Il convegno che si è svolto l’8 aprile a Milano, “Vite al lavoro. Donne e uomini nella crisi: letture e proposte del femminismo italiano”,
è stato un inizio. Credo sia responsabilità delle donne e degli uomini che erano presenti fare in modo che continui, se davvero ci preoccupa la condizione che il lavoro impone alla vita. Auspicando che la mediazione tra uomini di sinistra, per riconoscere il valore del pensiero femminista, non si fermi e che nascono agorà in tante città.Finalmente ha incrociato Maurizio Landini, il nuovo segretario nazionale della Fiom a Milano, il Sottosopra “[Immagina che il lavoro->http://www.libreriadelledonne.it/Stanze/Lavoro/Documenti/Manifesto_pareri.htm]” del Gruppo Lavoro della Libreria delle donne di Milano.
_ Un incontro, quello di venerdì a Milano in Cgil, che potrebbe essere fondante per un testo che ribalta il nostro concetto di lavoro immaginato sul maschile, rivoltandolo come un calzino dall’unico altro punto di vista usabile: la prospettiva delle donne.

Salta tutto del lavoro che conosciamo: organizzazione, orari, tempi, democrazia, linguaggio, simbolico, vita.
_ E mi sembrava utopico, in questo quadro, immaginare un incontro possibile tra pensiero femminista e pensiero maschile, ormai persino biologicizzato, e Fiom, il sindacato più maschile. Invece è successo. La mediazione, sensibile al pensiero femminista, di alcuni uomini dell’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra con un altro uomo politico a loro vicino è riuscita a farli incontrare, insieme ad altri due testi femministi più recenti sul tema: “L’emancipazione malata. Sguardi femministi sul lavoro che cambia” (Ed. Libera Università delle donne di Milano 2010) e AA.VV. “Se 60 ore vi sembran poche” (Dattiloscritto: [dichiarazionelavoridonne.xoom.it->http://dichiarazionelavoridonne.xoom.it], [www.ilavoridelledonne.it->http://www.ilavoridelledonne.it]).
_ Ne è nato il convegno “Vite al lavoro. Donne e uomini nella crisi: proposte del femminismo italiano”, raccontato sul Manifesto di domenica da [Bia Sarasini->http://www.donnealtri.it/merci-desideri/674-se-si-incontrano-vita-e-lavoro.html].

A Reggio Emilia, non so dalle tante altre parti in cui lo si è fatto, avevamo presentato il Sottosopra invitando Mirto Bassoli, segretario della Camera del lavoro, Tiziano Rinaldini e altri sindacalisti che hanno interloquito con lui – le donne del sindacato pur invitate invece non si sono prese la libertà di venire – ma la cosa per motivi vari si era poi fermata lì.
_ Adesso con Milano la questione è ripartita, finalmente con un respiro nazionale.

Ma a Milano non è stato amore a prima vista con Landini, forse im-possibile. No, è stata una disponibilità a conoscersi. Ma importante perché senza questa occasione chissà quando si sarebbero incrociati, se Maurizio Landini, con l’onestà che gli è propria, riproponendo la sua lettura, anche drammatica, delle difficoltà in cui si dibatte oggi un sindacato nel difendere il lavoro, ha confermato che non aveva mai sentito parlare prima delle proposte femministe sul lavoro.

Certo diventa difficile, forse impossibile, uscire dallo schema in cui si è cresciuti e cogliere immediatamente la rivoluzione che le donne propongono al nostro universale modello del lavoro. Infatti Aldo Tortorella ha sentito il bisogno di sottolineare come sia complesso il ruolo di un Segretario Fiom, che deve cercare risposte urgenti alle crisi sindacali, che Landini comunque definisce anche globali, anche se per Lia Cigarini esistono però da 20 anni senza aver incontrato ancora una rivolta.

