Il piano caldo attivato dal Comune di Roma non basta per rispondere alle esigenze della capitale. Per Alessandro Radicchi, presidente della Cooperativa sociale Europe Consulting che gestisce Binario 95 e l’Help Center di Termini, servono “investimenti strutturali” da parte dell’amministrazione capitolina. E propone “un’immobiliare per il sociale”

Mentre l’Italia si prepara ad affrontare l’anticiclone africano che farà salire un po’ ovunque le colonnine di mercurio, a Roma il caldo non risparmierà i senza dimora. Sebbene la giunta capitolina abbia già attivato un piano per anziani e senza dimora, i nuovi posti messi a disposizione non sembrano essere ancora sufficienti per rispondere alle necessità di tutti. A far il punto su come viene affrontata per strada l’emergenza caldo è Alessandro Radicchi, presidente della Cooperativa sociale Europe Consulting Onlus che gestisce il centro diurno Binario 95 e l’Help Center nella stazione ferroviaria Roma Termini. Il primo accoglie quotidianamente circa sessanta persone, di cui 30 utenti seguiti con percorsi di inclusione e con obiettivi verificati passo passo. Poi ci sono circa 30 persone che accedono ai servizi doccia, lavanderia e cambio abiti. Per quanto riguarda l’Help Center, invece, si arriva anche a superare i cento contatti al giorno.

Nonostante la parentesi sui nasoni chiusi e poi riaperti, dal Comune di Roma non è mancato l’interesse sul tema, anche se, spiega Radicchi, i numeri messi in campo a favore dei senza dimora sono ancora lontani da quelli necessari. “Col piano caldo sono stati attivati nuovi posti: circa 300, a quanto mi risulta, di cui 230 diurni (quindi servizi a bassa soglia, quindi docce, cambio abiti e servizi igienici primari) e un centinaio di notturni in più – spiega Radicchi -. Tuttavia, siamo sempre su una media di accoglienza notturna che per i senza dimora si aggira attorno ai 900 posti, di fronte ad una esigenza, secondo le ultime analisi della sala operativa sociale del 2016, che parla di oltre 10 mila persone senza dimora intercettate”. Numeri che, includendo anche gli immigrati che vivono il disagio abitativo, non riescono ad essere colmati neanche con i posti Sprar e con i Cas.

Per Radicchi, però, attivare altri posti non è una missione impossibile. “Uno dei paradossi di Roma è che per poter aprire un centro di accoglienza secondo le leggi regionali bisogna essere in regola con diversi requisiti – racconta -, ma capita che spesso i bandi vadano vuoti perché non ci sono organismi che hanno le credenziali per poter partecipare a questi bandi. Ci sono tanti organismi del terzo settore meno organizzato che vorrebbero mettere a disposizione dei posti, ma non rientrano nei requisiti della legge regionale e si crea un cortocircuito. Alla fine sono sempre gli stessi che si presentano ai bandi e sono sempre le grandi realtà che hanno già locali a norma”.

Per questo, oggi serve un “investimento strutturale” e più lungimirante da parte del Comune, aggiunge Radicchi. “Degli sforzi sono stati fatti – chiarisce -. C’è un ufficio dedicato nel comune di Roma per capire quali beni confiscati possano essere utilizzati per fini sociali, ma è anche vero che abbiamo casi bloccati da tempo, come il Ferrhotel per quanto riguarda i migranti di Tiburtina, concesso in tre giorni ed è ancora tutto fermo”. E non è neanche tutta colpa della burocrazia, aggiunge Radicchi. “Le istituzioni ne sono consapevoli”. Per questo, spiega Radicchi, occorre un investimento concreto da parte del comune. “Bisognerebbe creare un’immobiliare per il sociale – spiega – che si occupi di prendere degli stabili, di metterli a norma e poi creare dei bandi. Oggi, su una sessantina di strutture per le marginalità presenti nel comune di Roma, quelle di proprietà o affittate dal comune sono solo quattro. Non c’è un investimento in questo senso. Ci si affida sempre agli altri perché non si ha la forza di strutturare un’accoglienza. Così facendo continueremo a fare bandi, le associazioni continueranno a non avere i requisiti per partecipare e continuerà ad esserci questo vuoto”.

Intanto, al Binario 95 e all’Help Center di Termini, le attività continuano anche d’estate. “Abbiamo inaugurato il nuovo spazio dell’Help center e il magazzino sociale con il Termini Social Corner – spiega Radicchi -. Ora abbiamo più spazi e almeno lì c’è l’aria condizionata, che ora serve più di tante altre cose in alcuni di questi giorni. Al Binario 95, inoltre, grazie al supporto dei volontari abbiamo delle attività sociali e diamo la possibilità alle persone che soffrono il caldo se non altro di stare lì”. A rinfrescare le giornate afose dei senza dimora, c’è anche altro. “Abbiamo una collaborazione con Fassi, il famoso gelataio romano con cui abbiamo iniziato a collaborare – racconta Radicchi -. Stiamo pensando di attivare dei laboratori e ogni tanto ci portano il gelato che condividiamo con gli ospiti. In questo periodo è una bella cosa”.

Tra le diverse attività, c’è anche un progetto realizzato con IncontraDonna Onlus, l’associazione che a ottobre porterà lo screening al seno sui treni delle Ferrovie dello Stato con il progetto Frecciarosa. “Con i suoi volontari abbiamo avviato l’iniziativa Dottor binario che mette dei medici a disposizione degli ospiti del centro”, continua Radicchi. Tra gli altri progetti c’è anche “Bellissima”, realizzato con Ferrovie dello Stato. Scopo del progetto è quello di donare delle giornate dedicate al taglio dei capelli o alla manicure alle donne che si rivolgono agli Help Center dell’Onds. Il servizio sarà attivo per tutta l’estate. Non mancano, poi, i volontari. Nel centro diurno della Stazione Termini, infatti, opera anche l’associazione “Amici del Binario 95”, ma non si tratta di volontariato mordi e fuggi. Con i senza dimora, spiega Radicchi, occorre essere formati. “Fare il volontario soprattutto con una persona senza dimora vuol dire impegnarsi, formarsi e poi affiancarsi – racconta -. Durante l’estate c’è una disponibilità maggiore dei nostri volontari formati, ma attenzione: ben venga il volontariato estivo, ma bisogna essere preparati e aver fatto formazione durante l’inverno”.(ga)