“Il vento della rivoluzione soffia sui paesi arabi”, ce lo ripetono i media italiani che hanno alla fine, sotto l’incalzare delle tragiche notizie dalla Libia, messo in evidenza l’importanza di ciò che sta avvenendo sulle sponde mediterranee rispetto ai fatti di casa nostra. Ma ce l’hanno affermato anche con orgoglio e speranza due testimoni importanti dall’Algeria e dalla Tunisia alla Casa internazionale delle donne a Roma.Un pomeriggio pieno di passione politica è quello passato a Roma sabato 19 febbraio con {{Chérifa Bouatta}}, (docente di Psicologia, Università di Algeri, autrice di numerosi saggi tradotti anche in Italia, dove l’abbiamo incontrata altre volte) e {{Souad Trik}}i (docente all’Institut National Agronomique de Tunisie e presidente dell’Aftourd associazione delle donne democratiche tunisine), due donne autorevoli con alle spalle un laoro minuzioso, non vistoso con associazioni di donne a partire dai loro diritti.

L’incontro, organizzato grazie alla rete di relazioni stabilita negli anni dall'[Imed->http://www.imedweb.eu] – istituto per il mediterraneo (presente {{Maria Grazia Ruggerini }} impegnata in prima fila nella collaborazione con le reti del Magreb), si è svolto mentre cominciavano ad arrivare le notizie dell’infiammarsi della sistuazione libica, nelle stesse ore in cui ad Algeri si svolgeva una marcia delle donne (la seconda di questo ultimo periodo).

Giustamente {{Souad Trik}}i è partita dal sottolineare la sua delusione di fronte al fatto che in Italia si sia parlato poco e male di questa “rivoluzione” che, come sottolinea, prelude alla costruzione di {{una nuova geopolitica mediterranea, araba e probabilmente del mondo intero}}.

Sia Souad Triki che Chérifa Bouatta hanno sottolineato come nei loro paesi ci fosse {{da anni una situazione di movimento}}, una situazione esplosiva a causa del deficit democratico, delle disuguaglianze nella ridistribuzione della ricchezza, della corruzione. {{Chérifa Bouatta}} ha detto esplicitamente che l’Algeria è ricca, non c’è un problema di povertà di risorse, ma di sistema mafioso dell’entourage politico, di mancanza di diritti.

{{La “rivoluzione dei gelsomini” è una “rivoluzione della dignità”}}, dice Souad Triki. “Libertà, dignità, eguaglianza, giustizia, no alla corruzione” sono le parole d’ordine del movimento rivoluzionario in Tunisia.

Le due testimoni sono ben consapevoli delle differenze che ci possono essere nell’insorgere della rivoluzione a secondo della situazione di ogni paese a partire però da un comune deficit di democrazia. In forme diverse{{ le donne sono presenti}} nelle manifestazioni a sottolineare l’importanza dei diritti delle donne. In comune hanno l’orgoglio di rivendicare l’autonomia dei percorsi rispetto a possibili ingerenze dall’esterno; la rivoluzione è di tipo nuovo senza leadership precostituite, con la partecipazione di tutti: giovani, donne, operai, professionisti… La rivoluzione democratica è possibile,
chiedono solidarietà, attenzione ma non interventi diretti.

Chérifa Bouatta sottolinea, in questo senso, l’importanza della costituzione in Algeria della{{ “Coordination nationale pour le changemet e la democratie”}}. Da altre fonti giunge, per quanto riguarda la Tunisia, l'[appello->http://affrica.org/riflettori-spenti-la-rivoluzione-continua-in-tunisia/] del {{Comitato provvisorio per la protezione della rivoluzione }} al popolo tunisino e ai comitati locali, da una parte per vigilare sulla situazione e dall’altra per contribuire al percorso di costruzione dell’Assemblea costituente.

Certo in futuro sarà determinante il ruolo degli eserciti che hanno funzioni diverse a seconda dei paesi.

Oggi, sotto l’incalzare delle tragiche notizie dalla Libia, c’è il rischio che i riflettori si spengano sulla rivoluzione negli altri paesi del Nord africa e, a testimonianza della differenza di come può girare il vento della rivoluzione, giungono gli appelli della {{[Tavola della pace->http://www.perlapace.it/index.php?id_article=6099]}}, sul ruolo delle armi italiane vendute alla Libia, e [“Fermiamo il massacro in Libia” ->http://cipiri.blogspot.com/2011/02/fermiamo-il-massacro-in-libia.html] che accompagna la prima mobilitazione in piazza, oggi a Roma.