L’invito è a boicottare la Omsa, a non comprare più i marchi del
gruppo, vale a dire Golden Lady, Sisi, Philippe Matignon, Saltallegro,
non solo collant, ma anche abbigliamento sportivo, per il mare e
l’intimo: nei centri commerciali, nelle città grandi e piccole esistono
negozi “goldenpoint”, secondo il sito ufficiale vi potremo entrare e
divertirci a creare il nostro stile con tutti i prodotti dell’azienda,
sperimentando mille combinazioni e soluzioni…e sia!Dal piazzale dell’Omsa a Faenza, in via Pana, sono passati tutti, prima
e dopo le elezioni, politici e televisioni, sindacalisti e
parlamentari, Pd, PdL, Santoro, Di Pietro, La7 e Ballarò… ma la Omsa
chiude.

Mesi di mobilitazioni, le operaie a presidiare i cancelli dello
stabilimento giorno e notte per impedire che i macchinari venissero
smontati e portati in Serbia, cortei e persino concerti, una campagna
di boicottaggio ripresa anche dai social network più popolari avevano
per lo meno costretto la proprietà a incontrare, in ultima istanza a
Roma al Ministero per lo Sviluppo Economico, i rappresentanti dei
lavoratori e lavoratrici Omsa, 320 donne di età media intorno ai 40
anni su un totale di 350 dipendenti, e a siglare, in seguito a tre
riunioni nel giro di un mese e mezzo e dopo settimane di silenzio
arrogante, un accordo che prevedeva, tra i vari punti, la ripresa delle
attività fino a giugno e la riconversione dello stabilimento per altra
produzione.
_ Un accordo firmato dal 70% dei e delle dipendenti, un accordo che vale
un pacco di calze: si chiude. Cassa integrazione per due anni e gli
impianti smontati e portati in Serbia, probabilmente tra maggio e
giugno, stando ad alcune affermazioni sfuggite a un sindacalista
durante la visita pre- elettorale di Antonio di Pietro.

Avevano visto giusto le cinquanta operaie del calzificio faentino, le
cinquanta “estremiste” che si erano rifiutate di votare l’accordo,
definendolo senza mezzi termini una resa agli interessi dell’impresa.

Si sono presentate lo scorso 25 marzo nello studio di Annozero in
camice da lavoro verde e fascia nera al braccio in segno di lutto e
hanno raccontato la loro storia: dai quaranta giorni di presidio, alla
chiusura dello stabilimento usando come alibi la crisi, al tanto
discusso accordo. “Qualcuno ci ha venduto e ci ha messo su una strada
con le nostre famiglie e i nostri figli”, hanno detto davanti alle
telecamere, raccontando di pressioni fortissime esercitate dalla
proprietà e dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali affinché
accettassero l’accordo.

E mentre loro, tra piazze, tamburi, striscioni, fischietti, presidi, e
studi televisivi continuavano, e continuano, la loro lotta, il patron
del gruppo Golden Lady, Nerino Grassi, andava a Faenza con il suo
consulente aziendale, William Storchi, a fare l’inventario e a
raccontare, incredibilmente, la bufala di un’azienda in crisi perché la
lycra, il materiale con cui le calze vengono realizzate, è troppo
resistente e quindi le calze durano di più e le donne, di conseguenza,
ne comprano meno.

{{Donne che non smagliano abbastanza collant sarebbero le responsabili
del licenziamento di altre donne…}} verrebbe da chiedersi dove il
signor Grassi, e soprattutto i suoi consulenti, abbiano ricavato una
tale teoria economica, forse dagli stessi esperti che hanno consigliato
ad Alessandra Servidori, PdL e oggi Consigliera Nazionale di Parità,
sostenitrice dell’innalzamento dell’età pensionabile per le donne a 67
anni, la brillante soluzione di reimpiegare le operaie Omsa come baby-
sitter o badanti. Davvero non ci sono commenti.

Lasciamo allora la parola alle estremiste della Omsa, che ci chiedono
di continuare a sostenere e appoggiare tutte le lotte che metteranno in
campo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, per evitare che,
come temono, la loro vicenda venga cancellata una volta siglato un
accordo penalizzante e totalmente sbilanciato, nella sostanza,
sull’impresa.

{{L’invito è a boicottare la Omsa e a non comprare più i marchi del
gruppo, vale a dire Golden Lady, Sisi, Philippe Matignon, Saltallegro}},
non solo collant, ma anche abbigliamento sportivo, per il mare e
l’intimo: nei centri commerciali, nelle città grandi e piccole esistono
negozi “{{goldenpoint}}”, secondo il sito ufficiale vi potremo entrare e
divertirci a creare il nostro stile con tutti i prodotti dell’azienda,
sperimentando mille combinazioni e soluzioni…e sia!

La prima soluzione che ci viene in mente è, molto semplicemente, non
entrare. Si può partire da questo per esprimere, con un atto chiaro,
concreto e netto la propria solidarietà a tutte e tutti i dipendenti
della Omsa, e, allo stesso tempo, tutta l’indignazione sia per chi
capisce solo il linguaggio del profitto sia per chi tratta le donne,
lavoratrici e no, alla stregua di pezzi di ricambio: operaie, baby-
sitter, badanti non importa, tutte uguali, tutte ugualmente
sostituibili.

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