Non possiamo lasciare in un colpevole silenzio il nostro dolore per le tante persone in fuga da carestie, guerre, terrorismo e dittature: uomini, donne, bambine e bambini che stanno trovando la morte nel mare Mediterraneo, ostaggi inermi di trafficanti senza scrupoli e vittime di governi spietati e/o ingiusti.

La nostra empatia profonda e solidale va a quant* hanno visto con i propri occhi l’orrore e che si trovano a fare i conti con ricordi strazianti, perdite di persone care, sensi di colpa per essere ancora vivi.

Vogliamo esprimere gratitudine e ammirazione a coloro che con generosità e abnegazione portano soccorso, salvano vite umane, si prendono cura dei sopravvissuti.

Non possiamo non nominare il disagio che ci provoca la consapevolezza di appartenere a quella parte di mondo che ha in passato assoggettato e colonizzato; che pensa che la democrazia sia esportabile con le armi e che continua a sostenere dittatori, governi, profitti basati sullo sfruttamento selvaggio di milioni di esseri umani senza diritti e senza giustizia. Sono qui le ragioni di questa fuga di massa, delle sofferenze nei tristemente noti campi profughi: tragedie che speravamo fossero solo ricordi del passato a cui si aggiunge oggi la cieca violenza di un fondamentalismo che non è certamente estraneo a tutto questo orrore.

Noi sappiamo di essere nostro malgrado complici, in quanto donne occidentali, di questo lungo dramma che si svolge da tempo vicino alle nostre coste: non ci sentiamo innocenti, vogliamo dirlo con chiarezza come cittadine che si sono assunte da sempre la responsabilità politica di lottare contro ogni forma di violenza e sfruttamento, per una democrazia compiuta ed includente.

Non possiamo e non vogliamo dunque mettere a tacere quello che sentiamo e pensiamo di fronte a quanto sta accadendo. Siamo disponibili, come tante nel nostro paese, a fare la nostra parte.

Ci aspettiamo dall’Europa e dal nostro Governo una risposta adeguata alla complessità del problema, un atteggiamento responsabile, che non confonda gli effetti con le cause, le forme criminali con i conflitti che le producono. Si può cominciare con i corridoi umanitari e con i check point nei paesi vicini dove sia possibile sottrarre nell’immediato le persone a trafficanti e schiavisti e, nello stesso tempo, lavorare seriamente tutti insieme, Governo italiano, Comunità europea ed Onu, per affrontare i conflitti più gravi in Africa e in Medio Oriente.

Chiediamo una politica solidale e lungimirante, capace di contrastare con i mezzi nonviolenti della diplomazia sia il traffico osceno di esseri umani che le cause economiche e politiche disumane che lo producono