Si è svolta ieri a Roma la manifestazione organizzata dall’associazione “Non una di meno” contro la violenza sulle donne. Il corteo, a cui hanno partecipato migliaia di persone, è partito alle 14 da piazza della Repubblica ed è arrivato a piazza di Porta San Giovanni. Come gli anni scorsi, la manifestazione è stata organizzata in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che esiste dal 1999 e sarà oggi, domenica 25 novembre. La manifestazione è stata organizzata per ieri perché oggi si tiene, sempre a Roma, l’assemblea nazionale di “Non una di meno”.

 L’assemblea  convocata per il 25 novembre dalle ore 10,00 alle ore 16,00 si terrà presso il Liceo Scientifico Statale Nomentano – Via della Bufalotta, 229. Qui su Google Maps  

Come arrivare:
• il luogo è raggiungibile da Termini con il bus 90 express, direzione Labia per 11 fermate, scendere a Vigne Nuove/Monte Gennaro e poi 850 metri a piedi
• metro B1 fino a Conca d’Oro e poi il bus 86, scendere alla fermata Bufalotta/Fucini (questo é il mezzo che porta più vicino
• metro B1 fino a Jonio e 20 minuti a piedi (2 km).

Non Una Di Meno riconvoca questa assemblea nazionale per dare seguito allo stato di agitazione permanente verso lo sciopero globale delle donne del prossimo 8 marzo.

“I. Forti della tanta strada fatta finora, siamo pronte ad affrontare una nuova sfida, a ridisegnare il campo delle nostre lotte.
Lo faremo a partire dall’analisi del mutato quadro politico, italiano e internazionale, che vede nell’attuale movimento femminista e transfemminista il più esteso e radicale processo di opposizione alla deriva reazionaria in atto a livello globale.

Il prossimo sciopero delle donne si collocherà in questa nuova fase di contrattacco apertamente antifemminista e razzista.
Inquietanti assonanze riecheggiano nelle parole di Salvini e di Bolsonaro, di Trump come di Orban: la guerra contro donne, migranti, trans*, lesbiche, e chiunque non si adegua ai modelli di sessualità dominanti, si fa sempre più esplicita e violenta. La violenza si afferma come ordine del discorso istituzionale, come strumento di governo dei flussi attraverso i confini e nelle metropoli, dei rapporti familiari, sociali e politici, dell’accesso al lavoro e al welfare.

In Italia un piano coerente e organico lega il Ddl Pillon, le mozioni antiabortiste, il DEF e il decreto Sicurezza: si tratta di misure che puntano a minare l’autodeterminazione, riproponendo un modello patriarcale di società utile a giustificare e approfondire l’impoverimento e lo sfruttamento. Il reddito di cittadinanza proposto dal governo consolida infatti la dipendenza economica, creando gerarchie e divisioni.

La violenza maschile sulle donne viene così legittimata a livello sociale e istituzionale. Da un lato si nega che a stuprare siano i maschi e si attaccano i migranti come tali, legittimando così il razzismo. Dall’altro gli stupri sui confini contro le donne migranti e la violenza domestica vengono ignorati. Non a caso tutto questo avviene assieme a una bonifica sociale degli spazi femministi e di ogni forma di solidarietà organizzata, mentre le città affrontano la privatizzazione dello spazio pubblico e la militarizzazione delle strade, in nome della sicurezza e del decoro.

Lo stato di agitazione permanente è una risposta diretta, una sfida a tutto questo: si propone di scandire una temporalità nuova delle nostre lotte, nella convinzione che la ridefinizione delle nostre strategie di mobilitazione sia decisiva per riaffermare la potenza politica e programmatica del movimento femminista. Di qui l’importanza di strutturare le campagne già individuate a Bologna verso lo sciopero dell’8 marzo e oltre.

