Tra domenica 18 e lunedì 19 marzo sono state uccise due donne (Immacolata e Laura), che si vanno ad aggiungere alle vittime di una guerra ormai quotidiana e domestica. Gridare “basta!”, inveire contro il “mostro” di turno rischia di far passare in secondo piano il silenzio irresponsabile, ipocrita, per non dire omertoso degli uomini che, avendo una qualche visibilità pubblica – politici, intellettuali, giornalisti, ecc.- ancora esitano a riconoscere ai femminicidi, e cioè alla violenza maschile, la gravità sociale culturale e politica che ha.

È intollerabile che questa carneficina resti confinata nella “casistica” – raptus, gelosia, odio per le donne ecc.-, che come tale non va aldilà della patologia del singolo, lasciando in ombra il rapporto di potere e la cultura di secoli che si porta dentro questa barbarie.

È in questa cultura che vanno cercate e nominate le cause, le ragioni profonde che vedono comparire la violenza dentro i luoghi e le relazioni che ancora più o meno inconsapevolmente continuiamo a chiamare “normali”.

Per rendersi conto di quanto sia fuori di ogni misura e giustificazione questo silenzio da parte maschile, basta provare a rovesciare le parti (una specie di prova del nove): donne che quasi ogni giorno ammazzano mariti, fidanzati, fratelli, figli. Si fermerebbe il mondo.

Se non accade per i femminicidi, è perché ancora restano coperti dal sessismo inscritto nelle istituzioni, nel senso comune, e, come dice Pierre Bourdieu, “nell’oscurità dei corpi“.

Insomma un vero silenzio degli uomini sui femminicidi e in generale della violenza maschile contro le donne, sui rapporti di potere e la cultura secolare che ne è il fondamento più o meno consapevole. Tuttavia non è sempre stato così. Da quando uscì nel novembre 2004 segnato da Laura Eduati, il Rapporto di Amnesty International da cui emergeva che ma violenza maschile, soprattutto quella di mariti padri fidanzati, rappresenta la prima causa di morte e invalidità per le donne tra i sedici e i quarantaquattro anni i tutto il mondo, il giornale Liberazione, diretto allora da Piero Sansonetti, cominciò a pubblicare una serie di coraggiosi articoli sulla questione. Si aprì così un dibattito, grazie in particolare ad Angela Azzaro, che partiva da una domanda provocatoria – “Uomini, perché uccidete le donne?” -, e con altrettanto coraggio qualcuno scrisse “Perché uccidiamo le donne? Lo so perché non l’ho ancora fatto”.

Cominciò allora anche per me, che già collaboravo al giornale, una riflessione sulla violenza manifesta in ambito domestico, di cui avevo fatto nella famiglia d’origine dolorosa e duratura esperienza, che mi porterà al libro Amore e violenza pubblicato da Bollati Boringhieri nel 2011. Chi volesse leggere gli articoli usciti su Liberazione dal 2004 al 2006 può trovarli sul libro Nel cuore della politica a cura di Angela Azzaro e Carla Cotti, edito da M.R.C. Spa, come supplemento a Liberazione. Difficile o impossibile forse da trovare, ma spero che a qualche editore venga voglia di ristamparlo. Conteneva, tra l’altro, una serie di articoli sulla problematica queer: “Corpi menti desideri identità tecnologie”

pubblicato anche su Comune info