Sonia Lima Morais, Presidente dell’Associazione delle Donne Capoverdiane in Italia, firma a titolo personale una lettera in merito alla trasmissione Rai 1 di domenica “Da noi…a ruota libera”, in cui l’attrice Valeria Fabrizi ha detto: “in questa foto non sono bella perché sembro una negra, una ragazza di colore”.

Sonia Lima Morais ha risposto anche con un video sul suo profilo FB e chiede firme di sostegno, singole o associative, essendo “fermamente convinta, da donna nera afro – italiana, che le battaglie delle donne, delle migranti e delle seconde generazioni, non siano battaglie solo nostre, bensì di tutte e di tutti.” 

link al foglio per le firme.
https://docs.google.com/forms/d/1e3lCgBnQEIscH_f7f-UE4VFbbE8YZq3TEQZCZPBPfp0/edit

Questo il testo della lettera di Sonia:


NON BASTA (PIÙ) CHIEDERE SCUSA

(e perché è importante parlare di hate speech)

 Roma, 31/03/2021

In Italia, la comunicazione in tutte le sue forme e in tutti i suoi canali, ha avuto, ed ha, una enorme importanza. Nonostante le nuove generazioni abbiano una certa resistenza nei confronti della televisione, la “Signora a colori” è IL mezzo di informazione ed influenza di massa per antonomasia.
Perché scrivo questo? Perché vi sono delle responsabilità personali e politiche dalle quali non si può e non si deve fuggire.
Domenica 28 marzo 2021, l’attrice Valeria Fabrizi, ospite della trasmissione “Da noi…a ruota libera”, prendendo in parola il nome del programma ed in merito ad una foto mostratale dalla conduttrice Francesca Fialdini, si è lasciata andare a tale affermazione: “no, (la foto) non è bellissima perché sembro una negra, una ragazza di colore”.
Ad oggi sono moltissimi i casi di bullismo nelle scuole, cyberbullismo e bodyshaming. Sono molte le persone che faticano ad accettare dei tratti somatici divenuti ormai scomodi, se non pericolosi. Ed è difficile guardarsi allo specchio e sentirsi bella, “nonostante” i capelli afro o un colore della pelle diverso dagli altri, se poi il messaggio che la Televisione italiana ci passa oggi, è che nero/a è sinonimo di brutto/a.
La naturalezza mostrata dalla signora Fabrizi nell’utilizzare la “N-word” (acronimo inglese che sostituisce il termine n***o/a, in quanto dispregiativo e non utilizzabile in nessun contesto), è significativa di una serie di stereotipi che sono ancora vivi nella nostra società e nel linguaggio corrente.
Ancora più triste, oltre alla reazione del pubblico presente, la nonchalance della giornalista, Francesca Fialdini, nel continuare la trasmissione senza prendere, di fatto, una posizione su quanto appena accaduto in uno studio RAI.
Ecco. In questa lettera, che forse è anche un appello, non vi è nulla di personale nei confronti della signora Fialdini o della signora Fabrizi, nonostante da due donne e persone di cultura appartenenti al mondo dello spettacolo, forse ci saremmo aspettati e aspettate qualcosa di diverso.
Perché non basta (più) chiedere scusa? Perché ad ogni “scivolone” si accompagnano delle scuse e delle giustificazioni, che non vi fanno sembrare molto diversi da chi dice: “non sono razzista ma…”.
Sì, Valeria Fabrizi, sappiamo che il nostro colore non è “indifferente”, poiché le micro-aggressioni verbali e fisiche, le umiliazioni che subiamo quotidianamente, non possono farci dimenticare che in Italia, il colore della pelle in alcuni casi costituisce un privilegio, ed in altri “una condanna”. Siamo consapevoli di non essere indifferenti, proprio perché portatori di retaggi del passato, ai quali sono strettamente connessi degli stereotipi ancora molto difficili da estirpare, tipici di un razzismo interiorizzato. Tuttavia, pur accogliendo le sue scuse, non posso non rivolgere un appello accorato ai Dirigenti della RAI, alla conduttrice Francesca Fialdini e alla società civile, di cui faccio parte.
Io sono una cittadina italiana di origini straniere. Sono nata e cresciuta qui. Negli anni sono stata chiamata “negra”, “sporca negra”, “scimmia”, “puttana”. Questi non sono banali insulti, ma veri e propri macigni che mi impediscono di sentirmi e di essere riconosciuta come parte della comunità italiana.
Probabilmente leggere queste parole susciterà in voi un senso di fastidio o di sdegno, ma sicuramente nulla che si possa minimamente avvicinare alla sofferenza che condivido con le persone che ogni giorno vengono razzializzate come me e che in passato non si sono sentite tutelate, né rappresentate.
In un’era come la nostra, in cui la comunicazione corre veloce e si lavora affinché gli strumenti della comunicazione operino con l’ottica di una società in cui nessuno di noi debba sentirsi ferito da termini dispregiativi o da stereotipi anacronistici, mi sarei aspettata una maggiore attenzione e cura da parte degli operatori e delle operatrici della trasmissione, e della stessa conduttrice.
Sogno un Paese diverso, includente, che si faccia promotore di giuste battaglie e di giusti diritti.
Sogno un Paese dove essere una Donna significhi essere trattata con rispetto, tanto nel pubblico quanto nel privato.
Sogno un Paese dove il colore della pelle non definisca il tuo carattere, le tue eventuali abitudini, il tuo lavoro o i tuoi interessi.
Sogno un Paese dove si stimoli la curiosità e non la paura.
Sogno un Paese in cui la cultura sia un Valore da condividere con gli altri, e non un qualcosa da nascondere.
Sogno un Paese in cui certe condotte vedano una risposta chiara da parte delle Istituzioni e della società civile.
Sogno un Paese in cui si abbia il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, in questo caso linguaggio d’odio, e si portino avanti delle Leggi per contrastarlo e tutelare chi ne è vittima.

Infine, mi auguro che ci sia una presa di coscienza e di responsabilità da parte della Dirigenza RAI, affinché episodi come quello accaduto domenica, non si ripetano più e nessuno di noi si senta offeso e offesa, da una TV che è di tutti e tutte.

Sonia Lima Morais