A. Aziende. Promuovere un reale cambiamento organizzativo per consentire a uomini e donne di conciliare tempi di vita e tempi di lavoro, favorire le carriere delle donne, garantire la parità salariale.

B. Bilancio di genere. Che ogni amministrazione, dal governo centrale ai comuni, valuti le proprie decisioni di bilancio in un’ottica di genere, per capire se vanno ad aumentare o diminuire le disuguaglianze attuali; e che ogni amministrazione dichiari in che misura gli obbiettivi che si propone con le proprie scelte di bilancio contribuiscano alla diminuzione delle disuguaglianze di genere.

C. Congedi di paternità obbligatori. Per un periodo di tempo non simbolico – da 6 a 12 settimane – nell’arco dei 4 mesi dopo il parto. Non si tratta più di aiutare le donne a conciliare casa e lavoro, ma di redistribuire il lavoro di cura tra donne e uomini.

D. Distretti family-friendly. Mettere in rete le piccole imprese per rendere più facili e meno costose le pratiche di conciliazione famiglia-lavoro, per il riequilibrio dei ruoli, per la gestione del part-time.

E. Età della pensione. Che tornino alle donne – in termini di spesa per servizi di cura e conciliazione – tutti i risparmi derivanti dall’aumento dell’età pensionabile delle donne.

F. Fisco. No al quoziente familiare, sistema che penalizza le donne che lavorano. Sì a un fisco “women friendly”, con concessione di Working Family Tax Credit alle tipologie di donne a rischio di bassi salari e di esclusione del mercato del lavoro, e fiscalità di vantaggio per le imprese che offrono servizi di cura.

G. Giovani. C’è un’intera generazione a rischio, sul mercato del lavoro. Sistema contrattuale, regole, regime fiscale e contributivo, vanno ripensati per ridurre la flessibilità “subìta” e lasciare in piedi una flessibilità positiva, utile per la conciliazione dei tempi di vita e lavoro di donne e uomini.

I. Imprenditrici. Monitorare la discriminazione di genere nell’accesso al credito; sostenere le imprenditrici in maternità; “bollino rosa” negli appalti pubblici, per allargare la presenza dell’imprenditoria femminile.

L. Legge 40. Vogliamo una procreazione assistita accessibile anche per le donne single e lesbiche.

M. Maternità. Eliminare completamente i costi della maternità che restano a carico del datore di lavoro, e trasferirli a carico dell’Inps o della fiscalità generale.

N. Nidi e altri servizi. Serve una strategia nazionale dei servizi per la cura, che tolga il peso alle famiglie e riconosca in modo pieno e adeguato le professioni di cura.

O. Occupazione. Una strategia di genere per uscire dalla crisi prevede: misure orientate al sostegno del lavoro femminile, un rilancio della domanda pubblica che privilegi le infrastrutture sociali, un piano dei servizi per la cura degli anziani.

P. Pendolari. Aumento delle risorse per il trasporto collettivo, per arrivare a una riduzione dei tempi di spostamento nelle città. (Quasi tutto il tempo “recuperato” dalle donne che lavorano in termini di riduzione del lavoro domestico è assorbito dagli spostamenti).

Q. Quote. Democrazia paritaria, economia paritaria: 50 e 50, ovunque si decide. La legge sulle quote di genere nei Cda delle società quotate, va immediatamente attuata, con miglioramenti, nelle società pubbliche e municipalizzate.

R. Ru 486. Renderla disponibile in tutti i consultori, fare in modo che la terapia farmacologica venga somministrata secondo un protocollo unico nazionale che rispecchi il più possibile le evidenze e le indicazioni scientifico-mediche della comunità internazionale.

S. STEM (Science Technology Engineering Mathematics). Prevenire la segregazione disciplinare con un’educazione primaria impegnata ad abolire gli stereotipi di genere tra i banchi di scuola, nei programmi e sui libri di testo. Le ragazze sono brave in matematica e scienze e l’80 per cento delle professioni del futuro richiederà competenze digitali e scientifiche.

T. Tempi di vita. Liberare il tempo delle donne, l’Italia è il paese europeo con gli orari di lavoro più lunghi e le donne sono quelle che hanno meno tempo per sé perché dedicano più ore al lavoro domestico e di cura familiare e perché più spesso subiscono le lungaggini e i rallentamenti dovuti alle inefficienze della burocrazia dei servizi. 

U. Uomini. Tutto ciò farebbe bene anche a loro.

V. Violenza. Un centro antiviolenza ogni 100mila abitanti, così come indicato dalla Convenzione di Istanbul.

Z. Zero obiettori. Mai più regioni blindate come quelle del Sud, dove l’obiezione dei ginecologi supera l’80% – arrivando in Molise al 97%. Garantire un accesso sicuro all’interruzione volontaria di gravidanza in tutti i presidi ospedalieri significa anche evitare un sovraccarico di utenza per poche strutture che rende il servizio lento e inadeguato.