Hillary Clinton
Hillary Clinton

Le femministe si dividono: la nomination di Hillary Clinton alla Casa Bianca è un momento storico di cui tutte le donne dovrebbero gioire o il fatto che sia una donna è del tutto insignificante visto che si tratta di una esponente del più classico degli establishment politici e quel che conta sono le politiche che ha annunciato e che porterà avanti?

Non c’è dubbio che l’altro candidato alle primarie democratiche americane, Bernie Sanders, fosse più progressista, volendo anche più femminista di Clinton, ma non riconoscere il fatto che una donna candidata alla Casa Bianca è comunque di un evento storico è miope. Proprio come storica fu l’elezione di Obama, un nero alla Casa Bianca, e il giudizio sulle politiche che ha poi portato avanti non può offuscare questo dato di fatto. E, ovviamente viceversa: il fatto che Obama sia nero non rende le sue politiche automaticamente progressiste. Idem per Clinton.

Il punto è che avere un nero (o un ispanico, o un indio ecc) o una donna alla presidenza degli Stati Uniti è un oggettivo passo avanti non perché i neri o le donne garantiscano appunto politiche progressiste ma perché il fatto che siano giunti a quelle posizioni significa che non sono stati preventivamente esclusi in quanto neri o donne. Non mi pare poco. Il che non significa che con Hillary Clinton alla Casa Bianca, Christine Lagarde al Fondo monetario o Virginia Raggi al Campidoglio abbiamo risolto i problemi delle donne e dell’umanità. Anzi, è persino possibile che queste donne si facciano complici di politiche conservatrici. Significa però che forse, molto molto lentamente, il dominio del maschio bianco nelle stanze dei bottoni si sta allentando e questo rappresenta un oggettivo elemento di giustizia nei confronti di quelle porzioni di popolazioni finora di fatto escluse in quanto appartenenti a una razza, a un genere ecc. Rimangono ovviamente le abissali ingiustizie e diseguaglianze di classe, che però sono per così dire “universali”, riguardando anche il mondo maschile. E contro quelle ovviamente bisogna lottare. È quindi comprensibile per esempio che molte donne e molte femministe abbiano sostenuto la candidatura di Sanders (fossi americana probabilmente lo avrei fatto anche io), proprio alla luce del suo programma. Meno comprensibile è rifiutarsi categoricamente di riconoscere la portata storica di questa nomination, anche senza averla sostenuta. A suo modo anche quella di Sanders, per altri motivi, lo sarebbe stata e le due cose non si escludono.

E allora, è possibile notare con soddisfazione la nomination di una donna alla Casa Bianca senza per questo doverne condividere le politiche e esserne fan scatenate? Sì, si può. Perché, come sempre, la logica che regge le cose del mondo e della politica non è quella semplicistica e semplificatoria dell’aut-aut ma quella complessa e a volte difficile da digerire dell’et-et.

Care amiche e compagne femministe, dobbiamo forse rassegnarci al fatto che le donne, esattamente come gli uomini, sono portatrici di valori, visioni del mondo, posizioni politiche anche molto distanti dalle nostre. Ma il fatto che non siano escluse in quanto donne è una vittoria anche nostra.