Giorgia Serughetti -Ricercatrice all’università di Milano-Bicocca, è autrice di Uomini che pagano le donne (Ediesse, 2013) e di Libere tutte. Dall’aborto al velo, donne nel nuovo millennio, con Cecilia D’Elia (Minimum fax, 2017).

Vi segnalo questo articolo ubblicato il 30 dicembre 2018 da Giorgia Serughetti su Femministerie e ripreso dal blog del Coordinamento donne di Trieste

Le donne sono ovunque, titolava nel 2014 l’ultimo numero della storica rivista della Libreria delle donne di Milano, Via Dogana. È questa la sensazione che provo, osservando questo scorcio di secolo in cui la lotta per la giustizia ha sempre più spesso il volto di donne coraggiose, e la deriva autoritaria delle democrazie ha quello del ritorno del mito degli uomini forti.

Per il Time le persone dell’anno 2018 sono i “Guardiani” della verità e della libertà di informazione, un gruppo di giornalisti e giornaliste coraggiose tra cui spicca il nome di Jamal Khashoggi ma anche quello di Maria Ressa, reporter filippina, fondatrice del sito web Rappler, che riceve quotidianamente minacce di morte dal governo di Duterte. «Faccio la giornalista da trent’anni, e non solo non ho perso l’entusiasmo e la voglia di svelare le menzogne, ma penso che le sfide che ci troviamo di fronte oggi richiedano ancora più forza» ha dichiarato Ressa in un’intervista a L’Espresso. «Non è un momento facile per fare il nostro lavoro, ma è forse quello in cui ha più senso farlo, perché oggi i nostri valori e la nostra missione sono più chiari. La tecnologia non ha morale e non ha valori: e i leader autoritari hanno capito come sfruttare questa mancanza di etica».

L’Espresso nomina a sua volta le sue “persone dell’anno”, e le individua in quella “meglio gioventù” rappresentata da Antonio Megalizzi, giornalista di 28 anni rimasto vittima dell’attentato di Strasburgo dell’11 dicembre; Silvia Romano, cooperante di 23 anni rapita in Kenya di cui ancora non si hanno notizie; Ana Isabel Montes Mier, trentunenne capo missione dell’Ong Proactiva sulla nave Open Arms che salva naufraghi nel Mediterraneo; e altri, e altre. Soprattutto, altre. Colpisce, infatti, guardando le scelte del settimanale, la netta preponderanza di donne in quella gioventù indicata come esempio e speranza per il futuro. Tra queste, Emma González, che ha 17 anni e guida il movimento “March for Our Lives” per il controllo delle armi; e Paola Egonu, stella della nazionale italiana di pallavolo, che con il suo semplice agire e parlare abbatte uno ad uno gli stereotipi sessisti, omofobi e razzisti.

Appartiene senz’altro alla meglio gioventù del nostro tempo anche Greta Thunberg, quindicenne di Stoccolma che ogni venerdì protesta davanti al Parlamento svedese contro il cambiamento climatico che minaccia il pianeta e la debolezza delle politiche dei governi. E così la campionessa di scacchi Anna Muzychuk, ucraina, 27 anni, che ha rifiutato di gareggiare in Arabia Saudita, dove troppe sono le violazioni ai diritti delle donne e le restrizioni della loro libertà. Ma gli esempi sono moltissimi.

Di fronte alla forza e alla capacità di mobilitazione e trasformazione sociale messa in campo da tante giovani nel mondo, intristisce e preoccupa l’assenza delle donne dall’agenda politica (e dalla stessa politica) del nostro paese. La politica di cui parlo non è quella che invade le piazze, di cui le donne sono grandi protagonista, ma quella del governo e di istituzioni indebolite e screditate, da cui questa forza femminile appare lontana, e che sembra anzi intesa a colpirla e umiliarla. E la politica dei partiti che, anche a sinistra, restano largamente sordi alle istanze delle donne e del femminismo.

Altrove le donne stanno ridando corpo e senso alla parola cambiamento anche nelle istituzioni rappresentative, come hanno mostrato le candidate e le elette alle ultime elezioni USA di midterm, o – per fare un altro esempio – l’europarlamentare Judith Sargentini, che ha ottenuto voto favorevole al suo rapporto sulla violazione dei principi fondativi dell’Unione Europea da parte dell’Ungheria di Orbán. Non così in Italia, per ragioni che sarebbe troppo lungo analizzare.

Non sorprende, perciò, che L’Espresso abbia scelto di affiancare alla copertina sulla “meglio gioventù” una controcopertina sulla “peggio politica”. Non è però insistendo sulla polarizzazione tra società e politica che si può risolvere la crisi di rappresentatività e credibilità di partiti e istituzioni. Né la strada può essere solo quella della cooptazione della migliore società civile nelle partite elettorali. Solo comprendendo fino in fondo la forza che le donne stanno ovunque esprimendo, solo mettendosi in ascolto delle voci che si levano e dell’urgenza dei temi che pongono, la politica, almeno quella che intende proporsi come progressista, può sperare di guarire se stessa.