C’è una profonda verità nelle parole con cui Maria Paola sottolinea che Marina Pivetta ha reso alle altre ciò che ha sentito e vissuto. Lo ha fatto con atti e parole ferme, mai remissive e allo stesso tempo intensamente dialoganti. Forte, come era, del suo modo di intendere la politica femminista come modifica in primo luogo del senso e del limite di sé nella relazione con le altre, lo praticava rivendicando l’esercizio della professione giornalistica come servizio e promuovendo come tale anche il governo della cosa pubblica. Con questa dichiarata intenzionalità politica lei e la redazione del Foglio, poi del Paese delle donne On line, hanno regalato al protagonismo politico femminile e femminista una spazio pubblico di presa di parola diretta e la paziente tessitura e ritessitura di relazioni tra donne diversamente situate in luoghi, associazioni, movimenti, istituzioni che cercano di modificare il senso e il modo di essere al mondo. Per produrre, come Marina sollecitava, non solo opposizione verbale e contrapposizione, ma fatti politici capaci di incidere e sovvertire le forme e i modi in cui si manifestano nelle nostre e altrui esistenze rapporti di potere che si vorrebbero dati. In questo, resta per moltissime, per me, sorella – maestra nella vita come nella politica.

Erminia Emprin