Tra colpi di coda maschilisti in salsa elettorale (vedi alla voce Meloni-Bertolaso, ma anche M5S-Virginia Raggi e il caso Bedori) e dati che collocano l’Italia agli ultimi posti nelle classifiche mondiali sul gender gap nel mondo del lavoro, una lettura dedicata a chi pensava che il femminismo avesse ormai fatto il suo tempo e la partita per ottenere l’uguaglianza si fosse chiusa con la conquista del diritto di voto, le leggi sul divorzio e quella sull’aborto.
Il libro di Sabrina Scampini, Perché le donne valgono – anche se guadagnano meno degli uomini (Cairo, € 14) parte dai numeri per fotografare una realtà scomoda che non si può più nascondere.

Per ultimi sono arrivati i “buoni consigli” dei politici (maschi) generosamente offerti a Giorgia Meloni e Virginia Raggi – candidate per la poltronissima della Capitale del centrodestra e del Movimento 5 Stelle – a rivelare quanto ancora pesi il maschilismo nei palazzi del potere italiani, dove l’essere madre pare non andare d’accordo con la capacità di ricoprire ruoli istituzionali. Per inciso, la Meloni è incinta, mentre Virginia Raggi è mamma di un bambino di sette anni. Dettagli che dovrebbero essere annoverati tra quelli privati. Ma il nostro non è mai stato un paese per donne: la classifica sul gender gap nel mondo del lavoro – vale a dire la differenza tra uomini e donne – parla chiaro: siamo i peggiori tra i paesi avanzati, eppure è come se non ce ne rendessimo conto. Pochissime donne ricoprono incarichi rilevanti e difficilmente riescono a mantenere la posizione lavorativa dopo la nascita del primo figlio (per non parlare dal secondo in poi). Il tema della disparità tra uomini e donne è particolarmente attuale in questi giorni, ma la maternità non è l’unico ostacolo. La mancanza di trasparenza all’interno delle aziende favorisce le discriminazioni e il lavoro non retribuito (tra casa e famiglia) continua a pesare quasi del tutto sulle donne, limitando fortemente le opportunità di carriera. Se i dirigenti uomini nelle aziende private sono il 71 per cento del totale, in politica va ancora peggio: il 79 per cento degli incarichi istituzionali continua ad essere in mano a loro.
A ricordarci questa realtà non molto consolante arriva Perché le donne valgono – anche se guadagnano meno degli uomini (Cairo, € 14), scritto da Sabrina Scampini, giornalista da sempre impegnata sul tema dei diritti femminili (da Matrix su Canale5 a Quarto Grado su Rete4 ha seguito i grandi casi di cronaca degli ultimi anni, con particolare attenzione ai “femminicidi”).
Negli ultimi due anni l’autrice è diventata due volte mamma, e ha scoperto che amiche e colleghe non esageravano quando le raccontavano le giornate tra corse all’asilo, ritardi in ufficio e incombenze domestiche. Ha capito che diventare madre non è solo un’esperienza meravigliosa, ma anche terribilmente complicata se si vuole continuare a lavorare e a realizzarsi come persona. In tutti i paesi in cui questo avviene ci sono leggi che riguardano il ruolo del padre nella gestione dei figli. Perché quando un bambino sta male è sempre la madre a stare a casa dal lavoro? Con 3 figli, in Svezia lavora il 76 per cento delle madri, in Italia il 35. Se il 30 per cento delle donne italiane occupate lascia il lavoro dopo la gravidanza, vuol dire che non si tratta di pochi casi isolati, ma di un fenomeno preoccupante.
Una lettura dedicata a tutte quelle donne che pensano che il femminismo abbia ormai fatto il suo tempo e la partita per ottenere l’uguaglianza sia stata vinta con la conquista del diritto di voto, le leggi sul divorzio e quella sull’aborto. Accompagnata dalle voci di Bianca Berlinguer, Samantha Cristoforetti, Gina Nieri e Roberta Pinotti, che raccontano il loro percorso personale e professionale e svelano quello che pensano dell’emancipazione femminile e del famoso soffitto di cristallo. Un libro che parte dai numeri per fotografare le differenze salariali, la latitanza femminile nei ruoli manageriali, la mancanza di una rete di supporto ai genitori, fino ai dati sconvolgenti delle vittime quotidiane della violenza maschile e del femminicidio. Sono numeri che raccontano una realtà scomoda, che è tempo di guardare negli occhi. Per compiere il cammino che ancora ci aspetta.