Per Uscire dalla finta realtà in cui stanno cercando di imprigionarci, ritrovare il senso concreto delle cose, non ragionare in termini
istituzionali, rompere il meccanismo della delega, aprire un nuovo immaginarioAbbiamo condiviso a modo nostro, come tanti altri gruppi in tutta Italia, le recenti manifestazioni delle donne per il grande desiderio di libertà, di parola e di autonomia che in sostanza ci accomunava tutte,
oltre che naturalmente per il disgusto rispetto a un governo e a tutto un ceto
politico che ci fa
inorridire, ma anche con uno sguardo fortemente critico rispetto ad alcune visioni
del femminismo
che stanno emergendo.

Non vorremmo che la miseria sociale, culturale e politica in cui stiamo precipitando
finisse per
sdoganare un modello femminile legalitario, perbenista, addirittura “nazionalista”,
intriso di vecchio
patriarcato… Insomma, brave donne italiane ammantate di tricolore purché
antiberlusconiane.

Questa retorica nasconde in particolare il fatto che noi, per essere nate in Italia,
siamo dalla parte
della barriera che crea oppressione, divide e discrimina le persone secondo
un’ideologia identitaria
che pervade tutto l’Occidente e crea società in cui il cerchio dell’esclusione si va
sempre più
allargando. Un’esclusione che si aggiunge al silenzio sulle violenze contro le donne
e sul perdurare
del nodo irrisolto che riguarda il rapporto fra i sessi.

Il nostro collettivo è proprio nato dal rifiuto di accettare queste barriere e dal
desiderio di esplorare i
nessi fra le politiche di controllo che hanno consentito il nascere di Centri di
identificazione ed
espulsione, dove rinchiudere donne e uomini migranti bollati come “illegali”, e ciò
che limita e
ingabbia le nostre vite di cittadine cosiddette “legali”.

Come fare a rendere visibile e concreto il conflitto che ci contrappone radicalmente
a queste
politiche, a questo modello di società, a questa idea di città e di mondo? Da cosa
iniziare?

Possiamo partire dal desiderio di mescolarci con le donne provenienti da altri
paesi, superando così
le divisioni imposte. Possiamo provare a condividere pratiche di relazione da
attivare qui e ora e
piccoli esperimenti di socialità urbana alternativa. Uscire dalla finta realtà in
cui stanno cercando di
imprigionarci, ritrovare il senso concreto delle cose, non ragionare in termini
istituzionali, rompere il
meccanismo della delega, aprire un nuovo immaginario, inaugurare luoghi d’incontro e
scambio di
saperi ed esperienze, inventare forme di economia alternative rispetto al
consumismo… Insomma,
riprendiamoci almeno in parte la città e lo spazio pubblico, il tempo della vita e
delle relazioni. Voi
cosa ne pensate?

Vi invitiamo il 4 maggio alle 18.30 in corso di Porta Nuova 32 per scambiare
esperienze, costruire proposte, prenderci spazi, creare relazioni… e stare bene
insieme!

– [https://leventicinqueundici.noblogs.org->https://leventicinqueundici.noblogs.org]
– [venticinquenovembre@gmail.it->mailto:venticinquenovembre@gmail.it]