Lidia Are Caverni
Lidia Are Caverni

“É bene avvertire chi legge questo libro” scrive Luca Benassi nella prefazione dell’ultima produzione poetica di Lidia Are Caverni “che potrà venirne sorpreso o sconcertato”, questo perchè “la poesia contemporanea”, a suo giudizio espresso come “dato comune”, si è “paurosamente ridotto nelle soluzioni formali e ristretta nell’unica ormai frequentata” cioé “testi singoli, quasi mai superiori ai 40 versi che occupano una pagina per un totale di 80, 100 pagine”.

Lidia Are Caverni, come in precedenti recensioni di suoi libri abbiamo sottolineato, e Benassi rileva a forma caratteristica dell’Autrice, frequenta “la narrazione in versi, l’epos, i dialoghi, le dissertazioni scientifiche, naturalistiche e filosofiche”.

Stante che non sia la lunghezza o il soggetto di una narrazione poetica a darle la levatura e l’universalismo, anche in Odisseo Notturno si nota, precipua, la fatica del poetare affrontata con coraggio, talento notevole, lessico raffinato, verseggiare pregiato peculiare dell’Autrice.

“Ricco di suggestioni e di bellezze, Odisseo Notturno non può che sorprendere (…) chi legge si troverà di fronte a una sequenza di poemetti i quali, attraverso una serie di fili rossi, richiami e rimandi, intessono un vero e proprio poema” scrive Benassi, che paragona Lidia Are Caverni all’ultimo Maffia e i cui versi “dalla tensione misterica, quasi sciamanica” lasciano percepire “l’arco di una parola che si fa incandescente, primitiva, originaria “ “si slargano, diventano affreschi della natura, del volo degli uccelli, della notte, dei cicli della vita, della morte dell’inverno e della rinascita della primavera”.

Il libro è impostato sul tema del viaggio nella sua dimensione spirituale, onirica, esistenziale.

Ulisse appartiene al mito, alla storia orale e scritta, a chiunque sia alla ricerca di sé; Odisseo notturno (Edizioni orizzonti Meridionali, c. a., con fotografia in copertina scattata dal padre dell’Autrice) gli s’intitola, e così una delle poesie (1991) traendolo dallo scrigno, inesauribile, del poetare sapiente dell’Autrice, “a dimostrazione di un laboratorio complesso, di una sedimentazione lenta di esperienze, ricerche, riflessioni messe a sistema in una scrittura coesa, fino a tessere un poema” (Benassi):

 

L’albero custodisce le sue gemme / involucri di sogni il fiore

Aspetta / perché non ci sia tradimento l’oscuro / avvicendarsi

dei giorni ignoti ravvolti / di gelo a uccidergli il cuore nel

cielo / pallido dove il pettirosso lancia / la sua canzone il

merlo scantona gonfio / di tremore e tu non sai non vedi

quando / finirà il bianco candore che costella / i prati le reti

l’infinito incedere senza / ritorno.