La decisione, adottata oggi da una corte d’appello del Pakistan, di confermare la condanna a morte nei confronti di Asia Bibi, una donna cristiana giudicata colpevole di blasfemia, è per Amnesty International un atto di “grave ingiustizia”.

La corte d’appello di Lahore ha respinto la richiesta di annullare la condanna a morte inflitta nel 2010 ad Asia Bibi per aver espresso commenti offensivi sul profeta Maometto nel corso di un alterco con una donna musulmana.

“Questa è una grave ingiustizia. Asia Bibi non avrebbe mai dovuto essere processata, tanto meno condannata a morte. L’idea che potrebbe pagare con la vita un litigio è raggelante” – ha dichiarato David Griffiths, vicedirettore per l’Asia e il Pacifico di Amnesty International.

“Sussistono gravi preoccupazioni sull’equità del processo di Asia Bibi e le sue condizioni fisiche e mentali si sono fortemente deteriorate negli anni che ha trascorso, in quasi totale isolamento, nel braccio della morte. Dovrebbe essere rilasciata immediatamente e la sua condanna dovrebbe essere annullata” – ha commentato Griffiths.

L’avvocato di Asia Bibi ha annunciato che presenterà appello alla Corte suprema.

Amnesty International ricorda che, per aver preso le difese di Asia Bibi e criticato le leggi sulla blasfemia, il 4 gennaio 2011 il governatore dello stato del Punjab, Salmaan Taseer, era stato ucciso da una delle sue guardie del corpo. Stessa sorte era stata riservata a un altro esponente istituzionale contrario a quelle leggi, il ministro per le minoranze Shahbaz Bhatti, ucciso dai talebani pakistani il 2 marzo 2011.

“Queste leggi sono spesso usate per vendette personali, sia contro i membri delle minoranze religiose che contro gli stessi musulmani, e le persone incriminate vengono spesso prese di mira da folle di facinorosi. Chi prende posizione contro le leggi va incontro a rappresaglie terribili” – ha sottolineato Griffiths.

“Le leggi sulla blasfemia violano il diritto internazionale e devono essere abrogate o modificate immediatamente perché siano conformi agli standard internazionali” – ha concluso Griffiths.