«Le donne nascono pari e crescono dispare» ripete Emma Bonino, tra le donne politicamente più attive, nel mondo, e coerenti nelle battaglie di civiltà, oggi particolarmente impegnata sul tema migrazione.
La sua organizzazione, Pari o Dispare (per la parità di genere e contro le discriminazioni multiple), presieduta da Francesca Montemagno, ha promosso, nell’afoso pomeriggio romano del 5 luglio, nella Casa internazione delle donne, il dibattito Donne, immigrazione e integrazione: oltre gli stereotipi, con raccolta di firme per la campagna “Ero straniero. L’umanità che fa bene”, proposta da Emma Bonino, Radicali italiani, molte organizzazioni e sindaci d’Italia, per il superamento del reato di clandestinità e degli stereotipi su persone migranti.

La redazione si è permessa di sottolineare, con una correzione in rosso l’importanza di utilizzare un linguaggio di genere che non cancelli il femminile. si poteva utilizzare o/a oppure l’asterisco evitanto un neutro maschile che cancella l’esistenza del femminile

 

 

Rispetto alla raccolta di firme, Bonino ha sottolineato come «nel nostro paese si sia modernizzato tutto tranne che la burocrazia. Siamo fermi alla raccolta a mano in bella calligrafia, con autenticatore e alla successiva ricerca dei certificati elettorali, che però è una violazione»
Evidenziano l’urgenza d’incrementare «ricerche in tutti settori, sugli stereotipi e le difficoltà che riguardano le donne migranti, due volte oppresse, sfruttate, violentate, ecc.», Bonino ha parlato della necessità «di valorizzare la presenza femminile nel fenomeno migratorio, quale contributo importante per il rispetto reciproco.» Un termine, rispetto, «da preferire a tolleranza che amo poco perchè c’è qualcuno che tollera altri; l’integrazione è un utile esercizio di reciproco rispetto.»
Rispetto alle costanti polemiche sulla migrazione «che nel nostro paese durano pochi giorni e si sciolgono al sole», Bonino ha ripreso il tema della responsabilità dei media nella narrazione tossica sulla migrazione avanzato, in apertura, da  Francesca Koch (presidente dell’Asp gerente la Casa): che ha parlato «di grande bugia che nega le dimensioni reali del fenomeno, punta a dimostrare ogni giorno la gestione emergenziale e accrescere la sensazione di pericolo ove non c’è».
Koch ha anche parlato «della necessità di creare un’idea diversa d’accoglienza» e del Museo della Fiducia e del Dialogo per il Mediterraneo, a Lampedusa, voluto dall’ex sindaca Giusi Nicolini e realizzato con First social life, la Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, e il Comitato 3 ottobre (onlus intitolata alla data del tragico naufragio vicino all’Isola dei conigli in cui perirono 368 migranti e che la propone come giornata mondiale sul tema accoglienza e inclusione).
Nel parlare di migrazione, ha ripresoEmma Bonino, si devono avanzare cifre reali e smetterla d’imputare all’Europa responsabilità che «Bruxelles non ha perché la competenza in materia non è europea. I Paesi membri se la sono tenuta ben stretta. L’Europa non ha potere, la Commissione sovente fa proposte che a furor di stati membri vengono respinte o non vengono applicate» ha detto Bonino, descrivendo un fenomeno migratorio «che al massimo, se proprio saremo intelligenti, saremo in grado di governare, perchè questo problema che non passerà. Bisogna smetterla di dire che l’Europa lascia sola l’Italia e interagire con i singoli stati che sono quelli che ci lasciano soli. Fare attenzione all’elemento femminile, le donne hanno più difficoltà con i permessi di soggiorno.»
Sullo scalpore delle sue dichiarazioni del giorno precedente: «…non pensavo di svelare un segreto di Stato. Il protocollo che rende l’Italia l’unico approdo per lo sbarco dei salvati è un atto pubblico firmato dai 27… e che si cambia solo con l’assenso di tutta la Ue. Premere sui paesi europei non solo è necessario ma doveroso.»
Ha inoltre citato la Direttiva 55 del 2001 che «autorizza il Governo, in caso di numeri ingenti di sfollati e rifugiati, a dare un permesso valido, fino a 12 mesi, su tutto il territorio europeo.»
