Sappiamo quanta fatica hanno fatto e stanno facendo le donne per far valore le loro capacità nelle istituzioni. E, se fanno degli errori è il contenuto di questi che va criticato, non la persona.Con il tempo siamo riuscite a difenderci dalla violenza di parole sessiste pronunciate a fior di labbra per la strada o urlate in famiglia o, con tono ammiccante, nei posti di lavoro. In queste situazioni da tempo ormai siamo riuscite ad azzittire individui esibizionisti che le usavano come un fallo aereo.
Quando però questi insulti arrivano attraverso la rete stordiscono, quasi paralizzano. Non possiamo irrigidirci in una passività ancestrale. Dobbiamo trovare nuove strategie non solo per difenderci ma anche per cambiare la cultura di chi ci sta insultando.
Non ci si può più limitare ad un atto individuale. Perché? Perché le parole in rete non hanno un interlocutore, ne hanno migliaia! Le offese sessiste alla Presidente Boldrini non hanno offeso solo lei, ma tutte le donne che le hanno lette. Con una aggravante: la violazione di un simbolo.
La Presidente è una figura istituzionale. Ma, non una come le altre, Laura Boldrini ha dichiarato la propria appartenenza al genere cosa che non tutte fanno quando si siedono su scranni ad impronta maschile.
Sappiamo quanta fatica hanno fatto e stanno facendo le donne per far valore le loro capacità nelle istituzioni. E, se fanno degli errori è il contenuto di questi che va criticato, non la persona.
Esprimere sdegno non basta, é necessaria una solidarietà a ragnatela capace di invischiare, con il filo di nuovi atteggiamenti culturali, la pochezza di chi esprime la propria violenza usando frasi e parole tanto aggressive da apparire come simulazioni di stupro.