Affido qui alcune riflessioni urgenti, rese in parte
strazianti dalla soffocante e penosa cortina di indifferenza verso la
qualità della convivenza in questo paese, nelle nostre città, nei luoghi di
lavoro, forse nelle famiglie, tra le persone
Care e cari tutte/i, non avendo più da qualche tempo un giornale dove
esprimere quello che penso, e nel quale raccontare i pezzi di mondo che
incontro nel mio lavoro di formazione e di artigiana della scrittura e della
comunicazione affido qui alcune riflessioni urgenti, rese in parte
strazianti dalla soffocante e penosa cortina di indifferenza verso la
qualità della convivenza in questo paese, nelle nostre città, nei luoghi di
lavoro, forse nelle famiglie, tra le persone.

Oltre la cronaca atroce e seriale delle violenze sessuali, in famiglia come
per strada, sia da parte degli uomini dei quali ci si fida così come da
parte degli sconosciuti, (e poco importa se siano italiani o stranieri,
visto che l’affronto subìto dura per sempre a prescindere dalla provenienza
del violentatore), quello che mi ha sgomentato è che le donne italiane hanno
dichiarato apertamente {{nell’ultimo sondaggio fatto da Repubblica che hanno
paura a camminare per strada}}.

{{Che cosa sta capitando in questo paese}}, mi chiedo e chiedo a voi che
leggete, se dopo oltre tre decadi di conquiste straordinarie in tema di
diritti sia per le donne che per i loro compagni, in Italia le donne tornano
a doversi guardare le spalle nei luoghi pubblici, come gazzelle nella
foresta, oppure a sobbalzare quando nella porta di casa gira una chiave che
potrebbe essere di un’ex amore che si trasforma in carnefice?

{{Che succede nelle scuole}}, dove il bullismo dilaga, e le nuove tecnologie che
avrebbero dovuto e potuto migliorare la nostra vita e quella delle persone
più giovani diventano strumenti di amplificazione di perversa e crudele
creatività vessatoria, con i filmati delle ‘fidanzatine’ riprese più o meno
nude e ‘condivise’ sui vari motori di ricerca così, per ‘divertirsi’,
espressione usata sempre più spesso da chi fa violenza? “Volevamo solo
divertirci, e poi qualcosa è andato storto”: come a dire che, di nuovo come
se nulla fosse mutato dai tempi di Processo per stupro, la sessualità
maschile è una incontenibile minaccia che può scatenarsi sul corpo di una
donna, come in guerra.

{{Che cosa è successo della forza del pensiero critico}}
del femminismo, che ha fatto saltare il tappo alle costrizioni patriarcali
fecondando, se pur per una stagione breve, il pubblico sentire e lo spazio
politico parlando alle donne e agli uomini della possibilità di arricchirsi
nella e della differenza di genere, perchè se un genere soffre vuol dire che
la società è ingiusta, iniqua e pericolosa?

Come donna e come attivista per i diritti umani delle donne sento il bisogno
di momenti pubblici forti e visibili, per dire questo disagio e {{rimettere al
centro la questione della convivenza pacifica tra i generi}}: non solo per me,
ma soprattutto per le giovani donne e i giovani uomini che mi appaiono
sempre più lontane e lontani da quegli orizzonti di autodeterminazione, di
libertà e di scelta consapevole del proprio futuro per i quali la mia
generazione, oggi di cinquantenni, in parte si è spesa.

Formulo una proposta, affinchè alla riflessione faccia nche seguito una
possibilità d’azione.

A partire da dove stiamo, a partire da Genova, per esempio, senza nulla
togliere all’eventualità di manifestazioni pubbliche di piazza di tipo
tradizionale {{mi piacerebbe che nascessero momenti di incontro pubblici nei
quali donne e uomini prendessero la parola}} per dire e dirsi feriti da questo
clima di paura e di solitidine, ma non rassegnate.

Come {{ {Marea} }} ogni uscita della rivista abbiamo proposto letture pubbliche di
pagine di testi del femminismo.
_ Organizziamo, da qui a marzo, come gruppi di donne momenti di lettura
pubblica di testi in cui si ri – parli della violenza.

Coinvolgiamo personalità pubbliche in questi eventi, ma {{mettiamoci in gioco
anche a prescindere dalla notorietà}}, parliamone a tutte le persone che
conosciamo, pensiamo a luoghi simbolici dove prendere parola, rioccupiamo lo
spazio pubblico non solo con i cortei, ma con l’emozione della presenza dei
corpi e delle parole che vibrano contro l’ignoranza e l’indifferenza.

Perchè siamo quelle (e quelli) che siamo grazie anche alla forza del
pensiero critico femminista, che ci ha fatto arrivare a dirci non più
puttane e non più madonne, ma finalmente solo donne.