L’associazione LGBTQIAP+ di Parma Asterisco per oggi hanno organizzato una marcia contro la discriminazione verso tutti gli orientamenti sessuali e identità di genere. Quello che è riportato qui  è il discorso di apertura che scritto da Eleonora per Asterisco. Buona lettura e buon 17 maggio a tutt*!

Oggi è la giornata internazionale contro l’omobitransfobia, una giornata spesso presentata dalle istituzioni e dai media in modo fuorviante: troppe volte infatti l’omofobia è trattata come se coincidesse esclusivamente con la violenza visibile commessa da bigotti e ignoranti e troppe volte si parla solo di omofobia, senza tenere conto della violenza perpetrata sugli altri orientamenti sessuali e identità di genere.

Oggi invece vorremmo cogliere l’occasione per ricordare a tutti che l’omofobia, la bifobia, la transfobia, l’afobia e la queerfobia sono reali e sono violenze sistematiche: non causate dalla cattiveria di poche persone ma intrinseche nel nostro sistema di pensiero, nella rappresentazione dei media, nel linguaggio, nelle istituzioni. Le esplosioni di violenza fisica che colpiscono le persone LGBTQIAP e in maniera sproporzionata le persone trans, soprattutto donne e non binarie, non sono che la punta dell’iceberg di un assetto culturale che dà per scontato che tutte le persone siano eterosessuali e cis (ossia non trans), e incatena le persone che si discostano da questo modello in una narrativa ristretta e soffocante, destinandole nei casi migliori all’indifferenza della società alle loro esigenze e a un’oppressione sottile e subdola (in cui involontariamente attraverso i media, le parole e le idee di ciascuno di noi viene ricordato senza cattiveria ma costantemente che il mondo non è fatto per loro) e nei casi peggiori all’odio esplicito e alla repressione, anche fisica.

Siamo omofobi ogni volta che usiamo “frocio”, “gay”, “lesbica” come insulto per chi non si comporta come si dovrebbero comportare i maschi o le femmine, ogni volta che all’idea di “frocio” o “gay” colleghiamo un concetto di debolezza e un senso di obbligata vergogna e perdita dello status di mascolinità o femminilità . Siamo omofobi quando scherziamo facendo finta di essere attratti da un nostro amico del nostro stesso sesso come se ci fosse qualcosa di intrinsecamente comico nella sessualità di gay e lesbiche, quando assumiamo che la maggioranza delle persone gay sia ricca, mentre omosessuali, bisessuali pansessuali e in misura minore asessuali sono discriminati costantemente sul lavoro, e soprattutto donne lesbiche e bisessuali hanno il 13% in più di possibilità di finire sotto la soglia di povertà (per non parlare della povertà e della discriminazione che affrontano le persone trans), e in America il 40% della gioventù senza tetto è costituita da persone LGBT cacciate o fuggite di casa, mentre in Italia questo problema non è nemmeno tenuto in considerazione e non c’è nessuna statistica a riguardo.

Siamo omofobi ogni volta che “vorrei tanto avere un amico gay” come se i ragazzi gay fossero i nostri graziosi cuccioli personali e siamo omofobi e bifobici a ogni “io non ho problema che tu sia omosessuale/bisessuale basta che non ci provi con me” come se tutte le persone gay e bi/pansessuali fossero attratti da chiunque abbia il loro stesso sesso, rinforzando una visione della non eterosessualità come abnormale e predatoria. Siamo omofobi ogni volta che sessualizziamo una coppia di persone dello stesso sesso sia ritenendo le relazioni omosessuali disgustose e “non adatte ai bambini” sia feticizzandole come se fossero il nostro personale trastullo estetico.

Siamo bifobci e panfobici ogni volta che ci dimentichiamo delle persone bi e pansessuali, e della possibilità che si possa essere attratti da più generi. Ogni volta che assumiamo che qualcuno sia gay o etero a seconda del genere del loro partner, ogni volta che parlando della violenza e della discriminazione delle persone non etero ci riferiamo esclusivamente alle persone omosessuali tralasciando che le persone bisessuali sono esposte a tassi di violenza e discriminazione nell’ambito famigliare e amicale più alti di quelli delle persone gay e sono particolarmente a rischio di stupri e abusi. Siamo bifobici ogni volta che diciamo che “tutti sono un po’ bisessuali” mentre noi per primi non siamo mai stati attratti da più generi, invalidando quindi involontariamente chi si identifica come bisessuale e viene discriminato per questo. Lo siamo quando riteniamo che mentre l’eterosessualità e l’omosessualità siano degli orientamenti sessuali, la bisessualità e la pansessualità siano un capriccio. Siamo bifobici e panfobici quando ipersessualizziamo le donne bisessuali e pansessuali intrepretando la loro sessualità come ad uso e consumo maschile, siamo bifobiche quando da lesbiche accusiamo le donne bisessuali di essere solo etero che vogliono sperimentare o lesbiche che non riescono a non voler compiacere i maschi e le escludiamo dagli spazi LGBTQIAP+. Siamo bifobici quando riteniamo che i maschi bisessuali siano gay che non hanno il coraggio di ammetterlo, assumendo sempre e comunque che sia maschi che femmine bisessuali finiranno con lo stare con una maschio. Siamo bifobici e panfobici quando nessun personaggio fittizio in romanzi film e serie tv pur avendo relazioni con personaggi di generi diversi viene identificato come bi o pansessuale ma come “una persona che non ha bisogno di etichettarsi”, lasciando le persone bi e pan senza nessun tipo di rappresentazione. Siamo bifobici quando incastriamo la bisessualità in una logica binaria dicendo che significa essere attratti da maschi e femmine mentre invece significa essere attratti da due o più generi, e siamo panfobici quando diciamo che le persone pansessuali sono solo bisessuali che vogliono sentirsi speciali. Siamo bifobici quando accusiamo le persone bisessuali di escludere le persone non binarie dimenticando che tantissime persone trans e nonbinarie si identificano come bi.

