Il referendum abrogativo è uno strumento di esercizio della sovranità popolare ed è uno strumento
di democrazia diretta perchè permette agli elettori di esprimere direttamente il proprio volere su un
tema specifico.
Per poter esprimere un giudizio quanto più consapevole possibile sui temi oggetto di referendum
abrogativo è necessaria un’adeguata informazione.
A questo scopo sono state scritte le righe che seguono.Il 12 e il 13 giugno gli elettori sono chiamati ad esprimersi sui seguenti {{quattro quesiti
referendari}}

– {{Quesito n. 1}} – {{ {Abrogazione di norma sulle Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di
rilevanza economica.} }}

Con il {{quesito n. 1}} si chiede la cancellazione (abrogazione) dell’articolo 23-bis della legge 133
del 2008, come modificato in particolare dalla legge 166/2009, nota come “decreto Ronchi”, sulla
modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.
_ Il quesito {{riguarda i servizi pubblici locali di rilevanza economica }} (acqua, rifiuti, trasporti locali), ad
eccezione dei settori esclusi (distribuzione di gas naturale ed energia elettrica; gestione delle
farmacie comunali; trasporto ferroviario regionale).

{{Tra i servizi pubblici locali di rilevanza economica c’è dunque il servizio idrico integrato oggetto
della campagna referendaria}}.
_ Esso è costituito dall’insieme dei servizi pubblici di captazione,
adduzione e distribuzione di acqua per usi civili, di fognatura e depurazione delle acque reflue.

{{Per capire meglio la portata del quesito referendario n. 1}} occorre ricordare che il servizio idrico
locale è stato di recente interessato da due riforme:
_ {{La prima riforma}}, introdotta dalla [legge n. 166/2009->http://www.parlamento.it/parlam/leggi/09166l.htm] (di conversione del D.L. n. 135/2009,
cosiddetto “Decreto Ronchi”), ha riguardato le modalità di conferimento della gestione dei servizi
pubblici locali, tra i quali quelli idrici.
_ Non riguarda quindi la privatizzazione delle{{ risorse idriche e
delle infrastrutture idriche che rimangono di proprietà pubblica}}.

La legge 166/2009 ha modificato l’art. 23 bis della legge 133 del 2008.
_ Nella nuova formulazione
l’art. 23 bis distingue tra forme di affidamento “in via ordinaria” ed “in deroga”.
_ Le modalità di
affidamento in via ordinaria sono:
_ a) in favore di imprenditori o di società in qualunque forma
costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica (ovvero tramite gara);
_ b) in favore di società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del
socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica (ovvero tramite gara), le quali
abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione di specifici compiti operativi
connessi alla gestione del servizio e che al socio privato sia attribuita una partecipazione non
inferiore al 40 per cento.
_ Sono affidamenti in deroga, dunque eccezionali e giustificati sulla base di “situazioni eccezionali
che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del
contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato”e
sottoposte ad autorizzazione da parte dell’Autorità garante del mercato:
_ c) quelli a società a capitale
interamente pubblico, partecipata dall’ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall’ordinamento
comunitario per la gestione in house.

Viene poi previsto anche un regime transitorio per i servizi pubblici locali di rilevanza economica a
seconda che si tratti di affidamento in house, di affidamenti a società miste e di affidamenti a
società a partecipazione pubblica quotate in borsa.
_ L’art. 23 bis riduce drasticamente, dunque, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle
di gestione in house che sono attualmente quelle prevalenti in Italia, {{imponendo invece
l’affidamento a gara e l’ingresso del socio privato}} (mediante gara) nelle società pubbliche.
_ Si
ricorda, peraltro, che la [sentenza n. 325 del 2010 della Corte Costituzionale->http://www.giurcost.org/decisioni/2010/0325s-10.html] ha affermato che
l’affidamento in house del servizio idrico integrato, come di altri servizi pubblici a rilevanza
economica, è invece compatibile con l’ordinamento europeo.