II. La costruzione dello sciopero richiede la creazione di strumenti nuovi, adeguati al coinvolgimento attivo di reti sempre più ampie, a partire dalla materialità delle nostre vite. È la processualità ciò che dobbiamo rimettere al centro della nostra discussione, rovesciando la prospettiva della pura e semplice scadenza, per fare dell’8 marzo uno spazio aperto e includente, attraversabile dalle molte, moltissime figure del lavoro e del non lavoro, della produzione e della riproduzione sociale; uno spazio di lotta e riappropriazione, il momento di esplosione della nostra forza, accumulata nel lavoro quotidiano e di base, nella costruzione di relazioni e pratiche, di attivazione nei posti di lavoro, nella connessione e nell’intreccio tra locale e globale. Esempi utili in questo senso giungono dalle esperienze fatte in altri paesi, Spagna e Argentina in particolare, dove lo sciopero è stato sciopero generale, materiale e simbolico, vertenziale e politico allo stesso tempo.

Un nodo centrale su cui confrontarci riguarda quindi la definizione degli strumenti di cui dotarci nel lavoro di organizzazione e realizzazione dello sciopero. Decisivo in tal senso sarà discutere di come e in che termini si intende interpellare le strutture sindacali e aprire un confronto pubblico.
Per affrontare in modo esaustivo e produttivo la discussione proponiamo quindi che l’assemblea del 25 novembre si strutturi in due sessioni:

  • I sessione, mattina: Analisi della fase, rivendicazioni e campagne verso lo sciopero femminista dell’8 marzo.
  • II sessione, pomeriggio: costruzione dello sciopero del lavoro produttivo e riproduttivo: percorso di avvicinamento, pratiche e strumenti condivisi di organizzazione dello sciopero, confronto con i sindacati.

Non Una Di Meno chiama a raccolta tutte le sue energie verso lo sciopero femminista. Lo stato di agitazione permanente è appena cominciato!” da Non Una Di Meno

 

Da Rep.it –  Migliaia di persone hanno sfilato per il centro di Roma in occasione della manifestazione ‘Non una di meno’ giunta alla terza edizione, alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.  Da tempo a Roma non si vedeva un corteo così partecipato e vivo. “Siamo 150 mila”, gridavano dal carro dell’organizzazione: a sfilare, in maggior parte donne giovani e di mezza età. Un corteo colorato di fucsia, tra palloncini e fazzoletti, arrabbiato negli slogan contro la violenza degli uomini sulle donne, che ha chiamato ad una ‘agitazione permanente’ contro quello che viene definito “l’attacco in corso alla legge 194” che disciplina l’aborto e contro il ddl Pillon, in discussione in Parlamento sulla riforma del diritto di famiglia in caso di separazioni. E poi lo slogan ‘sorella io ti credo’ scandito per tutto il corteo.

Le organizzatrici hanno ribadito più volte che alla testa dovevano esserci solo donne, gli ultimi uomini sono stati invitati a stare nelle retrovie, perché “oggi siamo noi le protagoniste”, hanno sottolineato le attiviste. Pochi gli esponenti politici in piazza, nessun vessillo, tra loro la ex presidente della Camera Laura Boldrini.

Da Il fatto quotidiano –  “Siamo preoccupate e lo diciamo da tempo. Ma non passeranno:contro questo governo proclamiamo lo stato di agitazione permanente”. Tatiana del movimento Non Una di Meno non ha dubbi, mentre sono in migliaia a sfilare per il centro di Roma per la manifestazione in occasione della giornata contro la violenza sulle donne.

“Altro che governo del cambiamento: è il governo dell’arretratezza” dice ancora Tatiana. “È una situazione sempre più nera – diceLella Palladino, presidente di D.I. Re Donne in rete contro la violenza -.Se è vero che non c’è stato un grossissimo taglio alle risorse destinate al piano nazionale contro la violenza sulle donne, è vero anche che dentro questo governo ci sono persone che portano avanti una grande rivalsa nei confronti delle donne e dei loro diritti”. I 5 stelle? “Si sono sempre espressi con battute molto sessiste – conclude Palladino -. Non avevamo grosse speranze rispetto a questo governo. Ma la realtà supera le nostre peggiori paure”.