Siamo transfobici quando assumiamo il genere di una persona senza chiederglielo prima, quando associamo il possesso di determinati genitali o caratteristiche sessuali a un genere, quando chiamiamo le donne trans con pronomi maschili e gli uomini trans con pronomi femminili. Siamo transfobici quando usiamo “tranvione” o trans per indicare una donna che non ci piace o una donna con tratti fisici mascolini, siamo transfobici se riteniamo che le donne trans siano uomini che si sentono donne o e gli uomini trans siano donne che vogliono diventare uomini: le donne trans sono donne a tutti gli effetti e gli uomini trans sono uomini a tutti gli effetti. Lo sono anche se decidono di non fare una transizione fisica o di non prendere ormoni. Siamo transfobici quando ci stupiamo che una persona trans possa essere bella e quando associamo il concetto di bellezza all’essere scambiati per cis, quindi di fatto al non far notare che si è trans. Siamo transfobiche quando da femministe diciamo che le donne trans hanno un privilegio maschile e che dovrebbero stare fuori dagli spazi femminili. Siamo transfobici quando questioniamo la nostra eterosessualità se in quanto maschi ci attrae una donna trans e in quanto femmine un uomo trans: se vi piace una donna trans vi piace una donna, e pensare altrimenti significa invalidare il suo genere. Lo stesso vale per un uomo trans. Siamo transfobici quando ci dimentichiamo delle persone non binarie, e le escludiamo dai discorsi sulla transessualità e sulla discriminazione, dagli studi e dalle agende politiche della comunità LGBT. Siamo transfobici quando pretendiamo che una persona mostri chiaramente il suo genere rendendolo subito identificabile tramite una serie di stilemi. Siamo transfobici quando ipersessualizziamo le persone trans e parliamo dell’attrazione verso di loro come un fetish e non come una genuina attrazione per degli esseri umani, e quando diciamo che le donne trans sono uomini molto gay e le donne trans sono lesbiche eccessive, come se non esistessero persone trans omo, bi, pan o asessuali. Siamo transfobici se assumiamo che tutte le persone trans siano iperfemminili o ipermascoline e che le persone nonbinarie siano tutte androgine senza considerare che prima di tutto sono persone e quindi esattamente come le persone cis avranno modi diversi di vestirsi e curare il proprio aspetto. Siamo transfobici quando ridiamo dello sketch -tipico di moltissime commedie -in cui un uomo si invaghisce di una bella ragazza e poi scopre che è trans e ha reazioni disgustate o violente e se troviamo divertenti tutte la battute sullo stile di “sono Teresa ragazza con la sorpresa” che veicolano l’idea che le persone trans mentano, ingannando gli altri sulla loro vera identità quando invece fanno esattamente l’opposto, e che ci sia qualcosa di inerentemente disgustoso nell’essere trans. Queste stesse scene e battute che ci fanno ridere sono le stesse che espongono le persone trans alla violenza.

Siamo afobici quando ci dimentichiamo delle persone aromantiche e asessuali, e assumiamo che tutti provino attrazione romantica o sessuale, che il sesso debba piacere a tutti e se non si prova attrazione sessuale si sia malati. Siamo afobici quando pensiamo alle persone aromantiche allosessuali (cioè non asessuali) come persone predatorie che vogliono esclusivamente sesso e se ne fregano dell’altra persona, quando diciamo a persone asessuali che non possono amare davvero il loro il loro partner se non provano attrazione per lui e quando pensiamo che le persone che sono sia asessuali sia aromantiche siano esseri freddi con un vita triste e arida, svalutando l’importanza dell’amore per la propria famiglia e i propri amici.Siamo afobici quando accusiamo gli asessuali e aromantici di non fare parte della comunità LGBTQIAP perché non subiscono discriminazione, mentre su di loro vengono compiuti stupri correttivi, terapie di conversione (in quando l’asessualità viene spesso scambiata per un disturbo piscologico e ormonale effettivamente esistente ma ce poco ha a che fare con essa, mentre l’aromanticismo è visto spesso come segno di immaturità emotiva) e vengono anche discriminati sul lavoro. Siamo afobici quando riteniamo che l’asessualità e l’aromanticismo siano esclusivamente causati da traumi e lo siamo altrettanto quando riteniamo invalidi questi orientamenti se sono causati da traumi per davvero. Un orientamento può svilupparsi per moltissime ragioni o essere innato e in ogni caso nessuno al di fuori dell’interessato ha diritto di decidere se è valido o no .

