Dopo le proteste delle femministe, dopo che il comune di Roma ha fatto rimuovere la gigantografia che campeggiava non lontano dal Vaticano  gli e le antiabortiste hanno tenuto ieri 11 aprile 2018 una conferenza stampa al Senato.

Vi segnalo il video e l’articolo che sono usciti su la Repubblica.it circa la conferenza stampa tenuta al Senato dal movimento provita che da mesi  incolla ai muri di molte città un manifesto che mostra una crudeltà  a dir poco gotica nei confronti delle donne. Con questo vi ricordo anche l’appuntamento di oggi alle ore 18,30 a Comunia la sede romana di NonUnadiMeno nel quartiere di San Lorenzo a Roma  per continuare la discussione iniziata martedì 10 alla Casa Internazionale delle Donne su come preparare nuove iniziative contro questo attacco alla libertà e alla autodeterminazione delle donne da parte di movimenti reazionari, oscurantisti, fascisti.

Questo il video uscito sul sito La Repubblica.it

 

 


Dopo le polemiche suscitate dalla rimozione a Roma di un manifesto gigante di ProVita, che mostrava un bambino in gestazione all’undicesima settimana di vita, la onlus antiabortista ha organizzato per una conferenza stampa dal titolo: “Per la salute delle donne. Le gravi conseguenze dell’aborto sul piano fisico e psichico”. Il luogo scelto per il convegno è la Sala Caduti di Nassirya di Palazzo Madama. E così i promotori del maxi poster oscurato si riprendono la scena, passando dalla porta del Senato per tornare all’attacco sulla legge 194, quella che dal 1978 regola l’interruzione volontaria di gravidanza. Segno, forse, di un clima che comincia a cambiare a seguito dell’esito elettorale del 4 marzo. Basta dare un’occhiata alla lista degli interventi: tra i partecipanti diversi senatori della Lega, definiti “esperti in tema di sanità e salute”. Ci sarà anche la senatrice Isabella Rauti di Fratelli d’Italia, che “diffonderà dati reali sugli aborti”, si legge sul programma.

Presente all’incontro Lorenza Perfori, autrice del libretto “Per la salute delle donne” (edito da ProVita), che riassumerà i contenuti  trattati nella sua pubblicazione. La senatrice e psicologa Raffaella Marin (Lega) si concentrerà sul trauma post aborto, mentre la senatrice Maria Saponara (sempre del Carroccio) parlerà dei fondi della sanità mal spesi, “mentre poi ci si lamenta del calo demografico con più di 6 milioni di bambini abortiti che mancano all’appello”, sostiene. Moderatore sarà il senatore leghista Simone Pillon.

L’iniziativa fa insorgere il gruppo del Pd a Palazzo Madama, al grido di “nessun passo indietro sul terreno dei diritti”. La senatrice dem Anna Maria Parente si dice “allibita” mentre Simona Malpezzi manifesta la sua preoccupazione: “Politicamente mi chiedo, e lo chiedo soprattutto alle donne della destra, se la Lega e Fdi si stiano apprestando a sostenere una deriva oscurantista. Nel merito mi fermo ad una banale osservazione: da 40 anni esiste una legge che va rispettata”. I cattolici “facciano come in Francia – aggiunge il senatore Pd Eugenio Comincini – no a strumentalizzazioni ideologiche”.

ProVita recentemente ha lanciato anche una petizione da presentare al nuovo ministro della Salute “affinché garantisca che le donne vengano messe a conoscenza delle conseguenze, provocate dall’aborto volontario sulla loro salute fisica e psichica”. E torna sul caso del poster oscurato: “La campagna del maxi manifesto di 7 metri per 11 con il bimbo a 11 settimane, affisso a Roma  e spudoratamente rimosso – spiega l’associazione-  tanto ha disturbato perché scuoteva le coscienze. Una scritta non offensiva, anzi rispettosa della salute delle donne e dei bambini, che sono i più deboli”.

“Tu eri così a 11 settimane. Tutti i tuoi organi erano presenti. Il tuo cuore batteva già dalla terza settimana dopo il concepimento. Già ti succhiavi il pollice. E ora sei qui perché la tua mamma non ha abortito”, era il messaggio della gigantografia che campeggiava nella Capitale (al civico 58 di via Gregorio VII, non lontano dal Vaticano) fino al 6 aprile, quando il Comune l’ha oscurata con un telo: “Un’intollerabile attacco alla libertà d’espressione”, conclude Simone Pillon.