Nelle ultime settimane il muro dei media sulla Palestina è stata per brevi momenti rotto dalle immagini della giovanissima Ahed Tamimi, bella e coraggiosa, che prende a schiaffi e calci un soldato israeliano. Sono dilagate sui social. Abbiamo sentito la sua rabbia contro un’occupazione crudele e infinita, il suo dolore per l’uccisione recente di altri due ragazzini nella stessa area, per il ferimento grave del cugino colpito in faccia da una pallottola. Tutto questo durante le manifestazioni contro la decisione, illegale e provocatoria, di Trump di fare di Gerusalemme la capitale di Israele

Nel mondo arabo ci sono valutazioni diverse sulla lettura occidentale della vicenda di Ahed Tamimi. Una cara amica, attivista palestinese, mi dice che Ahed è diventata un personaggio noto in Occidente per i suoi caratteri che la fanno somigliare a una di noi, non nasconde una sottile accusa di razzismo. Ahed è bionda, con i capelli al vento, gli occhi azzurri, non sarebbe stato lo stesso se fosse stata bruna e con il capo coperto, dice.

Invece su Al Jazeera english si legge tutt’altro, in un articolo di Shenila Khoja-Moolji che denuncia l’indifferenza occidentale, in particolare del femminismo, verso questa ragazza:  “Cerca giustizia contro l’oppressione, piuttosto che un potere di cui beneficiare lei stessa. Il suo femminismo è politico, invece di essere concentrato su beni primari e sesso. Il suo potere femminile minaccia di rivelare la faccia brutta del colonialismo e  per questo è considerato “pericoloso”. Il suo coraggio e la sua impavidità mostrano chiaramente tutto ciò che è sbagliato in questa occupazione».

Ahed Tamimi nel corso di una manifestazione

Penso che al di là della polemica mediatica e delle “icone” che essa stessa crea, chiunque sia democratico, solidale, difensore dei diritti umani in modo non selettivo, debba porsi il grande problema che la resistenza di queste ragazze e ragazzi palestinesi fa emergere, e agire di conseguenza, non voltarsi dall’altra parte di fronte alla crescente involuzione della politica israeliana, del suo sistema legislativo sempre più illegale, dei comportamenti dell’ esercito di occupazione sempre più brutali.

Negli ultimi anni c’è stata una escalation di violenza militare contro i giovanissimi resistenti che sono, come le donne, attori storici della resistenza palestinese. Basta dare uno sguardo ai siti Unicef, Amnesty international e di tante associazioni in Italia e nel mondo, compresa l’israeliana B’ Tselem, per rendersene conto. Si calcola che dal 2000 oltre 10.000 minori palestinesi sono stati arrestati, anche bambini, talvolta solo per il lancio un sasso.

L’ escalation militare è sostenuta da quella legislativa. Negli anni si sono moltiplicate le leggi punitive contro i palestinesi, in particolare minorenni. Dal 2016 anche i bambini palestinesi di dodici anni possono finire in carcere.  la “Legge dei giovani”, approvata in seconda e terza lettura (trentadue voti a favore, sedici contrari e un astenuto), consente l’incarceramento dei dodicenni colpevoli di “reati terroristici” (assassinio, tentato assassinio o omicidio colposo). La legge dei giovani è parte di una serie di disposizioni messe a punto dall’esecutivo israeliano durante la cosiddetta “Intifada di Gerusalemme”. Infatti nel luglio 2015 il parlamento israeliano, la Knesset, ha approvato un provvedimento che prevede fino a venti anni di carcere per chi, “intenzionalmente”, lancia pietre. Gli anni diventano dieci se non dovesse essere provata la “volontarietà” del gesto. All’arresto si aggiunge il rischio di perdere la cittadinanza e l’ annullamento dell’assicurazione sanitaria nazionale e dei benefit dei servizi sociali anche per le famiglie del condannato. (Nena News, 4 agosto 2016)

In questo momento sono in carcere circa duecentottanta minori, le immagini e le notizie di violenze, comprese le torture, sono quotidiane. Solo pochi giorni fa un diciassettenne palestinese è stato ucciso, dopo essere stato colpito dall’esercito di occupazione israeliane (Iof) nella città di Deir Nidham, a sud di Ramallah. Musab al-Tamimi, è morto per una grave ferita alla testa causata da un proiettile letale, secondo Il ministero della Sanità palestinese. (Infopal, gennaio 2018)

Già nel 2013 un dossier*, redatto dalla Commissione Onu sui diritti dei bambini, racconta che negli ultimi undici anni sarebbero stati arrestati, torturati e violentati settemila bambini tra i nove e gli undici anni. Vengono maltrattati durante e dopo l’arresto, vengono ammanettati e bendati in modo tale che non possano vedere dove vengono portati. Accade spesso nei confronti di ragazzini che lanciano sassi contro i blindati israeliani nel corso di incursioni notturne. Ai genitori  viene nascosto il luogo di detenzione dei figli, quindi i bambini detenuti non vedono più i loro genitori. Il dossier, lungo venti pagine spiega che una volta nelle carceri i minori vengono torturati sia fisicamente che psicologicamente, vengono infatti minacciati di morte, gli viene negato il cibo, acqua e l’accesso ai bagni, e spesso vengono violentati.