Questa questione della rivolta di Lia ha aperto un significativo interrogativo sulla tenuta del modello sindacale e del lavoro per come lo conosciamo. Lia comunque, ha poi presentato come risorsa: la modalità dell’incontro, della relazione per trovare un nuovo linguaggio e un nuovo simbolico. Un modello di ricerca differente, in più rispetto a quello maschile e già sperimentato dalle donne, per cercare di riuscire a capire insieme: donne e uomini, quale altro modo può assumere la forma del cambiamento, oltre all’urgenza.

Giordana Masotto, una delle firmatarie del Sottosopra, ragionando sul sindacato e di come sollevare un conflitto positivo sul lavoro ricorda tra l’altro come non sia vera la convinzione espressa da Susanna Camusso del femminismo fermo alla soglia del sindacato e Maria Grazia Campari si chiede invece chi sia stato a chiudere la porta al femminismo dentro al sindacato. E’ quella stessa Campari che da subito si era definita contraria sul Paese delle donne al modello Sottosopra, e che invece oggi ha saputo cambiare la propria prospettiva.

Ma era tutta l’aria che si respirava lì tra femminismi diversi che faceva sperare in uno stare più coeso tra femministe. Sembra si sia preso atto dell’importanza del momento al punto da rovesciare la crisi in un’opportunità di cambiamento da agire tutte insieme se si vuol far leva sugli uomini sensibili alla decadenza che hanno creato.
_ E forse comincia a funzionare da collante la proposta, inedita per il femminismo, di Via Dogana di dicembre (Gruppo lavoro della Libreria delle donne) di costruire un’agorà libera dove incontrarsi a discutere maschi e femmine dell’impasse che viviamo sul lavoro, fortemente intrecciato, come ha detto non per caso Lea Melandri, con l’amore.

Un tema che il pensiero del lavoro oggi non concepisce e che Alberto Leiss nella sua introduzione, dopo Luisa Boccia, media ricordando l’esperienza genovese non valorizzata dell’amico Franco Sartori, quando negli anni ’80 aveva messo in relazione l’inquinamento vissuto dagli operai in Italsider con le donne che avendo casa e famiglia intorno all’azienda vivevano la loro stessa condizione e insieme territorio e fabbrica, mogli e mariti avevano cambiato le condizione di lavoro…

Non assalti individuali alla torre più alta, come ci hanno abituato oggi quindi per esistere, ma relazione, sempre e comunque, dentro e fuori la fabbrica, con tutte le attrici e gli attori che la condividono anche sul territorio. Non siamo al ribaltamento ipotizzato dalle donne, ma certamente ad un modo per uscire dall’isolamento: relazionandosi e magari arrivare a concepire un’interdipendenza tra lavoro e amore, senza che l’uno sopraffaccia l’altro e si viva per lavorare, invece del contrario. Molti altri sono stati gli interventi importanti che non cito per economia di spazio.

Landini ha comunque concluso dicendosi preoccupato per la democrazia. Avendo appena ascoltato Luce Irigaray a Macerata mi è venuto in mente il titolo di un suo libro “{La democrazia comincia a due}” e che anche quella può preoccupare diversamente se, quando viene declinata, come il lavoro non si dà con il vecchio neutro con cui lo si immagina.

Insomma è stato un inizio. Credo sia responsabilità delle donne e degli uomini che erano presenti fare in modo che continui, se davvero ci preoccupa la condizione che il lavoro impone alla vita. Auspicando che la mediazione tra uomini di sinistra, per riconoscere il valore del pensiero femminista, non si fermi e che nascono agorà in tante città.

E’ di ieri un ms Tim sulle donne italiane che lavorano “3 ore e 40 minuti in più dei loro uomini e che è la 4° disparità di sesso tra i paesi dell’Ocse”. Penso ci sia davvero un intreccio ineludibile tra “amore e lavoro”, come ci ha ricordato Lea Melandri, nelle nostre vite che definisce persino la democrazia.