{{Il fine del quesito n. 1 è di escludere l’applicazione dell’articolo 23-bis}} (come risultante dalle
modifiche della L. 166/2009), che limita, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento
diretto e, in particolare, quelle di gestione in house dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica (acqua, rifiuti, trasporti locali).

{{ La seconda riforma riguardante i servizi idrici}} è stata introdotta dalla [legge n. 42/2010->http://www.camera.it/parlam/leggi/10042l.htm] che ha
previsto la soppressione, poi prorogata al dicembre 2011, delle autorità d’ambito (cioè quei soggetti
pubblici costituiti tramite convenzioni o consorzi di comuni che hanno il compito di organizzare,
affidare e controllare la gestione del servizio) e contemporaneamente l’identificazione di nuovi
soggetti cui demandare l’organizzazione e il controllo della gestione del servizio idrico locale.
_ Le
Regioni, in assenza di ulteriori indicazioni normative, sono quindi libere di decidere l’assegnazione
delle funzioni a Province o comuni oppure a enti posti a livello regionale, o di studiare altre opzioni.
_ {{Da un lato, quindi, si accelerano processi di privatizzazione della gestione dei servizi}} (Riforma I:
riguardante i soggetti gestori), e {{dall’altro si eliminano gli attuali enti preposti alla vigilanza,
regolazione e controllo}}, e all’affidamento del servizio, lasciando alle Regioni il compito di
identificare i nuovi soggetti e le loro funzioni (Riforma II: riguardante i soggetti
regolatori/controllori).

-{{ In caso di esito positivo del referendum}} (quesito n. 1), verrebbe cancellato l’articolo 23-bis della
legge 133 del 2008, come successivamente modificato, e {{si applicherebbe immediatamente
nell’ordinamento italiano la normativa comunitaria}} (meno restrittiva rispetto a quella oggetto del
referendum) relativa alle regole concorrenziali minime in tema di gara ad evidenza pubblica per
l’affidamento della gestione di servizi pubblici locali di rilevanza economica.

– {{Quesito n.2}} – { {{Abrogazione parziale di norma sulla determinazione della tariffa del servizio idrico integrato
in base all’adeguata remunerazione del capitale investito.}} }

Con il quesito n. 2 si chiede la cancellazione (abrogazione) di un’inciso del comma 1
dell’articolo 154 del [decreto legge 152 del 2006->http://www.camera.it/parlam/leggi/deleghe/06152dl.htm] che riguarda la {{determinazione delle tariffe del
servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito}}.
_ Il comma citato attualmente in vigore stabilisce che “la tariffa del servizio idrico integrato è
determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli
adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della
remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una
quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’ambito, in modo che sia assicurata la
copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi
e secondo il principio “chi inquina paga”.

Tutte le quote citate della tariffa del servizio idrico
integrato hanno natura di corrispettivo”.
A questo proposito, la [Corte Costituzionale ha precisato nella sentenza n. 26 del 26 gennaio 2011->http://www.giurcost.org/decisioni/2011/0024s-11.html]
che {{il servizio idrico integrato è un servizio a rilevanza economica}}, cioè deve essere svolto con
metodo economico, ovvero secondo il principio della copertura dei costi mediante i ricavi.

Essenziale, quindi, secondo questa interpretazione è la sola copertura dei costi. Pertanto, secondo la
Corte Costituzionale, il carattere remunerativo della tariffa, ovvero la remunerazione del capitale
investito, non può essere definito elemento caratterizzante la nozione di «rilevanza» economica del
servizio idrico integrato.

– {{
In caso di esito positivo del referendum (quesito n. 2)}}, verrebbe {{cancellata la parte
“dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”}} dell’art. 154 del Decreto Legislativo
n. 152/2006, così{{ escludendo che la tariffa sia calcolata anche tenendo conto del profitto del
gestore}}.
_ Rimarrebbe fermo solo il principio della copertura dei costi di investimento e di esercizio,
rendendo estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua.

