Il 6 luglio scorso il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha presentato il report 2015 sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, lanciati nel 2000 per dare nuovo impulso alla lotta alla povertà e alle sue conseguenze. A distanza di 15 anni, nonostante il lavoro che ancora va fatto, la situazione globale appare profondamente migliorata: il numero delle persone che vivono in povertà estrema è passato da 1,9 miliardi del 1990 agli 836 milioni di oggi; negli ultimi 20 anni la scolarizzazione femminile è aumentata ovunque, l’uguaglianza di genere nella scuola primaria è stata raggiunta in quasi tutti i paesi e la percentuale delle donne elette nei parlamenti è pressoché raddoppiata; si è dimezzata la percentuale della mortalità infantile sotto i 5 anni, mentre la mortalità materna è scesa globalmente del 45%, soprattutto a partire dal 2000; anche la lotta alle malattie ha ottenuto risultati molto positivi (soltanto nella lotta alla tubercolosi si stima che siano state salvate 37 milioni di vite tra il 2000 e il 2013), così come quella per il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie (dal 1990, si è quasi dimezzato il numero delle persone costrette alla defecazione all’aperto).

Come ha sottolineato Ban Ki-moon, grazie a questi successi “oggi sappiamo che la povertà estrema può essere sradicata entro la prossima generazione. Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio hanno contribuito grandemente a questo progresso e ci hanno insegnato che i governi, le imprese e la società civile possono lavorare insieme per fare passi in avanti fondamentali”.

A mio parere, questo report mette in evidenza un punto di estrema importanza: il fatto stesso che la comunità internazionale si dia di comune accordo degli obiettivi – anche di enorme portata – e si attivi per monitorare interventi, azioni e risultati, già di per sé contribuisce al loro raggiungimento. Si tratta di una presa d’atto che alimenta le nostre speranze di cambiamento e che, d’altro canto, ci dà una responsabilità in più, che dobbiamo assumere fino in fondo. Quest’anno, infatti, gli Obiettivi del 2000 saranno integrati e aggiornati nell’Agenda post 2015 con i nuovi Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, proprio mentre si dipana a livello globale la campagna Pechino +20, con l’obiettivo di raggiungere la parità di genere entro il 2030. È decisivo il contributo di tutti per rendere questi due percorsi il più possibile integrati e coerenti. Il 2015 può essere davvero l’anno di svolta verso un mondo davvero a misura di donne e di uomini.

Sono per questo particolarmente lieta di partecipare, venerdì 10 luglio, a Empowering women – The road from Beijing to New York, l’evento conclusivo delle Women’s Weeks di Expo dedicato all’agenda Pechino +20, dove avrò l’occasione di affrontare questi temi insieme alla ministra Maria Elena Boschi, a Marta Dassù, a Paola Severino e a Orietta Maria Varnelli

Valeria Fedeli