A sua volta, Linda Laura Sabbadini (Statistica sociale ed editorialista de La Stampa), ha sottolineato «la diversa percezione della migrazione in Italia. Quella delle ultime decadi del Novecento non ha sollevato timori mentre è quella più recente è trattata da elemento divisivo, emergenziale e d’allarme.» Ha ricordato che le radici lontane di ciò che avviene sull’altra sponda del Mediterraneo affondano anche nel colonialismo europeo di non lontana memoria e ribadito: «Nonostante non sia una competenza nostra, Bruxelles si è attivata. Diamo soldi che potenziano attività sinergiche; abbiamo potenziato Frontex; abbiamo iniziato politiche che comprendono anche la migrazione, ovviamente ciò significa badget e risorse e competenze. Dobbiamo prepararci a costruire il futuro di questi paesi ex coloniali in modo migliore. I diritti sono al cuore dell’Europa o tradiamo la coscienza e la ragione d’essere d’Europa (procedure d’infrazione verso chi non ottempera le decisioni vincolanti del Consiglio). Una carenza della nostra società, già multiculturale, è il concetto di canali legali per immigrazione legale. »
Tra le testimonianze di immigrate, Igiaba Scego (giornalista italo-somala) ha parlato dei danni del racconto distorsivo e ‘fantasmagorico’ della realtà che non tiene conto delle tante diversità esistenti nella migrazione, dalle motivazioni alle appartenenze politiche e religiose, specie rispetto all’Islam. «Le mussulmane sono il 20% del totale nella migrazione, la maggioranza è cristiana, specie ortodossa, poi ci sono le buddiste, le atee, eccetera. Noi siamo un paese che ha 200 comunità religiose diverse ma registra molte criticità nelle strategie d’integrazione. La demagogia, utile alle campagne elettorali, non trova però, dall’altra parte, un racconto assertivo sulla positiva presenza di chi è stranier* in Italia. Ci sono timidezze incomprensibili e le menzogne ripetute tante volte diventano realtà che è di forte radicamento della popolazione immigrata in Italia.»
Scego ha anche ricordato che nel 1934, epoca fascista, Sani scrisse Femmina Somala specificando che tale donne erano utili solo a soddisfare “bisogni carnali”.   Madrina del Premio strega europeo vinto da un’autrice tedesca,  Jenny Erpenbelk con Voci del verbo andare (Sellerio ed.), Scego ha auspicato che aumenti l’ascolto più che il parlare della migrazione, con rispetto ai suoi e alle sue protagoniste.
Nell’incontro romano, introdotto da Valeria Manieri (Radio radicale e Pari o Dispare), relatori e relatrici hanno fatto il punto sugli stereotipi più comuni che rappresentano le migranti come donne passive, arretrate, sottoposte, mentre i modelli femminili sono diversi e molteplici, legati alle zone di provenienza.
L’inserimento delle migranti si rileva più nei servizi alle famiglie che nell’industria e patisce un sottoutilizzo delle loro qualificazioni. Sul fronte natalità, oggi un/una nat* su cinque ha un genitore straniero, salendo la percentuale al 20%; circa 90.000 nascite all’anno.
Importante anzi basilare sia il dibattito odierno sull’accesso alla cittadinanza che sul ruolo della scuola su cui è intervenuto Daniele Grassucci (direttore del portale Skuola net) che dopo aver ricordato le lontane ondate d’emigrazione italiana «che affollavano i confini in uscita non in entrata, dell’Italia».
«Nella scuola il 10% della popolazione scolastica è immigrata» ha detto «ma è distribuita in maniere disomogenea; in alcune scuole non c’è un solo studente italiano e sono scuole nelle quali gli italiani tendono a non mandare i loro figli. È una grossa stupidaggine creare classi tutte di non italiani anche perché i ragazzi non notano come i loro genitori l’elemento culturale, non ne fanno un elemento di distanza e barriera. Non hanno problemi nell’andare a fare i compiti a casa dell’altro ma ci sono famiglie che pongono il veto. Bisogna perciò fare un percorso di cittadinanza. L’aver tolto quella materia che era l’educazione civica, crea oggi un problema anche di formazione dell’intera popolazione, nè si può pensare, nell’auspicare la risoluzione di fenomeni xenofobi o razzisti, nell’obsolescenza anagrafica.»
Hanno partecipato all’incontro Sonia Zhou, da 26 anni in Italia e dall’arrivo alle prese con una lingua complessa i cui termini essenziali li ha appresi a partire dal menù; le sue prime parole in italiano sono state “involtini cinesi”.

Sonia Zhou insieme alla serba Ana Laznibat (presidente Atelier Monti) e ad altre protagoniste, compare nel film strana straniera in proiezione a Roma il 12 agosto.