– {{Quesito n. 3}} – {{ {Abrogazione parziale di norme sulle Nuove centrali per la produzione di energia nucleare.} }}

Con il quesito n. 3 si chiede la {{cancellazione (abrogazione) delle norme che permettono la
realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare}}.
_ La sorte di questo quesito è {{per ora sospesa}}, dal momento che il Senato ha approvato in data 20
aprile 2011 l’inserimento in un decreto-legge, cosiddetto “decreto omnibus”, di un emendamento
col quale verrebbero abrogate tutte le norme oggetto del quesito referendario e farebbe quindi venir
meno i presupposti del quesito stesso, ma anche su questo per ora non c’è chiarezza
({{L’emendamento recita}}: “{al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche, mediante il supporto
dell’Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto
dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione
europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione
ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare}”).

Dopo
l’approvazione del Senato, spetta ora alla Camera approvare a sua volta l’emendamento inserito nel
decreto, che dovrà poi essere promulgato dal Presidente della Repubblica. _ Dopo la pubblicazione
sulla Gazzetta ufficiale, si dovrà esprimere la Corte di Cassazione per esaminare le novità e
decidere in merito al quesito referendario sul nucleare. L’ufficio centrale per i referendum presso la
Corte di Cassazione potrebbe anche infine investire della questione la Corte Costituzionale.
_ {{Dunque, per il momento, il quesito referendario sul nucleare resta ancora valido}} e dipenderà dalla
Corte di Cassazione (ed in ultima eventuale istanza dalla Corte Costituzionale) deciderne il destino.

– {{Quesito n. 4}} – {{ {Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento
del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei Ministri a comparire in udienza penale, quale
risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte Costituzionale.} }}

Con il quesito n. 4 si chiede di cancellare (abrogare) la [legge n. 51 del 7 aprile 2010->http://www.eius.it/normativa/2010/004.asp]
“{{ {Disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza} }}”. _ Tale legge, costituita da un
solo articolo, prevede per il Presidente del Consiglio dei Ministri e per i Ministri che l’esercizio
delle attività previste dalle leggi e dai regolamenti (cioè tutte le attività istituzionali), nonchè di
ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di Governo, costituisce {{legittimo impedimento a
comparire nelle udienze dei procedimenti penali in cui sono imputati}}. I giudici in base a questa
legge sono obbligati ad accettare la richiesta di legittimo impedimento e rinviare il processo ad altra
udienza.
_ L’impedimento si applica anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado.

La sorte di questo quesito era rimasta sospesa per la [sentenza della Corte Costituzionale n. 23 del 13
gennaio 2011->http://www.giurcost.org/decisioni/2011/0023s-11.html]. La Corte Costituzionale pronunciandosi sulla legittimità costituzionale della legge n.
51 del 7 aprile 2010, aveva infatti dichiarato, per violazione degli artt. 3 («tutti i cittadini hanno pari
dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, …») e 138 (che prevede una procedura rafforzata
per l’approvazione delle revisioni costituzionali) della Costituzione, l’illegittimità dell’art. 1,
comma 4, della legge n. 51/2010 relativo all’ipotesi di impedimento continuativo e attestato dalla
Presidenza del Consiglio dei ministri, e l’illegittimità dell’art. 1, comma 3, nella parte in cui non
prevede che il giudice valuti in concreto l’impedimento addotto.

A seguito della sentenza della Corte Costituzionale, l’Ufficio Centrale per il referendum presso la
Corte di Cassazione ha stabilito, con ordinanza del l febbraio 2011, che {{il referendum sul legittimo
impedimento debba esser comunque effettuato e il quesito referendario riformulato tenendo
presente quanto deciso dalla Corte Costituzionale}}, ovvero l’illegittimità costituzionale di alcune
norme e l’interpretazione di altre norme della legge 7 aprile 2010, n. 51.

– {{In caso di esito positivo del referendum}}, verrebbero quindi {{cancellate le norme della Legge n.
51 del 7 aprile 2010 che non sono state ritenute illegittime dalla sentenza n. 23/2011 della Corte
Costituzionale}}.

* {Ricercatrice EURAC, Istituto per lo Studio del Federalismo e del
Regionalismo}