Dopo aver esaminato politiche e prassi adottate dall’Unione Europea e dai suoi Stati in materia di immigrazione, ascoltato testimonianze e raccolto prove, il Tribunale Permanente dei Popoli riunito a Palermo ha emesso la sua sentenza, salutata da una lunga standing ovation. Questa sessione italiana si è svolta dal 18 al 20 dicembre presso l’ex cinema Edison situato nel quartiere dell’Albergheria, popolato di migranti. Qui, prima della sentenza, sono state ascoltate molte testimonianze dirette di rifugiati.

Giuria composta da sette giudici e presieduta dal magistrato di Cassazione Franco Ippolito  ha valutato che:

le politiche dell’Unione Europea sulle migrazioni e l’asilo, a partire dalle intese e dagli accordi stipulati tra gli Stati dell’Unione Europea e i paesi terzi, costituiscono una negazione dei diritti fondamentali delle persone e del popolo migrante, mortificandone la dignità definendoli “clandestini” e “illegali” e ritenendo “illegali” le attività di soccorso e di assistenza in mare;

la decisione di arretrare le unità navali di Frontex e di Eunavfor Med ha contribuito all’estensione degli interventi della Guardia costiera libica in acque internazionali, che bloccano i migranti in viaggio verso l’Europa, compromettendone la loro vita e incolumità, li riportano nei centri libici, ove sono fatti oggetto di pratiche di estorsione economica, torture e trattamenti inumani e degradanti;

le attività svolte in territorio libico e in acque libiche e internazionali dalle forze di polizia e militari libiche, nonché dalle molteplici milizie tribali e dalla c.d. “guardia costiera libica”, a seguito del Memorandum del 2 febbraio 2017 Italia-Libia, configurano – nelle loro oggettive conseguenze di morte, deportazione, sparizione delle persone, imprigionamento arbitrario, tortura, stupro, riduzione in schiavitù, e in generale persecuzione contro il popolo dei migranti – un crimine contro l’umanità;

la condotta dell’Italia e dei suoi rappresentanti, come prevista e attuata dal predetto Memorandum, integra concorso nelle azioni delle forze libiche ai danni dei migranti, in mare come sul territorio della Libia;

a seguito degli accordi con la guardia costiera libica e nell’attività di coordinamento delle varie condotte, gli episodi di aggressione denunciati dalle ONG che svolgevano attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, sono ascrivibili anche alla responsabilità del governo italiano, eventualmente in concorso con le agenzie europee operanti nello stesso contesto;

l’allontanamento forzato delle navi delle ONG dal Mediterraneo, indotto anche dal “codice di condotta” imposto dal governo italiano, ha indebolito significativamente le azioni di ricerca e soccorso dei migranti in mare e ha contribuito ad aumentare quindi il numero delle vittime.

Il Tribunale chiede una moratoria urgente dell’attuazione di tutti quegli accordi che similarmente all’accordo UE-Turchia e il Processo di Karthoum sono caratterizzati da assenza di controllo pubblico e dalla corresponsabilità nelle violazioni dei diritti umani fondamentali dei migranti.

Invita il Parlamento Italiano ed il Parlamento Europeo a convocare urgentemente Commissioni d’inchiesta  o indagine  sulle politiche migratorie, gli accordi ed il loro impatto sui diritti umani, nonché sull’uso e destinazione di fondi destinati alla cooperazione internazionale, al fine di identificare e perseguire eventuali responsabili.

Ritiene responsabilità specifica dei comunicatori e dei mass media di assicurare una corretta informazione sulle questioni migratorie, riconoscendo il popolo  migrante non come una minaccia ma come titolare di diritti umani fondamentali.

Il Tribunale fa proprie e rilancia le proposte elaborate dalla relatrice speciale ONU sulle sparizioni forzate nel suo ultimo rapporto sulle sparizioni forzate nelle rotte migratorie (2017),  nonché le richieste e raccomandazioni fatte da varie organizzazioni non governative, quali quelle contenute nell’ultimo rapporto di Amnesty International (dicembre 2017) sulla situazione in Libia.

La sessione che riguarda la detenzione nei campi libici e il soccorso nel Mediterraneo si era aperta nel luglio 2017 a Barcellona ed è stata sostenuta da 111 organizzazioni e associazioni internazionali. Ai lavori di Palermo hanno aderito altre 96 organizzazioni.

La giuria del Tpp si è espressa dopo avere ascoltato le “arringhe” dell’accusa e della difesa. I “Procuratori” palermitani sono stati Fulvio Vassallo Paleologo, presidente dell’associazioni diritti e frontiere (Adif), e Serena Romano della Cledu, clinica legale per i diritti umani dell’università di Palermo

(Pressenza – international press angency)

Il Tribunale Permanente dei Popoli (TPP), come un moderno Atlante, vive l’onore e l’onere di sostenere e garantire la stabilità, nonché il rispetto, dei diritti dei popoli. Fu istituito a tal scopo, nel 1979 a Bologna. Ha costantemente svolto il suo compito correndo in soccorso a quei popoli privati della propria dignità e operando secondo i criteri della Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli (di seguito Carta di Algeri), siglata ad Algeri nel 1976.

Il Preambolo della Carta di Algeri suggerisce il principio fondante dell’attività del TPP,cioè  che il rispetto effettivo dei diritti dell’umanità implica il rispetto dei diritti dei popoli; questo e i successivi trenta articoli costituiscono il cuore pulsante del movimento tramutatosi poi nel Tribunale, in discorso. Nonostante sia assente la giurisdizione, la composizione di matrice intellettuale del Tribunale lo rende efficace tribuna di visibilità, di presa di parola, di restituzione della piena dignità di soggetti di diritto alle vittime di violazioni. Se ciò  non fosse sufficiente a legittimare l’attività del TPP, bisogna ricordare che uno tra gli scopi primari è quello di denuncia. Il diritto non è perfetto, non è completo, ma necessita di un continuo lavorio perché esso muta nella misura in cui è la società a mutare. Mutano anche le contingenze storico-politiche che troppo di frequente, oramai, rendono insufficiente e lacunoso il panorama dei diritti riconosciuti alle persone come  soggetti unici e come unica entità, come popolo.