Si allontana l’incubo per Pegah Emambakhsh che non dovrà salire a forza sull’aereo diretto dalla Gran Bretagna alla volta dell’Iran, dove l’aspetta la morte per lapidazione. Grazie anche al lavoro della diplomazia italiana presso le autorità britanniche, la lesbica iraniana detenuta nei pressi di Sheffield dal 13 agosto e colpita da un decreto di espulsione dovrebbe la sospensione del rimpatrio e avere lo status di rifugiato in Gran Bretagna. La {{notizia della sospensione è stata data nel corso del sit in che si è svolto davanti all’ambasciata britannica}}, a Roma, dal presidente dell’Arcigay Aurelio Mancuso, ma era stata già anticipata, seppure con cautele, da esponenti di governo. Secondo Mancuso, che ha citato come fonte il ministro dei Diritti e delle Pari Opportunità Barbara Pollastrini, il governo britannico ha deciso un ulteriore rinvio della partenza dell’aereo che dovrebbe portare Pegah in Iran.

Qualche ora prima era stata la stessa {{Pollastrini}} ad affermare che sulla vicenda “giungono primi segni di schiarita. Il rimpatrio forzato sembra per il momento rinviato”, ricordando che “l’impegno del governo Prodi per i diritti umani continuerà in questa come in altre vicende drammatiche”.

Dopo la condanna, nei giorni scorsi, dell’atteggiamento di Londra e la disponibilità del governo e anche delle forze di opposizione – ribadita da Rocco Buttiglione (Udc) – ad accogliere Pegah in Italia, a prevalere sono i toni dell’ottimismo. Secondo il ministro della Solidarietà Sociale, Paolo Ferrero, la mobilitazione che si è realizzata a difesa dei diritti di Pegah Emambakhsh sembra aver già indotto le autorità inglesi a rinviare il rimpatrio della donna in Iran, ora si tratta di intervenire perché la sua vita non sia più in pericolo”. A metà pomeriggio anche il vice ministro degli Esteri Patrizia Sentinelli aveva affermato che “si aspetta a breve una risposta positiva” da parte del governo britannico.

A favore della donna iraniana, in mattinata, era intervenuto Franco Frattini, vice presidente della Commissione Ue che, pur precisando l’assenza di contatti formali tra l’esecutivo europeo e la Gran Bretagna, ha ricordato che secondo il diritto internazionale, “c’é un divieto all’estradizione quando in patria c’é il rischio di morte”. E ha invitato Londra a “sospendere il rimpatrio” perché in questi casi occorre far prevalere la tutela della persona. Intanto la mobilitazione a favore di Pegah si allarga.
_ Il caso è approdato al Parlamento europeo su iniziativa del radicale Marco Cappato mentre la vicepresidente {{Luisa Morgantini}} ha sollecitato l’Unione europea a prendere “una chiara posizione contro questa palese violazione della legalità, intimando alla Gran Bretagna di bloccare definitivamente, e non solo rinviare, il rimpatrio di Pegah, se non si vuole che la credibilità dei Paesi Ue venga minata da queste decisioni indecenti, che vanno contro la tutela della persona e che rischiano di trasformare la Carta dei diritti umani fondamentali in lettera morta”. Un segnale della disponibilità britannica è venuto anche nel corso del sit in organizzato da Arcigay, Arcilesbica e dal Gruppo Everyone davanti alla sede diplomatica del Regno Unito.

L’ambasciatore Edward Chaplin ha annunciato il capogruppo dei Verdi alla Camera, Angelo Bonelli, incontrerà il ministro dell’Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio assieme al presidente di Arcigay Aurelio Mancuso. Il ministero degli Interni di Londra continua a mantenere il consueto riserbo sulla questione, ma i media hanno cominciato a dare risalto alla vicenda di Pegah. Il quotidiano Guardian ha intervistato alcuni membri del Gruppo EveryOne, che ha manifestato a Roma in sostegno della quarantenne iraniana e sui siti internet si moltiplicano le iniziative di solidarietà.

Fonte: Ansa – eloisa.gallinaro@ansa.it