Siamo queerfobici quando ci dimentichiamo delle persone queer e quando critichiamo la loro scelta, liquidandola come un tentativo di fare gli alternativi o attirare attenzione. Siamo queerfobici quando da membri della comunità LGBTQIAP+ cerchiamo di eliminare la Q dall’acronimo e di fatto escludere chi è queer dall’agenda della comunità con la scusa proveniente dall’America che il suo significato originale è un insulto e quindi non è giusto mantenerla come identità, scordandoci più o meno volontariamente che i primi diritti della comunità LGBTQIAP+ sono stati ottenuti da lotte accompagnate dallo slogan “we’re queer, we’re here” e che la nostra storia è stata fondata da loro. Queer è un’identità forte, è una scelta politica di non accettare di essere inquadrato in nessuna classificazione né per quello che riguarda il genere né l’orientamento sessuale, ed uno strumento prezioso per tutti coloro che hanno un orientamento e un’identità di genere complessi e che non sempre riescono a spiegare con la terminologia specifica, ma desiderano comunque indicare la loro non eterosessualità e/o il loro genere non conforme. Le persone queer subiscono la discriminazione. Proprio come lamenta chi vorrebbe eliminarle dalla comunità la loro stessa identità nasce come insulto. È l’identità di moltissime persone LGBTQIAP di colore, povere, con malattie mentali che tutti i giorni lottano per la loro vita e perché l loro diritto all’esistenza sia riconosciuto, è l’identità di moltissimi di quelli che non si rispecchiano nella versione rispettabile e sbiancata che è stata data della comunità lgbt dai movimenti mainstream, e dimenticarci di loro significa dimenticarci di una parte marginalizzata e socialmente isolata di questa comunità.

E tutte queste piccole cose, tutte le piccole rappresentazioni stereotipate dei film o le cancellazioni di alcune identità si uniscono insieme per creare poi la violenza di cui abbiamo parlato prima, e l’omofobia, afobia, bi/panfobia, transfobia e queerfobia delle istituzioni. A causa di questo sistema di pensiero infatti le istituzioni spesso non forniscono i servizi alle persone LGBTQIAP+ se non quelli mirati esclusivamente ad affrontare l’omofobia (intesa nel senso stereotipato detto prima e non come violenza sistematica): non si forma il personale medico a trattare con le persone LGBTQIAP+ così la maggioranza di esse, soprattutto persone trans, teme di andare dal dottore, che rischia di essere nel migliore dei casi solo totalmente disinformato e incapace di venire incontro ai loro bisogni e nel peggiore dei casi di molestarle e discriminarle apertamente. Le persone trans e non binarie non sono incluse nelle ricerche mediche e piscologiche e nei test dei farmaci, facendo sì che ancora si sappia pochissimo su come trattare i problemi di salute sia fisica che mentale non legati alla transizione. A causa della rigida idea di come debba essere una persona trans e all’ignoranza dell’esistenza delle persone non binarie poi, anche il personale specializzato che dovrebbe accompagnarle nella transizione spesso taglia l’accesso alle risorse di chi non si adegua alla narrativa o cerca di spingerlo ad adattarsi ad essa forzandolo a scelte non sentite o a mentire per ottenere ciò di cui necessita.

Non si forma la polizia ad accogliere le denunce di violenza anti LGBTQIAP+, che spesso pone domande inappropriate o addirittura esplicitamente invasive, e non si forma il personale dei centri antiviolenza ad accogliere le vittime di violenza di coppie LGBT o di violenza omo-bi- trans- a- queerfobica.

I bisogni dei migranti LGBT (e dei migranti in generale) sono totalmente ignorati e spesso nei CIE subiscono anche ulteriori discriminazioni oltre al trattamento già inumano dei centri di accoglienza.

Non si pensa a creare spazi sicuri per la gioventù senza tetto LGBTQIAP+ che resta esposta alla violenza e alla discriminazione nei rifugi da parte degli altri senzatetto.

Tutto questo e molto altro ancora è l’omo- bi- trans- a -queerfobia, e accade ovunque, la perpetriamo tutti, senza nessuna malafede. È quindi nostra responsabilità, responsabilità di ognuno riflettere sul suo comportamento e sui messaggi che vede intorno a sè, per cercare di modificare questa situazione.