I colori di Marina sono tanti, il rosso della sua casa con Stefano e Paola a Castelluccio; il verde del muschio della panchina di pietra nel portico del Castello; gli autunni del bosco di castagno dalle grande foglie gialle e tutti i colori delle altre stagioni; l’arancione dei tramonti romani;  il bianco dei lunghi corridoi della Casa internazionale delle donne di Roma e del grandissimo terrazzo sul tetto della sua casa a San Giovanni che Stefano e Marina avevano fatto diventare una “casa” per tutti i condomini; il rosa della rivista Il Foglio de il Paese delle donne;  i colori sbagliati delle prove della prima stampa del giornale cartaceo e il colore giusto delle successive, i colori della rivista online; il marrone delle sedie di legno e la ruggine del balconcino della stanza, che affaccia sul cortile del Buon Pastore, dove si tenevano le prime riunioni della redazione e l’azzurro che mi descrisse ad un convegno “servirebbe un azzurro più indefinito, senza bordi”; era figlia di un pittore Marina, amava e sentiva l’arte; nella Redazione aveva portato un armadietto dipinto da suo padre e, quando la Redazione ha lasciato la stanza, l’ha regalato a me perché mi tenesse compagnia. Paoletta, Elena, Daniela, Francesco, Arianna, io e altri, siamo cresciuti con la redazione.

C’è il giallo dei suoi tanti post-it che attaccava sullo schermo del computer con numeri e date; il grigio delle nuvole cariche di pioggia di Porretta Terme quando ci ha salutato e la nebbia bianca che sale dal mare a Venezia.

Sono tanti i suoi luoghi, i suoi colori, i suoi linguaggi, i suoi insegnamenti ed i suoi spazi di condivisione. Tante le impronte e le tracce che ci lascia. A noi il compito di custodire e proseguire.

Ogni volta che le parlavo di un progetto artistico nuovo mi diceva allora ti auguro buon viaggio: buon viaggio Marina.

A Stefano e a Paoletta e a tutta la loro parentela, il mio più affettuoso abbraccio.