di resistenza ai fondamentalismi, in cerca di alternative, i segni del cambiamento che queste esperienze portano con sé, in particolare in tutti i luoghi di conflitto dove è centrale il ruolo delle donne nei processi di costruzione della pace, del dialogo e della convivenza;
  2. vogliamo sperimentare  la “pratica dell’incontro”, anche se  faticosa,  come scelta politica che aiuta a rifiutare le letture semplificate e semplicistiche della realtà per riconoscere la complessità e misurarsi con essa;
  3. ci sentiamo in sintonia con il nuovo movimento di donne che, ispirandosi alla coalizione argentina di “Ni una Menos” (“Non una di meno”), si sta riaffermando  in molte parti mondo. Un movimento che  vuole rioccupare lo spazio della politica per partecipare ed esprimersi su ogni aspetto della vita per  unire  la lotta contro la violenza a quella contro la precarizzazione del lavoro ed insieme contrastare l’omofobia, il razzismo e la xenofobia.
TUTTO IL MATERIALE DEL CONVEGNO SI POTRA’ TROVARE SU “LIBERTA’ DELLE DONNE XXI SECOLO” E ASCOLTARE  SU