Nella puntata di Mattino Cinque di qualche giorno fa, l’avvocata Anna Maria Bernardini de Pace sottolineava come sul caso Genovese la responsabilità fosse della vittima, perché non doveva recarsi alla festa. Sono rimasta indignata da quell’intervento, pertanto ci tengo a spiegare e sviscerare determinati concetti.
Sappiamo benissimo che la violenza contro le donne è un problema sociale e culturale, dunque bisognerebbe intervenire su un piano culturale – formativo e su un piano politico.
Innanzitutto formare gli psicologi, gli assistenti sociali, le forze dell’ordine, medici, infermieri e tutti coloro che entrano in contatto con una donna vittima di violenza. Bisognerebbe intervenire nelle scuole, con dei corsi sugli stereotipi di genere e l’affettività, insegnare ai bambini e alle bambine a esperire e gestire le emozioni “negative”, come la rabbia, la tristezza e la paura. Sappiamo benissimo che la violenza contro le donne è il prodotto di un retaggio culturale: donne ammazzate “in quanto donne”, cioè donne che hanno deciso di uscire da uno stato di subalternità, per emanciparsi economicamente, socialmente e culturalmente.
Un’attenzione particolare andrebbe rivolta ai media, soprattutto ad alcuni programmi televisivi che fanno victim blaming, ovvero colpevolizzano la vittima, dandole la responsabilità della violenza subita. Bisognerebbe usare termini come “femminicidio”, “femmicidio”, “avvocata”, “architetta” etc.
Bisognerebbe estirpare il pregiudizio del “se l’è cercata”, dire che una donna è libera di ubriacarsi e recarsi a una festa, senza correre il rischio di venire additata dai media. La colpa è dello stupratore, non si può giustificarlo, semplicemente perché una ragazzina è andata a una festa. Domandiamoci: meritava di essere seviziata 20 ore? Non dovrebbe un giornalista o un programma televisivo prestare attenzione a evitare stereotipi e pregiudizi di genere, parlare con un linguaggio rispettoso e consapevole e  non spettacolarizzare una violenza? Come si può minimizzare o negare la responsabilità dell’uomo violento?

Credo anche che gli ostacoli che le donne incontrino, quando parliamo di violenza di genere, sono soprattutto legati a mancanza di sostegni che possano aiutarle a uscire dalla violenza. Se una donna è dipendente dal partner economicamente, sarà difficile per lei allontanare il suo aguzzino. Ci vogliono delle politiche di welfare che aiutino le donne a emanciparsi economicamente, perché vedete, quando parliamo di violenza non si parla solo di maltrattamenti, molestie e stupri, si parla di ciò che in Sociologia definiamo “Soffitto di Cristallo”, ovvero quando a parità di mansione, la donna percepisce un reddito inferiore a quello dell’uomo, per non parlare delle posizioni che occupa, sempre inferiori rispetto all’uomo (non abbiamo mai avuto una Presidente del Consiglio) ed è quasi sempre una fascia debole nel mercato del lavoro. Come può una donna, allontanare il carnefice, se è anche vittima di violenza economica? Bisognerebbe potenziare anche i centri Antiviolenza, fornendo loro più fondi in termini economici e renderli più omogenei su tutto il territorio nazionale.
La violenza contro le donne va prevenuta e contrastata tutti i giorni.

Insegniamo agli uomini a non stuprare e non alle donne a non recarsi alle feste.