Una “buona notizia” l’approvazione del decreto legislativo nel Consiglio dei ministri di oggi, ma preoccupa l’ipotesi che il passaggio alle Camere possa bloccare l’iter.   Bene la mossa del governo uscente di varare una parte dell’attesa riforma del sistema penitenziario nel Consiglio dei ministri di oggi, ma prima di cantare vittoria occorre attendere: l’iter legislativo non è ancora completo e potrebbe trovare un Parlamento diverso da quello della scorsa legislatura.

È un’esultanza a denti stretti, quindi, quella del mondo delle associazioni alla notizia del via libera alla riforma penitenziaria. “È sicuramente una buona notizia – spiega Patrizio Gonnella, presidente di Antigone -. È un passo in avanti su temi delicati come la salute psichica, l’accesso alle misure alternative, la vita interna alle carceri, i rapporti con l’esterno, il sistema disciplinare. Purtroppo alcune norme essenziali sono rimaste al palo, come quelle sui minori o sulla sessualità”.

A preoccupare, però, è soprattutto quello che accadrà da oggi in poi. Il testo dovrà tornare necessariamente alle Camere per poter procedere e c’è il rischio reale che a doversi esprimere siano i nuovi parlamentari eletti lo scorso 4 marzo che colorano in modo diverso l’arco parlamentare rispetto alla 17ma legislatura. “Dunque c’è ancora da fare pressione e da non allentare la tensione – spiega Gonnella – poiché, in questa fase post-elettorale, i tempi potrebbero dilatarsi e la delega decadere. C’è infatti tempo fino ad inizio luglio per approvarla”. A chi in queste ore ha parlato di norma salva-ladri, Gonnella risponde che “non ci saranno cambiamenti radicali. Chi urla parlando di svuota-carceri è in malafede, perché non è vero, non si svuota proprio nulla. Chi parla di 41-bis svuotato dice il falso. Il 41-bis non c’entra proprio nulla e non è stato minimamente toccato. È una riforma – conclude Gonnella – che interviene solo su alcuni aspetti della vita detentiva. Si poteva fare di più, ma è un passo in avanti. Sempre che gli ultimi passaggi legislativi siano portati a termine a breve”.

Soddisfatto il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, che in una nota si congratula con il governo uscente per aver inviato alle Camere “il primo e principale decreto legislativo di attuazione della legge delega 103/2017” e di aver saputo “non disperdere l’occasione di portare a compimento l’approvazione del nucleo principale e più atteso della riforma penitenziaria”. “Ancorché non si tratti del testo esaustivo – si legge nella nota del Garante -, completo di tutte le parti della riforma dettate dalla legge delega, quello che è stato avviato al traguardo è infatti certamente il nucleo più qualificante e atteso, che riporta l’esecuzione della pena in assetto con i principi della Costituzione. La riduzione degli automatismi che limitano o impediscono l’accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative alla detenzione in carcere, con la conseguente restituzione al giudice del diritto-dovere di valutarne caso per caso l’applicabilità, l’ampliamento delle possibilità di ammissione a un’esecuzione penale che non sia esclusivamente di natura carceraria, la revisione del modello di vita penitenziaria in attuazione dei precetti costituzionali e delle indicazioni degli organi sovranazionali, sono gli elementi che fanno di questo decreto il cardine della trasformazione dell’esecuzione penale e della cultura della pena per la quale si è messo in moto il lungo lavoro partito dagli Stati Generali dell’esecuzione penale nel 2015”.

Sull’approvazione della riforma sono intervenute anche Ilaria Cucchi e Irene Testa, esponenti dell’associazione Stefano Cucchi Onlus. “Apprendiamo con soddisfazione l’approvazione della riforma carceraria che porta la firma del ministro Andrea Orlando – spiegano -. Ci auguriamo ora che il prossimo governo possa dare attuazione ad una riforma importante e attesa da decenni come quella di oggi. Più studio, più lavoro, vuol dire meno recidiva. Con questa riforma, oggi siamo più vicini al dettato Costituzionale”. Soddisfazione espressa anche da Alessandro Pinna, presidente dell’Isola Solidale, che da oltre 50 anni accoglie detenuti che si trovano agli arresti domiciliari, in permesso premio o che, giunte a fine pena, si ritrovano prive di riferimenti familiari e in stato di difficoltà economica. “Siamo assolutamente convinti che il carcere debba essere una misura non punitiva, ma riabilitativa – spiega Pinna -, e per questo è importante che venga previsto un percorso di reinserimento sociale per i detenuti. Chi viene da noi, impara nuovamente a relazionarsi con il mondo esterno e molto spesso trova anche una via che possa evitargli di tornare in carcere in futuro, poiché insegniamo loro anche alcuni mestieri, a lavorare in una falegnameria, in un carrozziere o in un orto. Tutto ciò aiuta queste persone a non sentirsi escluse definitivamente, ma accettate, e quindi favorisce il loro definitivo allontanamento dal mondo della delinquenza”.

A lanciare un appello al nuovo Parlamento è Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII. “Ci appelliamo al nuovo Parlamento affinché approvi in via definitiva il provvedimento di riforma del carcere: l’Italia ha bisogno non solo della certezza della pena, ma anche della certezza del recupero”. Per Ramonda, “La sicurezza vera dei cittadini è garantita dal corretto funzionamento delle carceri. Le persone che hanno sbagliato devono giustamente pagare per i loro errori, ma devono anche essere rieducate – continua Ramonda –. È quello che facciamo nelle nostre Comunità dove accogliamo carcerati che scontano la pena con misure alternative al carcere. Per chi esce dal carcere la tendenza a commettere di nuovo dei reati, la cosiddetta recidiva, è purtroppo molto alta: tra il 75 e l’80 per cento dei casi. Invece nelle nostre comunità, dove i detenuti sono rieducati attraverso esperienze di servizio ai più deboli, i casi di recidiva sono appena il 15 per cento”.

Anche per gli Assistenti sociali sperano in un passaggio parlamentare veloce e in continuità col testo. “L’auspicio  – spiega Gianmario Gazzi, presidente del Consiglio nazionale degli assistenti sociali – è che il Senato, dove il provvedimento dovrà tornare prima della sua definitiva trasformazione in decreto legislativo, operi celermente consentendo che il nostro paese abbia finalmente in dotazione quelle modalità di esecuzione penale esterna che tutti gli indicatori scientifici in tema di carcerazione mostrano essere indispensabili per abbattere la recidiva”.

(16 marzo 2018)