Il Ministro si accorge che serve la perequazione verso l’alto dell’età pensionabile di maschi e femmine ed in un sussulto di animo europeista ci informa che è l’Unione Europea che ce lo chiede.Le donne oggi si trovano a dover conciliare lavoro, maternità e servizi di
assistenza in una Italia sempre meno attenta. Si parifica l’età di pensionamento ma non si parla di una stessa parificazione all’interno del mondo del lavoro.

Le donne italiane si trovano ad essere, più spesso dei colleghi maschi, vittime di lavoro precario e discriminazione, senza parlare della disparità di stipendio e anzianità contributiva che spesso per una donna è inferiore a 20 anni.

Quindi {{se, in linea di principio, non è sbagliato rapportarsi ai paesi europei}} in cui uomini e donne vanno entrambi in pensione a 65 anni, bisogna però tenere in considerazione tutto il meccanismo del sistema contributivo degli altri paesi, dove le donne sono aiutate e sono ben felici di rimanere al lavoro qualche anno in più, poiché più gratificate nella loro professione, adeguatamente retribuite e tutelate.

Non voglio certamente citare dati e riferire quanto, sia difficile per le donne
italiane arrivare nei posti di comando per determinare quei cambiamenti nell’
organizzazione e nella concezione del lavoro che potrebbero sostenere la loro
presenza nel mondo del lavoro

Ed il governo non aiuta certamente questo processo e non lo aiuta il ministro
Sacconi, ministro del Welfare (in questo caso si fa per dire) quando alcuni mesi fa ha annunciato la cancellazione della legge sulle dimissioni volontarie.
_ Qual è questa legge? Si tratta della {{legge 1538}} il cui scopo era impedire il licenziamento mascherato da dimissioni volontarie.

Le dichiarazioni di dimissioni volontarie sarebbero state valide solo se si
utilizzavano appositi moduli distribuiti esclusivamente dagli uffici provinciali del
lavoro e dalle amministrazioni comunali.
_ Questi moduli, contrassegnati da codici alfanumerici progressivi e da una data di emissione non erano più contraffabili

Ma grazie a Sacconi torniamo all’ingiustizia diffusa.

Molte donne prima di essere assunte saranno costrette a firmare una lettera di dimissioni. Di nuovo una lettera senza data e senza alcuna motivazione, ma che offre al datore di lavoro la possibilità di licenziare la donna in qualunque momento usando quanto lei stessa ha scritto.

È una legge utilizzata soprattutto con le donne nel caso che rimangano incinte. La maternità è costosa e le aziende e lo Stato non possono farsene carico.
_ I dati della Cgil parlano di circa 18mila donne che ogni anno chiedono assistenza legale per estorsione di finte dimissioni volontarie. Secondo un’indagine del 2002, svolta dal Coordinamento delle donne delle Acli, sono almeno il 25 per cento le false dimissioni volontarie connesse quasi sempre alla
maternità. Per entrambe le organizzazioni si tratta di un fenomeno
sottostimato.
_ E’ questa l’attenzione alle donne, è questa la volontà di uguaglianza che il Governo vuole perseguire?

È, soprattutto, questo che l’Europa ci chiede?