Molti articoli, anche di anni precedenti, ci parlano della escalation legislativa e militare contro ragazzi e ragazze che si ribellano all’occupazione. Va rotto il silenzio impressionante che avvolge questi crimini, adesso forse incrinato grazie al coraggio di Ahed Tamimi e di tanti suoi coetanei.

Gideon Levi, giornalista israeliano che scrive sul quotidiano Haaretz, in un recente articolo  denuncia con amarezza e indignazione l’indifferenza della società israeliana “… Eppure anche l’aspetto ‘non arabo’ di Ahed Tamimi non è riuscito a toccare alcun cuore qui. Il muro di disumanizzazione e demonizzazione che è stato costruito attraverso vili campagne di incitamento, propaganda e lavaggio del cervello contro i palestinesi ha sconfessato anche la bionda di Nabi Saleh… Gli israeliani non sono più in grado di identificarsi con una ragazza coraggiosa, anche quando assomiglia alle loro figlie, solo perché è palestinese. Non c’è più alcun palestinese che possa toccare il cuore degli israeliani. Non c’è alcuna ingiustizia che possa ancora destare la nostra coscienza, che è stata completamente estinta”. (Bocche scucite, 1/1/2018).

Negli stessi giorni un’altra notizia apre una piccola speranza: la ribellione di giovanissimi israeliani al  servizio militare. A fine dicembre su Haaretz, in un articolo di Yaniv Kubovich, a commento della notizia data da Yedioth Ahronoth, si legge che sessantre adolescenti israeliani si sono rifiutati di arruolarsi nell’esercito a causa delle continue violazioni dei diritti umani commesse dalle forze israeliane. Provenienti da tutto il paese rifiutano l’arruolamento nell’esercito a causa delle continue violazioni dei diritti umani commesse dalle forze israeliane. In una lettera indirizzata al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, al ministro della Difesa Avigdor Lieberman, al ministro dell’Istruzione Naftali Bennett e al capo di stato maggiore dell’esercito israeliano Gadi Eizenkot, gli studenti hanno scritto che la loro decisione è motivata da “un impegno per i valori di pace”: “L’esercito attua una politica di governo razzista che viola i diritti umani fondamentali e applica una legge per gli israeliani e una diversa per i palestinesi nello stesso territorio” si legge nella lettera (traduzione in Frammenti vocali M.O. 28/12/2017).

Mi è venuto in mente il titolo del bellissimo libro/manifesto del 1968 di Elsa Morante: Il mondo salvato dai ragazzini che Goffredo Fofi nella sua prefazione ha definito “un inno all’adolescenza, alla sua energia e alla sua bellezza come visione politica per cambiare il mondo”. Siamo in un’epoca e in un’area del mondo ben diverse certo, sono altissimi i costi che la nuova generazione palestinese, nata e cresciuta sotto occupazione, paga per la sua innocenza consapevole, di fronte alla violenza delle armi e alla brutalità della politica israeliana, per ora solo scalfite da una ribellione interna… Ho pensato che la Palestina sarà salvata dai ragazzini, ma il mondo salverà questi ragazzini?

* Committee on the Rights of the Child  Concluding observations on the second to fourth periodicreports of Israel, adopted by the Committee at its sixtthirdsession (27 May – 14 June 2013) Violence against children (articles 19, 37 (a) and 39 of the Convention on the rights of child (ratificata da Israele)

Alessandra Mecozzi ha aderito alla campagna  Un mondo nuovo comincia da qui

La vicenda di Ahed Tamimi, la sedicenne arrestata per aver resistito e dato un calcio a due soldati armati (e che rischia fino a quattordici anni di carcere), ha costretto alcuni media a occuparsi della Palestina ma ha prima di tutto ricordato come negli ultimi anni c’è stata una escalation di violenza militare contro i giovanissimi che sono, come le donne, attori storici della resistenza palestinese. Si calcola che dal 2000 oltre 10.000 minori palestinesi sono stati arrestati, anche bambini. Già nel 2013 un dossier, redatto dalla Commissione Onu sui diritti dei bambini, racconta che negli ultimi undici anni sarebbero stati arrestati, torturati e violentati settemila bambini tra i nove e gli undici anni.(da comune info)