amministrative-2015Oggi si vota per il rinnovo degli amministratori e delle amministratrici  di 1363 comuni, di cui 1175 appartenenti a regioni ordinarie e 188 a regioni a statuto speciale. Da segnalare che verranno  elett* i primi sindaci o le prime sindche di ventisei nuovi comuni istituiti nel 2016 mediante processi di fusione amministrativa. Si vota in ventisei comuni capoluogo di provincia, fra cui Bologna, Cagliari, Milano, Napoli, Roma, Torino e Trieste che sono anche capoluogo di regione.

Superano i 100.000 abitanti le seguenti città: Bologna, Bolzano, Cagliari, Latina, Milano, Napoli, Novara, Ravenna, Rimini, Roma, Salerno, Torino e Trieste.

Il comune più piccolo alle elezioni è Morterone (LC), che conta soltanto 38 abitanti al 31 dicembre 2014, data dell’ultimo bilancio demografico annuale Istat.

Per i comuni al voto è considerata la popolazione legale risultante dal Censimento 2011. La popolazione legale determina la modalità di voto (turno unico o con turno di ballottaggio) ed il numero di consiglieri ed assessori degli organi istituzionali.

PER RICORDARE LA STORIA DEL VOTO DELLE DONNE  vi proponimo l’articolo di Barbara Miccolupi e Leda Balzarotti uscito su – Io donna.it  –  Settant’anni dal primo voto. Il 10 marzo 1946 le italiane vanno per la prima volta alle urne (se hanno compiuto 21 anni) e per la prima volta possono essere elette (se hanno più di 25 anni). Il decreto sulla loro eleggibilità è il n.74 datato 10 marzo 1946. Da questa data in poi le donne possono considerarsi cittadine con pieni diritti.
Le prime elezioni amministrative si svolsero a partire dal 10 marzo 1946 in 5 turni (fino a 7 aprile 1946). Successivamente si andò alle urne per la designazione dei membri dell’Assemblea Costituente che scrisse la Costituzione ancora in vigore e per il Referendum istituzionale monarchia-repubblica che scelse la forma repubblicana dello Stato e mando in esilio la corona italiana (il 2 giugno 1946).

Il diritto al voto fu in realtà sancito già il 30 gennaio 1945: nella riunione del consiglio dei ministri di quel giorno la maggioranza dei partiti (a esclusione di liberali, azionisti e repubblicani) si disse favorevole all’estensione alle donne del diritto al voto. Così il 31 gennaio 1945 fu emanato il decreto legislativo n. 23 che conferiva il diritto di voto alle italiane che avessero almeno 21 anni. Uniche escluse le prostitute schedate che lavoravano al di fuori delle case dove era loro concesso di esercitare la professione.

Ma il decreto Bonomi, così era soprannominato, scritto forse con poca attenzione, non parlava della possibilità di essere elette. Solo successivamente fu corretto il tiro garantendo l’eleggibilità delle donne con più di 25 anni. Un anno e mezzo dopo con l’approvazione della Costituzione Italiana (art. 56 e 58) il suffragio universale fu aperto a tutti i cittadini maggiorenni per le votazioni alla Camera dei Deputati e a tutti i cittadini con età superiore ai 25 anni per il Senato.

Un paio di curiosità, il primo Stato ad introdurre il diritto alle donne di votare fu la Nuova Zelanda nel 1893. Precedentemente si possono registrare almeno due occasioni ufficiali in cui poterono accedere al voto: la cosiddetta Epoca della libertà svedese, tra il 1718 ed il 1772 (in forma molto ristretta) e nella Repubblica di Corsica tra il 1755 e il 1769. La Gran Bretagna introdusse il suffragio universale nel 1918 (solo per le donne over 30) e nel 1928 venne tolto il limite. Negli Stati Uniti, con limitazioni di censo e alfabetizzazione, invece si iniziò nel 1920