Quali oppressioni viviamo quotidianamente sia perché donne, sia per la nostra età, provenienza geografica, classe sociale, orientamento sessuale ecc.? Come le possiamo affrontare? E come evitare che la conquista della libertà e dei diritti di alcune si traduca in emarginazione di altre? Al Circolo Arci del Monk un laboratorio di teatro forum per sole donne, dove condividere le problematiche più comuni e cercare strategie creative e collettive per affrontarle. Insieme proveremo in scena delle possibili soluzioni che permettano di non sentirci più sole di fronte alle difficoltà che quotidianamente incontriamo nei nostri diversi ruoli, da quello lavorativo a quello genitoriale, dalle relazioni d’intimità allo spazio pubblico. Il laboratorio sarà inoltre una preziosa occasione di socializzazione tra donne rifugiate dei progetti Sprar Aida e donne italiane. Non è importante la conoscenza della lingua italiana: ci esprimeremo con i corpi e non con le parole!

 
Il laboratorio si svolge all’interno della giornata #Withrefugee organizzata dall’Arci e l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), con la collaborazione del Servizio Centrale dello Sprar per sensibilizzare il pubblico sul dramma globale di oltre 65 milioni di persone costrette a fuggire dalle proprie case a causa di guerre, persecuzioni e violazioni dei diritti umani. 
La giornata inizia dal pomeriggio con un programma tutto declinato al femminile: si parte con laboratori e attività dedicate alle donne – alle rifugiate coinvolte nei progetti Sprar Aida e a tutte le donne che hanno voglia di partecipare; si prosegue con il vernissage della mostra “Aida Landtrait – Ogni corpo è paesaggio. Installazione etnografica sull’accoglienza (a cura di Alfonso Prota) e l’esposizione della mappa “JUMA – Refugees Map Service” realizzata dall’Arci nazionale in collaborazione con l’UNHCR.
A seguire, momento conviviale con cibi dal mondo ascoltando il live “Walking Sounds”, con i brani del cd realizzato dall’associazione “Un ponte per…”, frutto di una residenza musicale che ha coinvolto giovani siriani, curdi e iracheni.
A salire sul palco, alle ore 21, Sandro Joyeux che apre il concerto desert blues di Bombino, nigerino di etnia tuareg, musicista capace di dare suono compiuto al deserto e di portarlo con successo in tutto il mondo diventando la prima vera star tuareg.

25 anni fa Roma guardava al mondo. Il 1993 è l’anno del Trattato di Maastricht e il battesimo dell’Unione europea, simbolo di un’apertura verso l’altro che il festival ha deciso di celebrare con una line up dal respiro internazionale in grado di raccontare attraverso i suoi artisti la bellezza di un mondo senza confini e barriere. Ma il 1993 è anche l’anno di “Mani Pulite”, inaugurato con l’arresto di Mario Chiesa nel 1992, in cui la Capitale scopre un mondo di corruzione e malaffare. Sono anni a cavallo tra la fine della prima Repubblica e l’inizio della seconda, anni di transizione, in cui Roma si scopre – oggi come allora – in bilico tra la sua bellezza storica e artistica e le sue eterne criticità.

Anche per questo il tema scelto per la XXV edizione esprime un concetto contraddittorio e ambivalente, come il rapporto dei romani e delle romane con la loro città, come i sentimenti che il pubblico vive durante i diversi momenti di un festival: amori nati e finiti, il concerto da fermare nel tempo e quello da dimenticare, le attese vane e quelle ricompensate. “T’ho amato sempre, non t’ho amato mai” è il concept di quest’anno, dalla forte connotazione sentimentale, che prende in prestito un verso di Fabrizio De André, a cui si rende omaggio il 28 giugno a ridosso del ventennale dalla sua morte.