Dell’appello alla manifestazione “contro la violenza maschile sulle donne” del 24 novembre a Roma condividiamo la presa di posizione antirazzista e la volontà di rigettare le strumentalizzazioni a fini securitari. Molte di noi parteciperanno attivamente alla manifestazione, nonostante le critiche mosse al metodo con cui essa è stata organizzata e all’impostazione che ha assunto. Alcune hanno invece deciso di non partecipare.Una manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne è proprio quello che ci vuole, soprattutto in questi brutti tempi. Da anni lavoriamo nei nostri territori sulla violenza di genere: machista e misogina ma anche omofoba e transfobica, puntando strategicamente le nostre energie sul piano della produzione di immaginario, ben consapevoli che la violenza non è il mostruoso, l’alieno, l’altro da noi, ma è, per l’80%, la normalità delle
relazioni di potere dentro la famiglia. {{La violenza è un aspetto strutturale della cultura socialmente condivisa}}, quella che ci costruisce come donne e uomini, produce i corpi e li normalizza, li riconduce a rigidi ruoli di genere, come fossero un destino.

Lavoriamo per tentare di svelare le retoriche securitarie che costruiscono le donne – quelle “per bene” – come soggetto debole, da proteggere, da salvare, soggetto della paura. La stessa logica che specularmente autorizza ad esercitare violenza, o tollerare quella
altrui, sul corpo delle donne se camminiamo di notte per la città con i tacchi a spillo, rinchiudendoci nello stereotipo delle “donne per male”, che “se la cercano”.
Lavoriamo per smontare lo schema della vittima, del bruto e del salvatore, dove spesso il bruto viene “etnicizzato” e la donna vittimizzata per giustificare politiche razziste e persecutorie. Aggiungendo violenza alla violenza.

Dell’appello alla manifestazione “contro la violenza maschile sulle donne” del 24 novembre a Roma condividiamo quindi la chiara presa di posizione antirazzista, la volontà di rigettare le strumentalizzazioni a fini securitari, così come l’idea che la violenza contro le donne non sia devianza di singoli. Molte di noi hanno deciso di partecipare attivamente alla manifestazione, {{nonostante le critiche mosse al metodo con cui essa è stata organizzata e all’impostazione che ha assunto}}. Alcune hanno invece deciso di non partecipare.

A prescindere dalla scelta di essere o non essere a Roma, tutte noi, in modo significativo, continuiamo a interrogarci sui contenuti e le modalità, sugli obiettivi e sulle strategie, tenendo vivo un dibattito di estrema importanza.

Secondo noi {{il senso di una manifestazione}}, che sappiano, da sola, non può risolvere la complessa rete di fattori che genera la cultura della violenza contro le donne, sta nella visibilità pubblica che produce, nella moltiplicazione della partecipazione collettiva, nei
meccanismi di comunicazione che innesca.

Riteniamo quindi che la manifestazione del 24 debba dare un {{forte segnale di protagonismo delle donne}} ponendosi al contempo come {{uno spazio per connettere i tanti progetti e le molteplici reti di donne, ma anche quelle maschili}} (purtroppo ancora poche) che lavorano contro la violenza quotidianamente, con i propri strumenti e linguaggi.

In questo senso {{troviamo riduttiva la scelta del separatismo}} come strategia politica tout court, compiuta per altro con modalità assembleari molto lontane dal metodo del consenso che ci piacerebbe praticare nella costruzione di relazioni e reti politiche. È una
scelta che viviamo come non rappresentativa dei nostri percorsi e della pluralità di pratiche e di femminismi, potenzialmente escludente, soprattutto poco efficace rispetto all’obiettivo di una “battaglia culturale che sconfigga una volta per tutte patriarcato
e maschilismo.”

Battaglia culturale che necessita di un forte ed efficace movimento contro la violenza alle donne basato su un ampio raggio di alleanze: dalla vicina di casa capace di percepire il dramma che si sta svolgendo nella porta accanto, ai finanziamenti ai centri
antiviolenza, alle esperienze dei corsi di autodifesa.
_ {{L’efficacia politica stia nel moltiplicarsi di spazi e strategie contro la violenza}} che parlino a tutte, e a tutti. Perché purtroppo anche le donne riproducono la cultura della violenza. Perché se gli uomini non s’ interrogano su come il patriarcato impone loro un
ruolo che non ha nulla di naturale, non si responsabilizzano rispetto alla violenza, è difficile che la battaglia culturale possa essere vinta.

Ci vedremo a Roma, ognuna con le sue pratiche e i suoi percorsi in costante confronto.

Comunicattive, Sexyshock (Bologna),

{{Per adesioni}}

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_ [http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2007/11/24/non-ti-scordar-di-me.-contro-la-violenza-c-e-bisogno-di-una-politica-inclusiva-reti-condivisione.-aderisci->http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2007/11/24/non-ti-scordar-di-me.-contro-la-violenza-c-e-bisogno-di-una-politica-inclusiva-reti-condivisione.-aderisci]