Più che uno spettacolo teatrale, è un concerto in forma drammatica con una straordinaria Petra Magoni che ha intrapreso il suo viaggio musicale lavorando sul mito di Edipo. È nato così, “Il sangue” che da qualche tempo costituiscono il territorio culturale e umano di Delbono. Un artista che  riesce a leggere la situazione sociale e politica  attraverso la propria biografia.

La condizione  di Edipo, spogliata dell’aura mitologica della maledizione divina e della Chimera, dell’assassinio ignaro del padre, e della morte che si dà la madre per aver concepito, con lui figlio, altri figli destinati alla maledizione e all’infelicità, diviene la condizione di sradicamento di oggi.
Siamo costrett* a misurarci con la morte e, peggio ancora, con la vita. Viviamo rapporti malati  o peggio ancora dei non/rapporti che allontanano da speranze e illusioni.   «Solo colui che ha attraversato indenne il confine della vita, solo quell’uomo puoi chiamare felice» dice Sofocle del suo Edipo, e in qualche modo è questa la traccia del percorso che Pippo Delbono e Petra Magoni, con le musiche preziose che Ilaria Fantin traggono da strumenti antichi come il liuto e l’opharion.

Le parole di Pippo trovano eco e musicalità nei ruggiti e nelle cascate vocali di Petra, per poi ricomporsi nelle volute  di melodie rinascimentali, da Peri e Caccini al sommo Monteverdi.

Un racconto di compassione che parte da lontano e arriva fino al presente fatto di madri che ci hanno lasciato, di esuli, di lontananze, di addii e di vite vissute da un’altra parte.  Il pubblico vede prendersi per mano da Sofocle e Leonard Cohen, Sinéad O’Connor e Fabrizio De André. L’anima salva, nel finale, è Bobò, attore-feticcio, sordo, muto e per quarant’anni rinchiuso in un manicomio.