E’ veramente difficile accettare la perdita di una persona rara come Marina. La laicità in questo non aiuta, manca la convinzione di poterla rivedere in un altro luogo e il dolore non fa altro che crescere. E del resto, come non rimpiangere una compagna come lei, dall’anima e dagli occhi trasparenti, amica della libertà che ha amato fino all’ultimo.  Lei che con le sue domande colte mi diede voce parlando di associazionismo femminile, un settore di studi cui negli anni Ottanta e Novanta tentavo di dare una legittimazione scientifica. Anima nobile che non sporcava mai con litigi poco degni gl’ideali femministi, rimasti trasparenti negli anni.  Lavoratrice senza riposo, ma poco amante della visibilità, le sarebbe dovuto, quanto meno a chiare note il riconoscimento della capacità professionale: giornalista e scrittrice in avanti sui tempi, traduceva in parole femministe gl’ideali di giustizia sociale e di progresso. Direttora guerriera del Paese delle Donne fino alla fine, intravedo nella memoria la sua testa bianca e i lineamenti delicati, fra il pubblico che affollava annualmente la Casa Internazionale delle Donne per il Premio attribuito ogni anno alle bravure femminili; ma bisognava sempre chiamarla, per ringraziarla, perché certo l’esibizionismo non era nelle sue corde. Preferisco ricordarla quando qualche anno fa quando presentammo la Mostra sul voto delle donne nella bellissima sede da lei generosamente messa a disposizione, Castello Manservisi a Porretta Terme, vicino ai luoghi bolognesi della Resistenza, così simile a lei, una Resistente.